C’ è un volto di Cristo sindonico nella cripta della chiesa di Sant’Andrea Apostolo a Viterbo, dove si è aperta questo giovedì 23 marzo la mostra-convegno sulla Sindone, allestita nella cripta gotica (XII sec), con pannelli ed una riproduzione autenticata a grandezza naturale del telo (sindon in greco) che ha avvolto il cadavere del crocifisso.
Lo ha scoperto la sindonologa Emanuela Marinelli, relatrice dell’iniziativa. Prima di iniziare la sua relazione mattutina agli studenti delle scuole (un centinaio di ragazzi che gremivano la chiesa) la professoressa Marinelli è andata ad ammirare la mostra e il suo occhio esperto ha subito riconosciuto in un frammento di affresco (vedi foto)
nella volta dell’abside di sinistra il tipo di “volto sindonico”, cioè le fattezze del volto che vengono evidenziate dall’immagine che compare sulla sindone (vedi foto)
. In particolare: il naso allungato, gli occhi spalancati, gli zigomi sporgenti, la bocca piccola, le fattezze che si ritrovano nelle immagini sacre di Cristo Gesù a partire dalla fine delle persecuzioni contro i cristiani voluta dall’Imperatore Costantino (313 ad). Questa è una delle prove che suggeriscono la notorietà della Sindone fin dalle origini del cristianesimo.
Marinelli nella sua relazione mattutina, cercando di usare un linguaggio accessibile ai ragazzi e ai bambini presenti, non ha mancato di documentare tutte le prove scientifiche che accompagnano l’attribuzione della Sindone come l’originale telo che ha avvolto il corpo di Gesù per la sua sepoltura, sepoltura protrattasi per non più di 36 ore. La relatrice non ha tralasciato di discutere anche dei controversi dati della datazione del carbonio radioattivo, rimessi in discussione dalla recente rivelazione dei dati originali, in passato rifiutati dai laboratori esecutori dei test. Ma certamente quello che ha colpito maggiormente il giovane uditorio è stato il più recente esperimento eseguito per scoprire la causa dell’abbrunamento delle microfibre del tessuto che determinano l’immagine al negativo (e la tridimensionalità).
L’esperimento, eseguito nei laboratori dell’ENEA di Frascati, consiste nel sottoporre la stoffa ad un lampo di luce di durata infinitesimale prodotto da un potentissimo laser ad eccimeri (nella regione dell’ultravioletto). Il risultato consisterebbe in un abbrunamento (tipo bruciatura) dello strato più superficiale delle fibre tessili più o meno intenso a seconda della distanza dalla fonte irradiante. Per sviluppare il processo su tutta la superficie dell’immagine sindonica servirebbero almeno 10.000 laser coordinati simultaneamente.
Nel pomeriggio Marinelli ha ripetuto la sua relazione, presenti il vescovo Orazio Francesco Piazza e le principali autorità di Viterbo, diffondendosi senza remore sugli aspetti storici e scientifici di questo eccezionale documento.
La mostra rimarrà aperta per tutto il periodo pasquale e comunque fino alla metà di maggio.

Editore e Direttore Editoriale
Mario Mancini, nato in Roma nel 1943, dopo la laurea in scienze geologiche, con tesi in geofisica, nel 1967 e un anno di insegnamento della matematica in un istituto tecnico industriale romano, svolge per un quinquennio la sua professione di geofisico e sismologo prevalentemente all’estero, in particolare in Papua Nuova Guinea presso il Rabaul Central Volcanological Observatory e in Australia nella sezione aviotrasportata a Canberra, in entrambi i casi per la BMR Australia, intervallando le due esperienze con un viaggio di studio in Giappone nell’estate del 1970.
Rientrato in Italia nel 1972, si impiega come geofisico presso la CMP di Roma per la quale lavora per sei anni, con diversi incarichi in Italia e all’estero.
Fin da liceale, nel 1959, aveva conosciuto Tommasa Alfieri e l’Opera Familia Christi da lei fondata. La figura e la spiritualità della Signorina Masa, come i suoi discepoli chiamavano la Alfieri, resteranno per Mancini un fondamentale riferimento per tutta la vita. Laico consacrato nel gruppo maschile dell’opera già dal 1974, nel 1979 fa la scelta di dedicarsi completamente all’Opera e va a vivere nell’eremo di Sant’Antonio alla Palanzana.
Alla morte della fondatrice, nel 2000, l’intero patrimonio dell’Opera passa per testamento all’associazione Vittorio e Tommasina Alfieri, all’uopo voluta dalla stessa Alfieri e della quale Mancini era stato tra i fondatori.
Per accordi associativi, più tardi violati da persone riuscite ad assumere il controllo dell’associazione, Mancini resta all’Eremo, unica persona a risiedervi in permanenza e a occuparsene.
La nuova gestione dell’associazione, decisa a trasformare la Familia Christi da istituzione prettamente laicale e una confraternita sacerdotale anticonciliare, nel 2005 convince Mancini a dimettersi dall’associazione stessa, in cambio della promessa, purtroppo mai ratificata legalmente, di lasciargli l’Eremo.
Fino fino al 2012, questo luogo, sotto la conduzione di Mancini, che sempre nel 2005 ha fondato l’associazione Amici della Familia Christi e ha registrato presso il Tribunale di Viterbo la testata Sosta e Ripresa, anch’essa fondata da Tommasa Alfieri e della quale Mancini è direttore editoriale, svolge un prezioso compito di Centro di spiritualità e di apertura ecumenica e interreligiosa.
Nel 2012 la confraternita appropriatasi del nome di Familia Christi (poi sciolata dalla Santa Sede con riduzione allo stato laicale di tutti i suoi esponenti) in violazione degli accordi presi a suo tempo ottiene dal Tribunale la restituzione dell’Eremo.
Mancini resta a Viterbo e prosegue il suo impegno ecclesiale in vari uffici diocesani e nel comitato regionale per l’ecumenismo ed il dialogo interreligioso.