“Siamo in un tempo di fragilità”: con queste parole il vescovo di Viterbo, Orazio Francesco Piazza ha iniziato il suo intervento al convegno della Caritas diocesana di Viterbo, di lunedì scorso, 20 novembre.

Mons. Orazio Francesco Piazza
Mons. Orazio Francesco Piazza

Il convegno, seguito da visite nelle varie strutture in cui opera la Caritas, si è tenuto nella sala Mendel dei frati Agostiniani ed è stato introdotto da don Luca Zoncheddu, il diacono permanente che dirige l’organismo diocesano, illustrando i criteri generali con cui opera.

Luca Zuccheddu
Luca Zoncheddu

Il vescovo da parte sua ha svolto una Lectio Magistralis sulla Carità come accoglienza delle fragilità, sui bisogni sociali, sulla valenza e qualità del volontariato parafrasando “il germoglio” citato dal profeta Isaia che nasce tra le spine: e nel curarlo ci si punge.

Dopo l’intervento del vescovo l’”Osservatorio delle povertà e delle risorse” ha proiettato una serie di foto e di slides che presentavano i vari servizi in cui si articola l’azione della Caritas diocesana: innanzi tutto la mensa e il dormitorio che sono i tradizionali ambiti di intervento. Ma a monte di questi c’è il servizio di accoglienza del Centro di ascolto diocesano che raccoglie le varie necessità di chi è in difficoltà e lo accompagna secondo il bisogno: può essere il pasto, il pernottamento, la doccia, la lavanderia, un medico, la ricerca di un lavoro o di un alloggio, un consiglio legale, un capo di abbigliamento o un aiuto economico tout-court. Poi c’è il progetto “Prendersi Cura” per la formazione dei volontari, quello degli Orti Solidali dove può svolgere una attività agricola chi si trova fuori del mercato di lavoro ritrovando la propria dignità. Ancora: c’è la rete per evitare lo spreco mettendo in relazione chi ha bisogno con chi ha risorse; c’è il progetto “Abitiamo” con il co-housing per universitari fuori sede che scelgono di condividere un appartamento e c’è il progetto S-Nodi che si impegna in un quartiere particolarmente problematico per sviluppare relazioni, cultura, vivibilità contro il degrado. Non sono mancate le cifre con i numeri degli assistiti e dei finanziamenti (frutto dell’8×1000) cioè 370.000 euro, che rappresentano metà del bilancio diocesano.

Ci sono stati poi gli interventi di rappresentanti delle istituzioni, il prefetto, l’assessore alle politiche sociali e alcuni consiglieri del Comune di Viterbo che hanno espresso, con varie sfumature il sostegno alla Caritas, apprezzando il lavoro svolto, promettendo impegni futuri o vantando impegni passati. L’impressione che ne è emersa, comunque, è che le istituzioni siano di supporto all’azione sociale della Chiesa e non –  come è in realtà –  che sia la Chiesa a surrogare l’azione sociale che dovrebbe invece essere istituzionale, anche viste le cifre a bilancio.

Una parola di sostegno e collaborazione è venuta da altri enti come la CISL e l’Arci. Un richiamo alla entità del problema della povertà è infine venuto da Martino Rebonato (fondatore di OASI) che ha citato l’ISTAT secondo la quale nella provincia di Viterbo i poveri (che per il politicamente corretto non si definiscono più poveri) sono circa 16.300: una marea rispetto a quelli enumerati nel Convegno. A questo proposito andrebbe ricordato il lavoro svolto nell’ombra da tutte la Caritas parrocchiali, che su tutto il territorio distribuiscono cibo e sostegno ai poveri.

A conclusione degli interventi, come detto, ci si è spostati a visitare alcune delle realizzazioni della Caritas Diocesana, in particolare il Centro di ascolto, il dormitorio e della mensa dove, dopo la benedizione dal vicario per la pastorale sociale don Paolo Chico, il vescovo ed i presenti si sono fermati per consumare il pasto cucinato dagli addetti.

Scriveva la professoressa Tommasa Alfieri, fondatrice di questo giornale,  a proposito del Cantico del supremo Amore ( I Cor. 13, 1 – 8): “La Carità è benigna…la benignità è il modo veramente cristiano di volere il bene, di fare il bene, di servire i fratelli.

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c’è un modo che non è una rivestitura accessoria dei nostri rapporti con gli altri, ma è l’espressione più genuina, che viene in superficie, della qualità, profondità, ricchezza delle nostre disposizioni interiori: il pane che si dà al bisognoso ha un valore intrinseco contabile, ha un valore di circostanza notevole, ma ha un valore di modo nel darlo che lo deprezza a zero o lo esalta a mille. “Non è il pane che mi dai che mi sfama, è il gesto con cui me lo dai che mi sfama”…” (Uno sguardo che accarezza la memoria. Dagli scritti di Tommasa Alfieri. Ed Amici della Familia Christi  Viterbo 2010 pagg 208-209).

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