Fare Pace Rende Felici: questo è il motto che ha accompagnato quest’anno, per il Natale 2023, la diffusione della fiamma attinta alla lampada della grotta della Basilica della Natività a Bethlehem. Lo stesso Gesù nato in quella grotta, inizierà la sua predicazione messianica proclamando dal Monte delle Beatitudini: “Beati gli operatori di pace perché saranno chiamati figli di Dio” (Mt. 5,9). Alla fine del 2023 sempre più pressante si sente il bisogno di operatori di pace, perché la guerra è oramai mondiale, sia pure “a pezzi” come la chiama Papa Francesco, anche se alcuni Paesi del mondo del cosiddetto benessere ne avvertono solo l’eco. Ma è un’eco sempre più minacciosa.
Come da tradizione consolidata è il movimento degli scout che si incarica di distribuire, nei vari continenti, mediante delle staffette, la luce accesa alla lampada che brilla perenne, luce di speranza, nella grotta di Bethlehem. Sabato 16 dicembre è arrivata anche a Viterbo dove, nello splendido chiostro seicentesco del Santuario della Madonna Liberatrice, è stata attinta da varie parrocchie per la distribuzione nelle varie famiglie.
I soci dell’APS Amici del Beato Domenico della Madre di Dio, il passionista viterbese Domenico Bàrberi che fu apostolo dell’ecumenismo in Inghilterra, l’associazione editrice di questo giornale, la troveranno quest’anno a San Pellegrino, la chiesa nel quartiere medievale di Viterbo, la cui comunità ecclesiale con il parroco don Mario Brizi, che da alcune settimane la accolta fraternamente e la ospita per la liturgia domenicale, in attesa che termino i lavori di rifacimento del tetto della chiesetta campestre di Santa Maria Mater Amabilis a Castel d’Asso, sua sede abituale.
La fiamma brillerà per tutte le festività natalizie segno ardente del “Principe della Pace” (Is. 9:6).
La cerimonia della consegna, alla quale hanno voluto partecipare anche la sindaca Chiara Frontini e il consigliere comunale Paolo Moricoli, è stata una vera festa, con chitarre e canzoni, di giovani (e diversamente giovani) delle varie tappe dello scoutismo, l’infanzia dei lupetti e coccinelle, l’adolescenza degli esploratori e delle guide, la giovinezza dei rovers e delle scolte, la vita adulta di tutti, a qualunque età, perché “semel scout semper scout”, una volta scout si è scout per sempre.
Particolarmente sentito è stato il momento religioso coronato dalla preghiera di San Francesco: “Signore fa di me uno strumento della tua pace … “
Scriveva la Signorina Alfieri: “… Dobbiamo essere portatori di pace, pacificatori. Non tanto con le parole: la pace non è una formula, è una conquista e si comunica per irradiazione. Chi veramente la possiede la lascia dietro di sé senza neppure saperlo.
“Saranno chiamati figli di Dio” perché somiglianti a colui che, venendo, ha ricomposto nel suo Sangue la pace dell’uomo con il suo Dio: ed ha riaperto il cuore dell’uomo al canto della pace e della gioia”.
(Uno sguardo che accarezza la memoria. Dagli scritti di Tommasa Alfieri. Ed Amici della Familia Christi 2010 Viterbo pag 199).
Foto di Mario Mancini
Editore e Direttore Editoriale
Mario Mancini, nato in Roma nel 1943, dopo la laurea in scienze geologiche, con tesi in geofisica, nel 1967 e un anno di insegnamento della matematica in un istituto tecnico industriale romano, svolge per un quinquennio la sua professione di geofisico e sismologo prevalentemente all’estero, in particolare in Papua Nuova Guinea presso il Rabaul Central Volcanological Observatory e in Australia nella sezione aviotrasportata a Canberra, in entrambi i casi per la BMR Australia, intervallando le due esperienze con un viaggio di studio in Giappone nell’estate del 1970.
Rientrato in Italia nel 1972, si impiega come geofisico presso la CMP di Roma per la quale lavora per sei anni, con diversi incarichi in Italia e all’estero.
Fin da liceale, nel 1959, aveva conosciuto Tommasa Alfieri e l’Opera Familia Christi da lei fondata. La figura e la spiritualità della Signorina Masa, come i suoi discepoli chiamavano la Alfieri, resteranno per Mancini un fondamentale riferimento per tutta la vita. Laico consacrato nel gruppo maschile dell’opera già dal 1974, nel 1979 fa la scelta di dedicarsi completamente all’Opera e va a vivere nell’eremo di Sant’Antonio alla Palanzana.
Alla morte della fondatrice, nel 2000, l’intero patrimonio dell’Opera passa per testamento all’associazione Vittorio e Tommasina Alfieri, all’uopo voluta dalla stessa Alfieri e della quale Mancini era stato tra i fondatori.
Per accordi associativi, più tardi violati da persone riuscite ad assumere il controllo dell’associazione, Mancini resta all’Eremo, unica persona a risiedervi in permanenza e a occuparsene.
La nuova gestione dell’associazione, decisa a trasformare la Familia Christi da istituzione prettamente laicale e una confraternita sacerdotale anticonciliare, nel 2005 convince Mancini a dimettersi dall’associazione stessa, in cambio della promessa, purtroppo mai ratificata legalmente, di lasciargli l’Eremo.
Fino fino al 2012, questo luogo, sotto la conduzione di Mancini, che sempre nel 2005 ha fondato l’associazione Amici della Familia Christi e ha registrato presso il Tribunale di Viterbo la testata Sosta e Ripresa, anch’essa fondata da Tommasa Alfieri e della quale Mancini è direttore editoriale, svolge un prezioso compito di Centro di spiritualità e di apertura ecumenica e interreligiosa.
Nel 2012 la confraternita appropriatasi del nome di Familia Christi (poi sciolata dalla Santa Sede con riduzione allo stato laicale di tutti i suoi esponenti) in violazione degli accordi presi a suo tempo ottiene dal Tribunale la restituzione dell’Eremo.
Mancini resta a Viterbo e prosegue il suo impegno ecclesiale in vari uffici diocesani e nel comitato regionale per l’ecumenismo ed il dialogo interreligioso.