Innanzi tutto un’informazione: l’associazione viterbese intitolata al beato Domenico Bàrberi, che è anche editrice di questo giornale, parteciperà con convinzione alla giornata di preghiera e di digiuno, per chiedere a Dio di convertire a pensieri di pace, quanti fomentano la violenza nella martoriata terra che le tre religioni abramitiche chiamano santa.

L’iniziativa, indetta dalla Conferenza episcopale italiana accogliendo l’invito del neo cardinale Pierbattista Pizzaballa O.F.M., patriarca di Gerusalemme dei Latini, è di fatto una mobilitazione. Ma è una mobilitazione alle armi incruente e potenti della preghiera, della riflessione sulla volontà di Dio per l’umanità, tante volte mistificata.
Si pensi alle parole d’ordine guerrafondaie tipo: “In nome di Dio” oppure “Dio lo vuole”, ma persino alla frase “sia fatta la volontà di Dio” costantemente usata nelle sciagure, quasi che il Padre di tutti volesse il male e non il bene per i suoi figli. È accaduto in ogni epoca, ma è diventato sistematico nella nostra, in cui tutti siamo schiacciati da narrazioni propagandistiche che, di volta in volta, indicano il nemico senza non solo la capacità, ma neppure l’intenzione di indagare il senso e il contesto degli avvenimenti. E la storia e il giudizio si fanno incominciare dall’ultimo avvenimento di cronaca, di solito orrendo, con ultimo esempio l’attacco di Hamas in Israele.
E persino i testi sacri delle religioni vengono ignorati o mistificati. Accade per la Bibbia, in gran parte considerata ispirata da Dio sia dal cristianesimo sia dall’ebraismo: la condanna di Caino è indiscutibile, ma il racconto biblico afferma il diritto ad essere protetto anche dell’assassino, affinché non si arrivi a chiamare giustizia quella che è solo vendetta. Ma il male sa imporsi e basta una generazione, perché Lamech, il figlio di Caino, inauguri la vendetta personale e in modo spropositato: «Ho ucciso un uomo per una mia scalfittura e un ragazzo per un mio livido. Sette volte sarà vendicato Caino, ma Lamech settantasette!» (Genesi 4, 24). E non è che dopo millenni la situazione sia cambiata. Accade per il Corano: il jihad, cioè la lotta interiore che il musulmano (il sottomesso a Dio) deve condurre per seguire i dettami della propria fede, diventa sinonimo di “guerra santa” e di terrorismo sia per alcuni gruppi più o meno forsennati di islamici, indottrinati da cattivi maestri, che ne pervertono il significato, sia soprattutto per la narrazione generalizzata in Occidente.

Il terrore, le ritorsioni, le guerre si fanno e più ancora si provocano, magari per procura, per vendere le armi, come dice Papa Francesco, o per acquistare potere. Così il diritto legittimo alla difesa si trasforma sempre più in ritorsioni spaventose che schiacciano, affamano, massacrano popoli interi per decenni. E quelli che dalla fame e dalla guerra fuggono, magari verso i Paesi opulenti che li considerano invasori, dopo averli invasi con le politiche a esclusivo proprio vantaggio, come il colonialismo sotto tutti i suoi diversi aspetti spacciato per diffusione della democrazia o come, se non basta direttamente con le bombe.
Di armi questo giornale ne ha appena un paio. Una è la convinzione che la pace è opera di giustizia e che il suo strumento principale, come insegna lo stesso beato Barberi, è il dialogo. L’altra, quella più potente, è la preghiera, cioè il modo più vero di parlare con Dio e – se per la Sua grazia riusciamo ad aprire il cuore e l’anima all’ascolto della Sua misericordia – il modo di sentire davvero che la Sua volontà è il bene, la pace e a questo dedicare le nostre opere e la nostra vita.

Direttore Responsabile
Giornalista professionista, ha lasciato a fine febbraio del 2016, pochi giorni dopo il suo sessantesimo compleanno, L’Osservatore Romano, il giornale della Santa Sede, dove aveva svolto la sua professione negli ultimi trent’anni, occupandosi principalmente di politica internazionale, con particolare attenzione al Sud del mondo.
Ha incominciato la sua professione giornalistica nel 1973, diciassettenne, a L’Avanti, all’epoca quotidiano del Partito Socialista Italiano, con il Direttore Responsabile Franco Gerardi. Nello stesso periodo, fino al 1979, ha collaborato con la rivista Sipario e ha effettuato servizi per l’editrice di cinegiornali 7G.
Ha diretto negli anni 1979-1980 i programmi giornalistici di Radio Lazio, prima emittente radiofonica non pubblica a Roma, producendovi altresì i testi del programma di intrattenimento satirico Caramella.
Ha poi lavorato per l’agenzia di stampa ADISTA, collaborando contemporaneamente con giornali spagnoli e statunitensi.
Nel 1984 ha incominciato a lavorare per la stampa del Vaticano, prima alla Radio Vaticana, dove al lavoro propriamente giornalistico ha affiancato la realizzazione, con altri, di programmi di divulgazione culturale successivamente editi in volume.
All’inizio del 1986 è stato chiamato a L’Osservatore Romano, all’epoca diretto da Mario Agnes, dove si è occupato da prima di cronaca e politica romana e italiana. Successivamente è passato al servizio internazionale, come redattore, inviato e commentatore. La prima metà degli anni Novanta lo ha visto impegnato in prevalenza nel documentare i conflitti nei Balcani e negli anni successivi si è occupato soprattutto del Sud del mondo, in particolare dell’Africa, ma anche dell’America Latina.
Su L’Osservatore Romano ha firmato circa duemila articoli sull’edizione quotidiana e su quelle settimanali. Ha inoltre contribuito alla realizzazione di alcuni numeri de I quaderni de L’Osservatore Romano, collana editoriale sui principali temi di politica, di cultura e di dialogo internazionali.
Collabora con altre testate, cattoliche e non, e con programmi d’informazione radiofonica e televisiva.
È Direttore Responsabile, a titolo gratuito, della rivista Sosta e Ripresa.
Ha insegnato comunicazione e politica internazionale in scuole di giornalismo e ha tenuto master di secondo livello, come professore a contratto, in Università italiane. Ha tenuto corsi, seminari e conferenze in Italia e all’estero. Ha tenuto corsi sull’attività diplomatica della Santa Sede in istituti superiori di cultura in Italia.
È autore di saggi, romanzi, raccolte di poesie, diari di viaggio, testi teatrali. Sue opere sono riportate in antologie poetiche del Novecento.
È tra i fondatori dell’Associazione Amici di Padre Be’ e della Fondazione Padre Bellincampi ONLUS, che si occupano di assistenza all’infanzia, e dell’associazione L.A.W. Legal Aid Worldwide ONLUS, per la tutela giurisdizionale dei diritti dell’uomo. Ha partecipato a progetti sociali per la ricostruzione di Sarajevo. È stato promotore e sostenitore di un progetto di commercio equo e solidale realizzato in Argentina.