L’Esortazione apostolica “Laudate Deum” di Papa Francesco integra e sviluppa la sua stessa Enciclica “Laudato sì” del 2015. In effetti tutto il 1° capitolo della “Laudate Deum” è come una ripresa, aggiornata ai tempi attuali e più dettagliata, del 1° capitolo della precedente Enciclica.. Anche nei successivi articoli dell’Esortazione Papa Francesco analizza gli aspetti tecnici, politici e gli sforzi internazionali connessi con questo tema.
Il capitolo 6. “Le motivazioni spirituali” introduce il cristiano alle sue responsabilità se è vero come ribadisce il Concilio Ecumenico Vaticano II che in virtù del Battesimo egli, nel gestire le risorse del Creato partecipa alla funzione “regale” di Cristo re dell’Universo. Ma Papa Francesco parla espressamente a “tutti gli uomini di buona volontà dichiarando ($ 71): Gli sforzi delle famiglie per inquinare meno, ridurre gli sprechi, consumare in modo oculato, stanno creando una nuova cultura. Il semplice fatto di cambiare le abitudini personali, familiari e comunitarie alimenta la preoccupazione per le responsabilità non assolte da parte dei settori politici e l’indignazione per il disinteresse dei potenti. Va notato quindi che, anche se ciò non produce immediatamente un effetto molto rilevante da un punto di vista quantitativo, contribuisce a realizzare grandi processi di trasformazione che operano dal profondo della società.
Ed ancora nel $ 72 fa notare che i paesi più sviluppati sono i maggiori responsabili dei cambiamenti climatici che poi vanno a pesare sui paesi più poveri: è quindi eticamente più giusto che per quelli sia maggior il dovere di cambiare stile di vita.
L’Esortazione del Papa si ferma qui. Ma forse si potrebbe parlare di un ulteriore “paragrafo implicito” che riguarda “il senso del sacrificio”. Il sacrificio di rinunciare a consumare, agli agi e comodità, anche quelli che la nostra cultura materialistica considera indispensabili: riscaldamento eccessivo, uso eccessivo di aria condizionata, trasporto su macchina o motorini anche per distanze brevissime, viaggi di svago o di prestigio considerati quasi obbligatori, acquisti e livello di vita lussuosi. Il mercato bolla queste rinunce come decrescita (infelice) prospettando come conseguenza la catastrofica fine della civiltà (quella del “benessere”) causa il collasso delle strutture di produzione e consumo. Non c’è pericolo: questi stili di vita saranno sempre scelti da una minoranza della popolazione (dei paesi più ricchi), ma non possono dare un esempio di equilibrio e di morigeratezza. D’altronde la catastrofe si sta materializzando sotto altra forma: quella della devastazione del pianeta. Nel qual caso a tutto c’è rimedio: si coltiverà la vite in Finlandia e si raccoglieranno le olive in Groenlandia o nel continente Antartico invece che nelle regioni desertificate del Mediterraneo o della California.
Papa Bergoglio ha voluto improntare il suo pontificato nel nome di San Francesco di Assisi e in suo nome ha scritto più di un documento pontificio. Questa stessa Esortazione apostolica, che anche nel titolo ha un suono francescano, è stata ufficializzata nel giorno della festa di San Francesco. Certamente la figura di Francesco d’Assisi attrae, la sua spiritualità viene evocata nei contesti più disparati, fonte di ispirazione per azioni di pace, di fraternità, di rispetto del creato, di espressione letteraria e poetica. Ma spesso si dimentica su cosa è basato questo messaggio affascinante: sulla rinuncia e sul sacrificio. Il ricco figlio di Bernardone che si spoglia (letteralmente) degli averi paterni. Muore relativamente giovane a 44 anni, consumato da penitenze, sacrifici e da uno stile di vita di stenti, di ristrettezze e di estrema mancanza di agi, eroica anche per il suo tempo. Considerare questo aspetto è fondamentale per capire il percorso di ascesi di Francesco che lo porta all’essenziale del messaggio di Cristo, del Verbo creatore; altrimenti si fa solo della sterile poesia o della ipocrita sdolcinatezza. In questo papa Francesco ha certamente fatto tanta strada nella spogliazione e semplificazione dei riti vaticani (e sua personale come sommo pontefice); strada iniziata, per esattezza, da Papa Giovanni XXIII e suoi successori.
