Nota del direttore responsabile
Pubblichiamo oggi il messaggio per la Pasqua che il cardinale Agostino Marchetto
per consolidata consuetudine invia a uno scelto numero di amici, nella certezza che tra questi possa essere lieto di annoverare i lettori di un giornale al quale offre spesso i suoi contributi.
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Buona Pasqua di passione e di risurrezione, augurio che formulo di cuore a tutti voi e unisce le due facce del mistero pasquale che celebriamo, attualizziamo, e accogliamo nella nostra vita in questa Settimana santa. Vi dico d’inizio che anche quest’anno, considerate le circostanze, mi soffermerò soprattutto sul aspetto di passione, ispirato al pensiero al riguardo di Papa Benedetto XVI.
A tale proposito egli parla di un “malessere”, che racchiude sotto il titolo “Chiesa e mondo”, “ambito in cui si avverte con chiarezza la nuova mentalità del Concilio”, dove si attesta che “Contrariamente a ciò che l’ottimismo dell’idea di incarnazione aveva talvolta esplicitamente garantito, c’è nel Nuovo Testamento una chiara precedenza del tema della croce rispetto a quello dell’incarnazione, anzi, la tematica dell’incarnazione è nella Bibbia già di per sé teologia della croce, poiché l’incarnazione già significa darsi di Dio ed è dunque il primo e decisivo passo verso la croce”. Vi fu qui una semplificazione “conducente a una teologia della speranza che sembra quasi ai limiti di un ingenuo ottimismo”, la quale divenne una ragione fondamentale di confusione spirituale che porta non di rado a un fraintendimento del Concilio.
Una cosa comunque va detta a tale proposito – e noi lo ripetiamo oggi con convinzione, nella Sitz im Leben in cui ci troviamo -: “un rivolgersi della Chiesa al mondo che dovesse rappresentare un suo allontanamento dalla croce non porterebbe a un rinnovamento della Chiesa, ma alla sua fine”. Detto in altre parola, la fede cristiana è uno scandalo per l’uomo di ogni tempo, lo scandalo [paradosso lo chiama Kierkegaard] che il Dio eterno si occupi di noi uomini e ci conosca, che l’Inafferrabile sia divenuto percepibile nell’uomo Gesù, che l’Immortale abbia patito sulla croce, che a noi mortali siano promesse risurrezione e vita eterna: credere questo è per l’uomo un’impresa sconcertante. Il Concilio non ha potuto e non ha voluto eliminare questo scandalo cristiano. Ma dobbiamo aggiungere: questo scandalo primario, è ineliminabile se non si vuole eliminare il cristianesimo stesso”.
Un pensiero vale accostare, e cioè che fu ed è convinzione di tutte le filosofie sapienziali del mondo e di tutte le culture, in prospettiva della croce che dobbiamo abbracciare e portare, in Cristo nostro Signore, – e questo ci incoraggia- la convinzione, dicevo, che quanti aspirano al infinito, gli “amati” da Dio, devono soffrire e purificarsi, debbono accogliere fra le loro dita la propria finitezza e debolezza. Come scriveva Maria Zambrano, “prima di vedere il volto di Dio dobbiamo toglierci i calzari nell’atrio dei gentili; prima di entrare nell’ambito della divinità, prima di avvicinarci al altar mayor [altare maggiore] della vita”.
Dunque è possibile ora la speranza perché nella veglia della notte pasquale rinasciamo, assieme, in un certo senso, ai catecumeni che nel mondo intero in quella occasione sono battezzati. E il nostro desiderio santo, per grazia di Dio, il nostro pentimento e la confessione/penitenza/riconciliazione, farà il miracolo. La intima passione per rinascere, la certezza di avere più possibilità domani che oggi – perché Dio passeggia con me per le strade della storia – è il fondamento della mia speranza, della nostra speranza. Non lasciamo che ce la rubino, la beata speranza! Cristo è risorto, è veramente risorto, Alleluja!
Il cardinale Marchetto, Nato a Vicenza 28 agosto 1940, è stato ordinato sacerdote a 24 anni, e ben presto chiamato a Roma per lavorare nella Segreteria di Stato vaticana e nelle Rappresentanze pontificie di Zambia e Malawi, Cuba, Algeria, Tunisia, Marocco e Libia, Portogallo, Zimbabwe.
Nel 1985 viene nominato e consacrato arcivescovo (del titolo storico di Astigi, oggi Ecija, in Andalusia). Diventa nunzio apostolico, con il primo incarico in Madagascar e Mauritius, La Réunion, Mayotte, Isole Comore, seguito da quelli in Tanzania e poi in Bielorussia.
Rientrato a Roma, soprattutto a causa di una patologia difficile che vince, resta per qualche tempo con la “strana” qualifica di nunzio a disposizione.
Riprende il servizio attivo con la nomina prima a Osservatore permanente della Santa Sede presso la Fao, il Pam e l’Ifad, le agenzie dell’Onu con sede a Roma che si occupano in senso lato di agricoltura e alimentazione, poi a segretario del Pontificio Consiglio per la pastorale dei Migranti e degli Itineranti.
Presenta le dimissioni a Papa Benedetto XVI nel 2010, a settant’anni come è prerogativa dei nunzi apostolici, per dedicarsi a tempo pieno ai suoi studi, già più che fecondi, sul Concilio Vaticano II, che fanno ragione sia delle “fughe in avanti” di alcuni commentatori, sia degli arroccamenti di tanti “tradizionalisti” o peggio che confondono i propri pregiudizi, il proprio clericalismo antistorico, con una presunta fedeltà alla Chiesa. Del Concilio Papa Francesco lo ha definito il più grande ermeneuta. Lo stesso Papa Francesco quattro anni dopo lo ha voluto membro della Congregazione per l’Evangelizzazione dei popoli e nel Concistoro del 30 settembre 2023 lo ha creato cardinale.
Il cardinale Marchetto è stato ed è dunque molte cose: un grande diplomatico, uno storico di assoluto valore, una voce significativa del cattolicesimo in questioni vitali – forse le più importanti nella nostra epoca – quale la lotta alla fame e la situazione dei migranti.
La sua bibliografia è troppo lunga per essere riportata completamente. Ai ponderosi volumi sul Concilio da lui firmati si affianca “Primato pontificio ed episcopato. Dal primo millennio al Concilio Ecumenico Vaticano II. Studi in onore dell’arcivescovo Agostino Marchetto” a cura di Jean Ehret.
Da citare altresì il libro intervista “Agostino Marchetto. Chiesa e migranti. La mia battaglia per una sola famiglia umana”, realizzato con Marco Roncalli.