Parlare della morte di Franco Di Mare, un giornalista vero e bravo, dovrebbe essere facile per chi fa questo mestiere, tanto più si ci sono stati lungo gli avvenimenti drammatici vissuti e raccontati da entrambi per decenni rapporti di stima e di comunanza di visione, se non proprio di intimità amicale. Se lo è portato oltre l’esperienza terrena un mesotelioma, un tumore brutto questo venerdì 17 maggio, quasi dando per una volta concretezza alla superstizione che lo vuole giorno sfortunato.
Ma facile non è, senza cadere in una retorica celebrativa, perché della bravura di un giornalista può certo parlare un collega, ma dovrebbe farlo riproponendo, almeno per sommi capi, i suoi pezzi e questo non consente la dittatura dello spazio. Ed anche perché se è vero che un giornalista come unica ricchezza ha la sua firma, è altrettanto vero che per i suoi lettori – nel caso di Franco in maggioranza i suoi ascoltatori, dato dopo gli inizi a Napoli come collaboratore de L’Unità, aveva lavorato per oltre quarant’anni in RAI – la ricchezza è quanto sotto quella firma si mette.
Della sua malattia aveva dato notizia pubblica meno di tre settimane fa, in un’intervista al Corriere della Sera e partecipando a una trasmissione di Fabio Fazio ormai non più sulla Rai. Ed erano stati interventi amari. Il mesotelioma è provocato dal contatto con l’amianto e lui ha raccontato di aver cercato invano di ottenere dall’attuale dirigenza della Rai il suo stato di servizio, i dati relativi ai luoghi dove aveva svolto il suo lavoro, Bosnia ed Erzegovina, Kosovo, Somalia, Mozambico, Algeria, Albania, Etiopia, Eritrea, Ruanda, prima e seconda guerra del Golfo, Afghanistan, Timor Est, Medio Oriente e America Latina, oltre alle sedi RAI nelle quali aveva avuto diversi incarichi, fino alla direzione ad interim di Rai3 dal 2020, al 2023. Ma forse il pubblico lo ricorda di più per la sua conduzione su RAI UNO del programma UNO mattina.
Alla notizia della morte sono seguiti tra i messaggi di cordoglio anche quelli di persone che aveva cercato invano e di esponenti del governo attuale, compresa chi lo guida, pieni di elogi. Dare su questo un giudizio non è opportuno né giusto, perché apparirebbe arrogante o almeno di parte. In ogni caso, la sua famiglia «profondamente commossa ringrazia tutti per il grande affetto e la straordinaria vicinanza finora ricevuti», si legge in una nota.
Meglio concludere ricordando che si è appreso come appena due giorni prima di morire abbia sposato Giulia Berdini, con la quale era fidanzato da otto anni. Anche di lei aveva parlato in quell’intervista: «Ci fissiamo sempre col primo amore – il mio, al liceo, fu una ballerina del San Carlo – ma il più importante è l’ultimo, che ti accompagna nei passi finali. Per me è Giulia. Stiamo insieme da otto anni. Tra noi ce ne sono più di trenta di differenza, prima si notava meno». Forse non lo sapeva o almeno non lo ricordava – perché un giornalista bravo come lui lo avrebbe detto, ma in qualche modo citava Honoré De Balzac.
Ma quello che più conta è che ha lasciato la vita terrena «Abbracciato dall’amore della moglie, della figlia (Stella, adottata a Sarajevo) delle sorelle e del fratello e dall’affetto degli amici più cari».
Della figlia Stella, adottata a Sarajevo, raccontò in un’intervista con TV2000: «Andai in un orfanotrofio perché ero stato colpito da una granata. Fu una fortuna che solo in due rimasero feriti. Tra tanti bambini biondi ne notai una con i capelli scuri, era l’unica che sorrideva. Io la presi in braccio, lei mi si aggrappò al collo e quello fu l’inizio di una grande storia». A quella vicenda si ispira anche il suo libro “Non chiedere perché”: «C’è Stella dietro ogni riga che ho scritto, è lei che ha raddrizzato il percorso della mia vita e l’ha salvata. E adesso, ogni volta che la guardo camminare libera per il mondo, mi commuovo».