Papa Francesco non nasconde il suo pensiero riguardo alla società dei consumi, basata al tempo stesso sugli sprechi e sugli scarti, anche di persone e di popoli, e probabilmente non mancherà in altre occasioni di indicare la strada del sacrificio e della rinuncia come base per la salute del creato e la salvezza delle creature. Ma bisogna aggiungere che se questo messaggio non viene troppo recepito dalle giovani generazioni dei Paesi del ricco Bernardone, affetti da crisi di ansia e di alienazione, viene invece recepito dai tanti giovani che approdano sulle coste e premono sui confini di questi stessi paesi, sottoponendosi ad ogni sacrificio e pagando spesso con la vita il tentativo (o il sogno) di realizzare appieno la propria umanità.
La pietra scartata dai costruttori è divenuta testata d’angolo (Mt 21,42°)
Editore e Direttore Editoriale
Mario Mancini, nato in Roma nel 1943, dopo la laurea in scienze geologiche, con tesi in geofisica, nel 1967 e un anno di insegnamento della matematica in un istituto tecnico industriale romano, svolge per un quinquennio la sua professione di geofisico e sismologo prevalentemente all’estero, in particolare in Papua Nuova Guinea presso il Rabaul Central Volcanological Observatory e in Australia nella sezione aviotrasportata a Canberra, in entrambi i casi per la BMR Australia, intervallando le due esperienze con un viaggio di studio in Giappone nell’estate del 1970.
Rientrato in Italia nel 1972, si impiega come geofisico presso la CMP di Roma per la quale lavora per sei anni, con diversi incarichi in Italia e all’estero.
Fin da liceale, nel 1959, aveva conosciuto Tommasa Alfieri e l’Opera Familia Christi da lei fondata. La figura e la spiritualità della Signorina Masa, come i suoi discepoli chiamavano la Alfieri, resteranno per Mancini un fondamentale riferimento per tutta la vita. Laico consacrato nel gruppo maschile dell’opera già dal 1974, nel 1979 fa la scelta di dedicarsi completamente all’Opera e va a vivere nell’eremo di Sant’Antonio alla Palanzana.
Alla morte della fondatrice, nel 2000, l’intero patrimonio dell’Opera passa per testamento all’associazione Vittorio e Tommasina Alfieri, all’uopo voluta dalla stessa Alfieri e della quale Mancini era stato tra i fondatori.
Per accordi associativi, più tardi violati da persone riuscite ad assumere il controllo dell’associazione, Mancini resta all’Eremo, unica persona a risiedervi in permanenza e a occuparsene.
La nuova gestione dell’associazione, decisa a trasformare la Familia Christi da istituzione prettamente laicale e una confraternita sacerdotale anticonciliare, nel 2005 convince Mancini a dimettersi dall’associazione stessa, in cambio della promessa, purtroppo mai ratificata legalmente, di lasciargli l’Eremo.
Fino fino al 2012, questo luogo, sotto la conduzione di Mancini, che sempre nel 2005 ha fondato l’associazione Amici della Familia Christi e ha registrato presso il Tribunale di Viterbo la testata Sosta e Ripresa, anch’essa fondata da Tommasa Alfieri e della quale Mancini è direttore editoriale, svolge un prezioso compito di Centro di spiritualità e di apertura ecumenica e interreligiosa.
Nel 2012 la confraternita appropriatasi del nome di Familia Christi (poi sciolata dalla Santa Sede con riduzione allo stato laicale di tutti i suoi esponenti) in violazione degli accordi presi a suo tempo ottiene dal Tribunale la restituzione dell’Eremo.
Mancini resta a Viterbo e prosegue il suo impegno ecclesiale in vari uffici diocesani e nel comitato regionale per l’ecumenismo ed il dialogo interreligioso.