Passo dopo passo, nel cuore dei viterbesi – soprattutto ma non solo – si consolidano la conoscenza e la lezione del concittadino Domenico Bàrberi, beatificato da Paolo VI in piena stagione conciliare con il suo nome in religione (era un passionista) Domenico della Madre di Dio.
L’ultima occasione per ricordarne nella preghiera e approfondirne la memoria stata domenica 25 giugno la Santa Messa celebrata nella chiesetta rurale dedicata alla Vergine a Castel d’Asso, che è parte dell’unità pastorale Sacra Famiglia e Sant’Andrea e che da dieci anni è affidata dalla parrocchia appunto di Sant’Andrea alla cura dell’associazione che al Beato Bàrberi è intitolata.
C’è però un altro nome, un nome di ragazzo, con il quale a Viterbo si ricorda familiarmente la figura di questo apostolo dell’ecumenismo, che tanta parte ebbe nell’alimentare rapporti fraterni tra cattolici e anglicani. Lo chiamavano infatti Meco della Palanzana, il monte alle cui falde era nato 231 anni fa, il 22 giugno 1792, in una modesta dimora di contadini, Casale della Pace, più tardi divenuto “Villa Contucci”, a due chilometri dalle mura di Viterbo. Una lapide commemora questo avvenimento, sul retro della villa, dove la famigliola viveva in un umile appartamento, oggi custodito dagli attuali proprietari.
Rimasto orfano nel 1803 venne accolto dallo zio materno, contadino presso il casale Molaioni a Belcolle. Qui il giovane Meco della Palanzana ebbe la prima vocazione alla missione nell’”Europa del Nord” (sic). Sulla facciata del casale, attualmente in abbandono, campeggia una lapide marmorea con la scritta “HIC FORMOSA LOCI FACIES, HIC LUCIDUS AER, HIC SECURA QUIES, QUID POSCIMUS ULTRA?” che sembra ispirato dall’Elogio della vita campestre di Virgilio (Virg. Georg. II 458-542). Qui l’associazione del Beato Domenico Bàrberi negli anni ’80 ha ristrutturato una piccola cappellina, anch’essa sede di commemorazioni ed eventi religiosi aperti, secondo il carisma del Beato Domenico e come recita una targa in peperino, “alle preghiere dei fedeli di ogni razza e credo”. Proprio qui si è svolto, il 16 giugno, un incontro interreligioso, presieduto dal vescovo Orazio Francesco Piazza, che per la prima volta ha visitato la piccola e raccolta cappellina e che l’associazione spera di avere appena possibile in visita pastorale anche a Castel d’Asso.
La Messa di domenica 25, nella circostanza appunto del 231° anniversario della nascita del Beato è stata celebrata dal parroco di Sant’Andrea, don Luca Scuderi, per soci e simpatizzanti della piccola comunità che dall’associazione è nata, una comunità che cresce nell’impegno, nella fede e anche nell’amicizia vicendevole, come dimostra anche il fatto che al termine della cerimonia religiosa ha festeggiato l’occasione anche con l’abituale ristoro che conclude i suoi incontri.

Editore e Direttore Editoriale
Mario Mancini, nato in Roma nel 1943, dopo la laurea in scienze geologiche, con tesi in geofisica, nel 1967 e un anno di insegnamento della matematica in un istituto tecnico industriale romano, svolge per un quinquennio la sua professione di geofisico e sismologo prevalentemente all’estero, in particolare in Papua Nuova Guinea presso il Rabaul Central Volcanological Observatory e in Australia nella sezione aviotrasportata a Canberra, in entrambi i casi per la BMR Australia, intervallando le due esperienze con un viaggio di studio in Giappone nell’estate del 1970.
Rientrato in Italia nel 1972, si impiega come geofisico presso la CMP di Roma per la quale lavora per sei anni, con diversi incarichi in Italia e all’estero.
Fin da liceale, nel 1959, aveva conosciuto Tommasa Alfieri e l’Opera Familia Christi da lei fondata. La figura e la spiritualità della Signorina Masa, come i suoi discepoli chiamavano la Alfieri, resteranno per Mancini un fondamentale riferimento per tutta la vita. Laico consacrato nel gruppo maschile dell’opera già dal 1974, nel 1979 fa la scelta di dedicarsi completamente all’Opera e va a vivere nell’eremo di Sant’Antonio alla Palanzana.
Alla morte della fondatrice, nel 2000, l’intero patrimonio dell’Opera passa per testamento all’associazione Vittorio e Tommasina Alfieri, all’uopo voluta dalla stessa Alfieri e della quale Mancini era stato tra i fondatori.
Per accordi associativi, più tardi violati da persone riuscite ad assumere il controllo dell’associazione, Mancini resta all’Eremo, unica persona a risiedervi in permanenza e a occuparsene.
La nuova gestione dell’associazione, decisa a trasformare la Familia Christi da istituzione prettamente laicale e una confraternita sacerdotale anticonciliare, nel 2005 convince Mancini a dimettersi dall’associazione stessa, in cambio della promessa, purtroppo mai ratificata legalmente, di lasciargli l’Eremo.
Fino fino al 2012, questo luogo, sotto la conduzione di Mancini, che sempre nel 2005 ha fondato l’associazione Amici della Familia Christi e ha registrato presso il Tribunale di Viterbo la testata Sosta e Ripresa, anch’essa fondata da Tommasa Alfieri e della quale Mancini è direttore editoriale, svolge un prezioso compito di Centro di spiritualità e di apertura ecumenica e interreligiosa.
Nel 2012 la confraternita appropriatasi del nome di Familia Christi (poi sciolata dalla Santa Sede con riduzione allo stato laicale di tutti i suoi esponenti) in violazione degli accordi presi a suo tempo ottiene dal Tribunale la restituzione dell’Eremo.
Mancini resta a Viterbo e prosegue il suo impegno ecclesiale in vari uffici diocesani e nel comitato regionale per l’ecumenismo ed il dialogo interreligioso.