La storia non è un susseguirsi di date e fatti puntuali, ma la vita di un territorio può essere un avvicendarsi continuo in cui si alternano sviluppo e regresso, evoluzione e involuzione. Dove si sono sovrapposte nei secoli civiltà e colture diverse la storia può offrire discontinuità profonde, intervalli di mancanza di testimonianze e ritorni improvvisi di coscienza. Passano i secoli, cambiano le espressioni culturali, si mischiano le etnie, ma può succedere che le espressioni di cultura del territorio si riannodino in uno sviluppo dalle radici comuni.
In questo microcosmo della Piana di Viterbo si intrecciano varie culture susseguitesi in 25 secoli di storia con le testimonianze di una ricerca continua del soprannaturale. In questa zona un sacerdote, don Armando Marini, ebbe l’intuizione di costruire, fisicamente, un percorso della Fede “Etrusco-Romano-Cristiano”. Negli anni ’70, a seguito dello sviluppo edilizio fu incaricato di fondare una nuova parrocchia intitolata ai protomartiri viterbesi Valentino e Ilario. Don Armando volle valorizzare il percorso di fede che idealmente abbraccia, attraverso i secoli la contrada della sua parrocchia.
In quella parte della piana di Viterbo che si estende fino a Castel d’Asso, gli antenati etruschi hanno lasciato abbondanti tracce del loro culto dei morti che si esprimeva nella costruzione di necropoli rupestri architettonicamente elaborate (delle quali quella di Castel d’Asso è la più rappresentativa del Viterbese), con la loro convinzione della vita oltre la morte, con le loro cerimonie funebri che terminavano con il banchetto rituale svolto in un ambiente del complesso funebre appositamente scavato.
Con la romanizzazione del territorio (un paio di secoli A. C.) la zona viene attraversata dalla Via Cassia (qualche chilometro a valle di Viterbo) con la costruzione del Ponte Camillario che da oltre 2000 anni resiste alle ingiurie del tempo, delle piene e degli uomini. I tratti di basolato della via consolare ancora accompagnano con i ruderi delle terme romane l’allineamento delle sorgenti termali che si susseguono da Vetralla a Montefiascone. Lungo questo percorso facevano tappa, per tirarsi a lucido, le legioni romane che si apprestavano all’ingresso trionfale nell’Urbe. Ai bordi di questa direttrice testimoniarono con la vita la loro fede Valentino e Ilario e lungo la consolare Cassia i loro corpi furono inumati in una tomba etrusca riciclata in catacomba cristiana. Nei pressi, appoggiato su manufatti romani, si sviluppò, in seguito, un piccolo borgo San Valentino, probabilmente scomparso ai tempi dell’arrivo delle armate di Federico II all’assedio di Viterbo. Se ora nei resti della chiesetta del borgo scomparso si fanno le salsicce nelle adiacenti Terme dei Papi, l’imprenditore Socrate Sensi (cavaliere del lavoro) ha riadattato una cavità ipogea a piccola cappellina, ed il sacerdote don Armando ha istallato sul percorso della fede dei Santi Valentino e Ilario una artistica Via Crucis.
In questa zona la comunità di Castel d’Asso cerca di realizzare, nel suo piccolo, il Regno di Dio qui in terra all’ombra degli antenati etruschi, nello spirito del viterbese Beato Domenico Barberi, apostolo dell’ecumenismo, che amava e chiamava fratelli anche, e soprattutto, quelli di etnia, di lingua, di confessione diversa.
Il villaggio etrusco di Axia è rimasto solo nei documenti degli storici, il basolato consolare non risuona più dei sandali dei legionari, il medievale Castello d’Asso è un rudere sormontato dalla sopravvissuta Torre di avvistamento, oggi nelle circostanti campagne della Piana, operai di tutti le provenienze ed etnie lavorano i campi dei “broccolari”, ma nella chiesetta di Castel d’Asso si vuole rendere concreta l’Offerta che è frutto della terra e del lavoro dell’uomo, con la stessa operosità dei secoli passati.
Editore e Direttore Editoriale
Mario Mancini, nato in Roma nel 1943, dopo la laurea in scienze geologiche, con tesi in geofisica, nel 1967 e un anno di insegnamento della matematica in un istituto tecnico industriale romano, svolge per un quinquennio la sua professione di geofisico e sismologo prevalentemente all’estero, in particolare in Papua Nuova Guinea presso il Rabaul Central Volcanological Observatory e in Australia nella sezione aviotrasportata a Canberra, in entrambi i casi per la BMR Australia, intervallando le due esperienze con un viaggio di studio in Giappone nell’estate del 1970.
Rientrato in Italia nel 1972, si impiega come geofisico presso la CMP di Roma per la quale lavora per sei anni, con diversi incarichi in Italia e all’estero.
Fin da liceale, nel 1959, aveva conosciuto Tommasa Alfieri e l’Opera Familia Christi da lei fondata. La figura e la spiritualità della Signorina Masa, come i suoi discepoli chiamavano la Alfieri, resteranno per Mancini un fondamentale riferimento per tutta la vita. Laico consacrato nel gruppo maschile dell’opera già dal 1974, nel 1979 fa la scelta di dedicarsi completamente all’Opera e va a vivere nell’eremo di Sant’Antonio alla Palanzana.
Alla morte della fondatrice, nel 2000, l’intero patrimonio dell’Opera passa per testamento all’associazione Vittorio e Tommasina Alfieri, all’uopo voluta dalla stessa Alfieri e della quale Mancini era stato tra i fondatori.
Per accordi associativi, più tardi violati da persone riuscite ad assumere il controllo dell’associazione, Mancini resta all’Eremo, unica persona a risiedervi in permanenza e a occuparsene.
La nuova gestione dell’associazione, decisa a trasformare la Familia Christi da istituzione prettamente laicale e una confraternita sacerdotale anticonciliare, nel 2005 convince Mancini a dimettersi dall’associazione stessa, in cambio della promessa, purtroppo mai ratificata legalmente, di lasciargli l’Eremo.
Fino fino al 2012, questo luogo, sotto la conduzione di Mancini, che sempre nel 2005 ha fondato l’associazione Amici della Familia Christi e ha registrato presso il Tribunale di Viterbo la testata Sosta e Ripresa, anch’essa fondata da Tommasa Alfieri e della quale Mancini è direttore editoriale, svolge un prezioso compito di Centro di spiritualità e di apertura ecumenica e interreligiosa.
Nel 2012 la confraternita appropriatasi del nome di Familia Christi (poi sciolata dalla Santa Sede con riduzione allo stato laicale di tutti i suoi esponenti) in violazione degli accordi presi a suo tempo ottiene dal Tribunale la restituzione dell’Eremo.
Mancini resta a Viterbo e prosegue il suo impegno ecclesiale in vari uffici diocesani e nel comitato regionale per l’ecumenismo ed il dialogo interreligioso.