Cos’è una bandiera? Identità? Rivendicazione? Simbolo in cui riconoscersi? Certo qualcosa di importante. La nostra, il tricolore verde, bianco e rosso a tre bande verticali di uguali dimensioni è addirittura disciplinata tra i principi fondamentali della Costituzione (Articolo 12). Ogni Paese ha la sua, ciascuna racconta una storia, con i suoi colori, con i suoi simboli quando vi compaiono.
Poi ce ne è una che simboli non ha, che non ha colori, o meglio ne fonde in uno, il bianco, tutti quelli dello spettro cromatico. Bandiera bianca significa anch’essa tante cose. Può significare resa e così viene interpretata oggi dalle voci di guerra, da coloro che la guerra fanno, direttamente o per procura, da coloro che considerano persino possibile una guerra nucleare, Da coloro per i quali “la resa non è accettabile: o vittoria o morte”. Il drago dell’Apocalisse spazza via un terzo delle stelle. Costoro ipotizzano follemente che si spazzi via ben più di un terzo dell’umanità.
E l’avversario dell’uomo, il nemico di Dio, trionfa perché divide. Del resto, diavolo viene dal greco antico διαβάλλω, che significa sia dividere sia calunniare, divedere gli uomini, calunniare Dio, la giustizia, la pace.
E anche le bandiere, da sempre possono essere segni di divisione, tutte fuorché quella bianca. Perché non è solo un simbolo di resa, ma anche un simbolo di trattativa. Due bandiere bianche su un campo di battaglia significa cessare il fuoco. Sotto due bandiere bianche si tratta. E se il Papa chiede bandiera bianca a questo fa riferimento, a cessare la follia delle armi, utili solo a chi le produce e le vende e a chi sventola la propria per incitare alla guerra. Compresi molti in casa nostra, quelli che interpretano a modo loro la Costituzione, per esempio l’articolo 11, un altro tra i principi fondamentali, quello che incomincia con parole chiarissime: “L’Italia ripudia la guerra…”. O come chi ha parlato di “frase infelice del Papa”.
Siamo entrati nella Settimana Santa. Da tempo l’umanità è immersa è oppressa dall’angoscia del venerdì di Passione, dal buio su tutta la Terra. Per chi si dice cristiano il buio e la morte non sono il destino finale. C’è la resurrezione, non solo nell’eternità. Perché la Pasqua ci riguarda anche qui e oggi. E allora sarebbe il caso di comprendere che l’invito di Papa Francesco è tutt’altro che una frase infelice, ma l’espressione di una saggezza profonda che indica l’unica strada per la pace.
Perché una bandiera bianca serve a parlarsi.

Direttore Responsabile
Giornalista professionista, ha lasciato a fine febbraio del 2016, pochi giorni dopo il suo sessantesimo compleanno, L’Osservatore Romano, il giornale della Santa Sede, dove aveva svolto la sua professione negli ultimi trent’anni, occupandosi principalmente di politica internazionale, con particolare attenzione al Sud del mondo.
Ha incominciato la sua professione giornalistica nel 1973, diciassettenne, a L’Avanti, all’epoca quotidiano del Partito Socialista Italiano, con il Direttore Responsabile Franco Gerardi. Nello stesso periodo, fino al 1979, ha collaborato con la rivista Sipario e ha effettuato servizi per l’editrice di cinegiornali 7G.
Ha diretto negli anni 1979-1980 i programmi giornalistici di Radio Lazio, prima emittente radiofonica non pubblica a Roma, producendovi altresì i testi del programma di intrattenimento satirico Caramella.
Ha poi lavorato per l’agenzia di stampa ADISTA, collaborando contemporaneamente con giornali spagnoli e statunitensi.
Nel 1984 ha incominciato a lavorare per la stampa del Vaticano, prima alla Radio Vaticana, dove al lavoro propriamente giornalistico ha affiancato la realizzazione, con altri, di programmi di divulgazione culturale successivamente editi in volume.
All’inizio del 1986 è stato chiamato a L’Osservatore Romano, all’epoca diretto da Mario Agnes, dove si è occupato da prima di cronaca e politica romana e italiana. Successivamente è passato al servizio internazionale, come redattore, inviato e commentatore. La prima metà degli anni Novanta lo ha visto impegnato in prevalenza nel documentare i conflitti nei Balcani e negli anni successivi si è occupato soprattutto del Sud del mondo, in particolare dell’Africa, ma anche dell’America Latina.
Su L’Osservatore Romano ha firmato circa duemila articoli sull’edizione quotidiana e su quelle settimanali. Ha inoltre contribuito alla realizzazione di alcuni numeri de I quaderni de L’Osservatore Romano, collana editoriale sui principali temi di politica, di cultura e di dialogo internazionali.
Collabora con altre testate, cattoliche e non, e con programmi d’informazione radiofonica e televisiva.
È Direttore Responsabile, a titolo gratuito, della rivista Sosta e Ripresa.
Ha insegnato comunicazione e politica internazionale in scuole di giornalismo e ha tenuto master di secondo livello, come professore a contratto, in Università italiane. Ha tenuto corsi, seminari e conferenze in Italia e all’estero. Ha tenuto corsi sull’attività diplomatica della Santa Sede in istituti superiori di cultura in Italia.
È autore di saggi, romanzi, raccolte di poesie, diari di viaggio, testi teatrali. Sue opere sono riportate in antologie poetiche del Novecento.
È tra i fondatori dell’Associazione Amici di Padre Be’ e della Fondazione Padre Bellincampi ONLUS, che si occupano di assistenza all’infanzia, e dell’associazione L.A.W. Legal Aid Worldwide ONLUS, per la tutela giurisdizionale dei diritti dell’uomo. Ha partecipato a progetti sociali per la ricostruzione di Sarajevo. È stato promotore e sostenitore di un progetto di commercio equo e solidale realizzato in Argentina.