Quel libro lo ho letto. L’ultimo che ha scritto, “Le parole per dirlo”, uscito da poco («il mio testamento», disse in quell’ultima intervista dello scorso 28 aprile) lo comprerò, anche per capire meglio perché, avvicinandosi alla morte e sapendolo bene, si definì un uomo fortunato.
I funerali si terranno lunedì 20 maggio alle 14 nella basilica di Santa Maria in Montesanto, la cosiddetta chiesa degli artisti, in piazza del Popolo a Roma.
Foto tratte dal web
Direttore Responsabile
Giornalista professionista, ha lasciato a fine febbraio del 2016, pochi giorni dopo il suo sessantesimo compleanno, L’Osservatore Romano, il giornale della Santa Sede, dove aveva svolto la sua professione negli ultimi trent’anni, occupandosi principalmente di politica internazionale, con particolare attenzione al Sud del mondo.
Ha incominciato la sua professione giornalistica nel 1973, diciassettenne, a L’Avanti, all’epoca quotidiano del Partito Socialista Italiano, con il Direttore Responsabile Franco Gerardi. Nello stesso periodo, fino al 1979, ha collaborato con la rivista Sipario e ha effettuato servizi per l’editrice di cinegiornali 7G.
Ha diretto negli anni 1979-1980 i programmi giornalistici di Radio Lazio, prima emittente radiofonica non pubblica a Roma, producendovi altresì i testi del programma di intrattenimento satirico Caramella.
Ha poi lavorato per l’agenzia di stampa ADISTA, collaborando contemporaneamente con giornali spagnoli e statunitensi.
Nel 1984 ha incominciato a lavorare per la stampa del Vaticano, prima alla Radio Vaticana, dove al lavoro propriamente giornalistico ha affiancato la realizzazione, con altri, di programmi di divulgazione culturale successivamente editi in volume.
All’inizio del 1986 è stato chiamato a L’Osservatore Romano, all’epoca diretto da Mario Agnes, dove si è occupato da prima di cronaca e politica romana e italiana. Successivamente è passato al servizio internazionale, come redattore, inviato e commentatore. La prima metà degli anni Novanta lo ha visto impegnato in prevalenza nel documentare i conflitti nei Balcani e negli anni successivi si è occupato soprattutto del Sud del mondo, in particolare dell’Africa, ma anche dell’America Latina.
Su L’Osservatore Romano ha firmato circa duemila articoli sull’edizione quotidiana e su quelle settimanali. Ha inoltre contribuito alla realizzazione di alcuni numeri de I quaderni de L’Osservatore Romano, collana editoriale sui principali temi di politica, di cultura e di dialogo internazionali.
Collabora con altre testate, cattoliche e non, e con programmi d’informazione radiofonica e televisiva.
È Direttore Responsabile, a titolo gratuito, della rivista Sosta e Ripresa.
Ha insegnato comunicazione e politica internazionale in scuole di giornalismo e ha tenuto master di secondo livello, come professore a contratto, in Università italiane. Ha tenuto corsi, seminari e conferenze in Italia e all’estero. Ha tenuto corsi sull’attività diplomatica della Santa Sede in istituti superiori di cultura in Italia.
È autore di saggi, romanzi, raccolte di poesie, diari di viaggio, testi teatrali. Sue opere sono riportate in antologie poetiche del Novecento.
È tra i fondatori dell’Associazione Amici di Padre Be’ e della Fondazione Padre Bellincampi ONLUS, che si occupano di assistenza all’infanzia, e dell’associazione L.A.W. Legal Aid Worldwide ONLUS, per la tutela giurisdizionale dei diritti dell’uomo. Ha partecipato a progetti sociali per la ricostruzione di Sarajevo. È stato promotore e sostenitore di un progetto di commercio equo e solidale realizzato in Argentina.