Nota della Direzione

Pubblichiamo per gentile concessione dell’autore il testo della conferenza che ha tenuto al Nuovo Circolo degli Scacchi di Roma martedì 12 marzo.

Non dovrò – credo – convincere nessuno di voi dell’importanza e del valore dottrinale, spirituale e pastorale del Concilio Vaticano II, tanto da potersi dire che esso è “icona” della Chiesa Cattolica stessa, cioè di quello che specialmente il Cattolicesimo è, costituzionalmente, comunione, anche con il passato, con le origini, identità nella evoluzione, fedeltà nel rinnovamento.

Non è difficile peraltro rendersi conto, liberi da pregiudizi, che quella che fu una posizione estrema al Concilio Vaticano II, nella cosiddetta sua “maggioranza” – la definirei “oltranzista” -, (contraria cioè ad una costante e fattiva ricerca del “consenso”, dell’abbraccio tra Tradizione e aggiornamento), sempre più desiderosa di imporre il proprio punto di vista, sorda ai “richiami” e all’opera di “cucitura” di Paolo VI, è riuscita, dopo il Concilio, a monopolizzare, almeno per un certo tempo, la interpretazione dell’“avvenimento”, rigettando ogni diverso procedere, che si vituperò magari di anti conciliare.

Ma ricordiamo il pensiero di Newman, quello che considera la Chiesa, come ogni organismo vivente, in continua crescita, al interno e al esterno, pur rimanendo sé stessa. Orbene, un tale sviluppo, di certo, implica molteplici questioni, che riguardano la dottrina, il culto, la morale, la disciplina e l’apostolato. In genere -come si sa- alla loro soluzione provvede il Magistero (l’insegnamento) ordinario dei Pastori, coadiuvato dai teologi uniti a tutto il Popolo di Dio, in comunione con essi. A volte, peraltro, la complessità della materia o la gravità delle circostanze storiche suggeriscono interventi straordinari.

Tra questi sono da considerarsi i Concili, i quali promuovono, nella fedeltà alla Tradizione, lo sviluppo dottrinale, le riforme liturgiche e disciplinari e le scelte apostoliche, in considerazione altresì delle esigenze dei tempi (i famosi “segni dei tempi”, che non costituiscono però una nuova Rivelazione). I sinodi risultano essere, in tale prospettiva, le pietre miliari del cammino della Chiesa nella storia.

Concilio Vaticano II card. Marchetto Orbene ecco ora nascere il pensiero che la sinodalità non sia espressione soltanto di un avvenimento episodico nella vita della Chiesa ma la permei tutta, trasformandola in sinodale, domandandosi che il Popolo di Dio “cammini insieme”, in consenso sinodale, come espressione de “la Cattolica”, per noi “incarnazione” del combinarsi di Tradizione e rinnovamento come lo fu nel magno Sinodo Vaticano.

Rimane l’anima di verità dell’opportunità e dell’importanza del consenso, come giusto modo di procedere conciliare e sinodale. La sua assenza o carenza è, infatti, un qualcosa che si deve poi “pagare” a caro prezzo, come insegna la storia. Di fatto l’esempio di molti concili importanti – da quello di Calcedonia al Vaticano II, passando per il concilio di Trento – che si sono preoccupati faticosamente di raggiungere il consenso è una testimonianza della sua grande importanza e del suo carattere di segno, soprattutto nel senso che la verità non viene ‘decisa’ (mediante votazione), ma ‘attestata’ (mediante il consenso)”.

E qual è il cammino per raggiungerlo se non quello del dialogo? Ecco, ci siamo. Conoscendo la ricchezza e le contraddizioni della cultura moderna, le aspirazioni, le speranze, le gioie e le tristezze, le delusioni e le difficoltà dell’uomo contemporaneo, Paolo VI, seguendo l’interiore impulso di carità, cercò quindi di calarsi in esse.

Egli fu assiduo banditore e promotore del dialogo con tutti gli uomini di buona volontà: con i cristiani separati, con i non cristiani, con i non credenti. “La Chiesa – attestò- deve venire a dialogo con il mondo in cui si trova a vivere; la Chiesa si fa parola; la Chiesa si fa messaggio; la Chiesa si fa colloquio”.

Egli, in seguito, affermò espressamente: “A noi specialmente, pastori nella Chiesa, incombe la cura di ricercare con audacia e saggezza, in piena fedeltà al suo contenuto, i modi più adatti e più efficaci per comunicare il messaggio evangelico agli uomini del nostro tempo”.

Trattasi del dialogo della salvezza, che incontra la sua origine trascendente nella intenzione stessa di Dio. Ne sono caratteri la chiarezza, la mitezza, la fiducia e la prudenza. “Nel dialogo, così condotto, si realizza l’unione della verità con la carità, dell’intelligenza con l’amore”.

