In luoghi resi famosi da vicende che hanno ispirato pagine letterarie immortali, capita a volta di scoprire opere forse meno conosciute, ma di profonda suggestione e di forte significato anche spirituale, oltre che artistico. Così è per un Crocefisso ligneo che si conserva a Gradara, il borgo di particolare incanto reso famoso dal tragico amore tra Paolo e Francesca, ricordato da Dante nel V canto dell’Inferno, con versi tra i più noti dell’opera e che ha ispirato lungo i secoli artisti e scrittori tra i quali Silvio Pellico e Gabriele D’Annunzio.

Castello di Gradara

Gradara, che fu signoria dei Malatesta (la famiglia di Paolo), poi degli Sforza, poi dei Della Rovere, si trova nelle Marche, al confine con la Romagna dove nacque Francesca, figlia di Guido da Polenta, signore di Rimini (… giace la terra dove nata fui / sulla marina dove il Po discende / per aver pace coi seguaci sui…) andata sposa al fratello di Paolo, Gianciotto che la uccise insieme con il cognato amante (… amor condusse noi ad una morte…).

Paolo e Francesca, Rocca di Gradara

Sulla via che dalla porta principale della cinta muraria esterna di Gradara arriva a quella interna del castello teatro di quella cupa vicenda, sorge la chiesa dedicata a san Giovanni Battista, fatta edificare nel Trecento sempre dai Malatesta, forse su una precedente costruzione dell’anno Mille.Crocefisso di Gradara

Qui si conserva il Crocifisso ligneo realizzato nel 1636 dal siciliano fra’ Innocenzo da Petralia, il frate sculture attivo in quegli anni nell’Italia centrale e in particolare appunto nelle Marche. Posto originariamente nella cappella del castello, il Crocifisso venne spostato nel 1788 per volere del marchese Carlo Mosca Barzi, allora signore di Gradara, nella chiesa, ricostruita dopo un terremoto nel XVII secolo e che dell’edificio originale conserva la facciata.
Ispirato alla tradizione spagnola dei frati palermitani di Sant’Antonino, il Crocifisso di fra’ Innocenzo da Petralia trasmette forti emozioni ai visitatori.

Il volto del Cristo, infatti, a seconda del punto di osservazione, da destra, al centro, a sinistra, mostra tre diverse espressioni che raccontano la sofferenza, l’agonia e la morte, imprimendo in chi lo contempla quasi una narrazione di speranza, nel passaggio dal dolore alla serenità. Qualcuno, anzi, ha detto che in queste sue differenti espressioni il Cristo di questo crocifisso sembra dire qualcosa, per poi esalare l’ultimo respiro e infine raggiungere la serenità della vita eterna.
Arte e spiritualità, in ogni caso, si fondono mirabilmente in questo crocifisso che lascia qualcosa di particolare in ogni visitatore. E proprio questo è il messaggio che le opere dell’ingegno umano possono trasmettere. Possono, come scrisse nella sua Lettera agli artisti san Giovanni Paolo II “… rendere percepibile e, anzi, per quanto possibile, affascinante il mondo dello spirito, dell’invisibile, di Dio. […] Ora, l’arte ha una capacità tutta sua di cogliere l’uno o l’altro aspetto del messaggio traducendo in colori, forme suoni che assecondano l’intuizione di chi guarda o ascolta”.

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