Con forza Paolo VI affermò che il dialogo deve restare immune dal relativismo, che intacchi l’immutabile dottrina della fede e della morale: “La sollecitudine di accostare i fratelli non deve tradursi in un’attenuazione, in una diminuzione della verità”; “il nostro dialogo non può essere una debolezza rispetto al impegno verso la nostra fede”; “Non si può transigere con i principi teorici e pratici della nostra professione cristiana”.

Percepisce chi ci ascolta/legge, tutti i legami che qui vi sono, parlando di sinodalità, con il Vaticano II, con il suo procedere, con il primato, con la collegialità, con la ricerca di un dialogo al interno anche della Chiesa cattolica, con la procura costante e fervida del consenso, con il desiderio continuamente rinnovato, e attuato, affinché rinnovamento e Tradizione dialoghino tra di loro e ci sia una saldatura tra l’antico e il nuovo? Tra sinodalità, il procedere insieme, collegialità e primato?

Concilio Vaticano II Il Vaticano II si trovò a sancire l’avvenuto sviluppo teologico e a tradurlo nella azione pastorale, in risposta alle esigenze dei tempi, nella continuità della dottrina.

Dopo avervi offerto qualche spunto per far crescere in voi – lo spero –  il desiderio e la pratica del dialogo anche intraecclesiale, vi porto un suo esempio concreto che mi riguarda. Ve ne cito anzitutto un contributo editoriale dal titolo, per “La storia ed ermeneutica del Vaticano II. Un Sommario” (a mia cura) (1) che ha aperto da poco lo scrigno della Segreteria di Stato.

Gli studi sul Concilio Vaticano II si arricchiscono dunque di questo imponente “Sommario”: una visione d’insieme che dà un panorama per la ricerca autorizzata successiva, su documenti non ancora consultabili, indicando a storici, teologi e studiosi piste mirate corrispondenti ai loro interessi scientifici e alla pista “Sinodalità e Primato” nuovo sbocco.

L’ opera è frutto anche di un mio dialogo non facile con chi aveva magari un’altra posizione rispetto alla storia del Concilio, dei suoi documenti, della loro interpretazione e ricezione. Tale tendenza si è qui personificata nello studiosissimo e laboriosamente indefesso curatore di Diari e fonti private conciliari, il Professore Leo Declerck, il cui ultimo libro (2) fu per me segno di un “trattato di pace”, di un dialogo intraecclesiale, così importante e fondamentale, ben concluso.

Lo testimoniò, il Professore, in un Biglietto di apprezzamento molto significativo, per la mia pubblicazione, del “Diario Felici”, Segretario Generale del Concilio.

Tale gratitudine era messa molto più in evidenza dal fatto -scriveva- che vi sono da esplorare ancora molte fonti e documenti, soprattutto quelle dei protagonisti romani (e Declerck pensava a Cicognani, Ottaviani, Parente ed evidentemente a Papa Paolo VI). Egli così concludeva: “La ricerca continua, dunque”.

A proposito di tale ultimo giudizio si potrà però notare che in questo “Sommario” vi è quasi una parte dell’archivio agognato, potendone rivelare la sua ariosa e vasta struttura e una immagine, a conferma, della “grandezza” dell’ultimo Magno Sinodo, come io, Curatore, lo chiamo spesso.

Il “Sommario” risulta composto di quattro Parti: la I riguarda la Cronologia, la II le Persone, la III gli Argomenti e l’ultima porta l’intestazione “Varie”.

Il fatto è, tornando alla necessità del dialogo intraecclesiale, che è comune l’impressione che sono numerosi i cattolici l’”uno contro l’altro armati”, ideologicamente intendo e per disarmarli bisognerebbe ritornare a considerare i testi conciliari e il loro relativo spirito, il famoso “et…et” del Vaticano II, che così tante volte ho sottolineato nei miei studi.

Ma chi ascolta oggi l’auspicio di riprendere tale “point of reference”, che va oltre il proprio, personale giudizio, per abbracciare quello ecclesiale? Ci auguriamo che ciò avvenga in “Sinodalità e Primato” perché Papa Francesco denunciava in San Giovanni in Laterano, il 13 gennaio scorso, che “abbiamo perso il senso ecclesiale”.

Infatti non c’è altra strada, se non il senso ecclesiale, anche perché si deve di certo tener presente lo sviluppo della dottrina, in movimento però omogeneo e organico, nella visione anche di Newman. Questo vuol dire camminare insieme, come del resto ci propone la via sinodale che ci sta davanti. Lungo è ancora il lavoro che dobbiamo fare.  Buon cammino, dunque, auguro a tutti, specialmente dopo che il Santo Padre avrà aperto alla consultazione il contenuto del “Sommario”, come ho doverosamente chiesto, anzi perorato.

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1) “Concilio Ecumenico Vaticano II. Archivio della Segreteria di Stato. Sommario” a cura di A. MARCHETTO, Marcianum Press, Venezia 2022, p. 70.

2) L. DECLERCK,  “Vatican II: Concile de transition et de renouveau. La contribution des Eveques et Théologiens Belges” Peeters, Leuven 2021, p. 524.

Foto tratte dal web

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