La forma interrogativa del titolo sembra quasi un obbligo di riflessione per l’edificio, da tempo più non destinato al culto, della chiesa di San Leonardo a Viterbo, dove la Caritas diocesana gestisce la mensa e il dormitorio per i più bisognosi.
Le iniziative sono tante per utilizzare al meglio i locali e per dare alle persone più fragili un momento di serenità e spensieratezza, oltre i bisogni primari. Le festività natalizie sono in particolare un valido motivo per andare oltre l’abituale attività di servizio.
Tra le occasioni di festeggiamento c’è stata anche la notte di Capodanno. Gli ospiti che si erano già infilati nei locali di accoglienza per sfuggire la piovigginosa serata del 31 dicembre sono stati sorpresi dall’arrivo di varie squadre di volontari a seguito dei relativi parroci: ogni gruppo coordinato a uno specifico settore, chi con pentoloni e vivande, chi con addobbi e luci natalizie, chi con chitarre tamburi e trombone, chi con impianto di diffusione, schermo e proiettore, chi si è mischiato con gli ospiti per fare le banali due chiacchere.
Non c’è voluto molto perché anche gli ospiti dimenticassero il freddo e la tristezza della giornata per aprirsi al sorriso. Anche El Sayed (questo e gli altri nomi sono di fantasia) si è finalmente tolto gli auricolari disconnettendosi dal telefonino, Mohammed ha tirato fuori una postilla islamica, per cui poteva sorseggiare un dito di spumante, Ali si è lanciato in una serie di citazioni del Corano che esaltano la figura di Maria Vergine Madre di Gesù (quanto è bello o’ Presepe), Ivan ha comunicato che la Chiesa ortodossa ucraina ha abbandonato il calendario Giuliano e si è messa al passo con il calendario Gregoriano così da sincronizzare le festività liturgiche con la Chiesa Cattolica, Antonio si è lanciato in un a-solo di “Tu scendi dalle stelle”, Peppino, quasi scoprendo solo ora, conservate da un sapiente restauro, le mura duecentesche, la finestra a bifora, le arcate gotiche affrescate della volta ha chiesto quando la chiesa di San Leonardo fosse stata sconsacrata.
Ma esiste una cerimonia di “sconsacrazione”? perché in effetti il centro storico di Viterbo, come quello di tante cittadine affette dallo spopolamento dei quartieri antichi è piena di chiese che non vengono più officiate, senza più funzioni liturgiche. In genere la prudenza delle autorità ecclesiastiche si preoccupa di togliere il Santissimo Sacramento dal tabernacolo, togliere le reliquie dei santi murate negli altari o custodite nelle teche, togliere le immagini sacre e gli oggetti di valore, poi se non ci sono preziosi lavori artistici da preservare o altre destinazioni di uso il luogo viene abbandonato (spesso la nuda proprietà è dello Stato e/o delle Belle Arti).
Non così per San Leonardo: dall’alto della volta il restaurato crocifisso sembra ripetere: “Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi.” (Mt 25,35-36). E quale liturgia è più compiuta di questa che ogni giorno trasmette nella vicenda spesso dolente dei fratelli il Sacramento, segno visibile e presenza reale, del Corpo di nostro Signore?
Scriveva la Signorina Alfieri: “Questa è la Carità che non verrà mai meno, anche in questa vita; le molte acque non la hanno potuta estinguere. A qualunque costo dobbiamo cercare di salvarla, di non scendere mai con essa la strada del meno e poi del poco e poi del nulla. La Carità va custodita nella preghiera, nella unione profonda con il Signore perché rimanga viva e cresca anche sotto le nubi. E non lasciamoci ingannare: sempre i motivi per Amare del vero Amore di Carità sono tanti di più dei motivi, se ve ne potessero essere, di non Amare. Per questo la Carità non può avere mai fine, neppure di qua. Alleluja”.
(Uno sguardo che accarezza la memoria. Dagli scritti di Tommasa Alfieri. Ed Amici della Familia Christi 2010 Viterbo pag 230).
Foto tratta dal web
Foto e video di Mario Mancini

Editore e Direttore Editoriale
Mario Mancini, nato in Roma nel 1943, dopo la laurea in scienze geologiche, con tesi in geofisica, nel 1967 e un anno di insegnamento della matematica in un istituto tecnico industriale romano, svolge per un quinquennio la sua professione di geofisico e sismologo prevalentemente all’estero, in particolare in Papua Nuova Guinea presso il Rabaul Central Volcanological Observatory e in Australia nella sezione aviotrasportata a Canberra, in entrambi i casi per la BMR Australia, intervallando le due esperienze con un viaggio di studio in Giappone nell’estate del 1970.
Rientrato in Italia nel 1972, si impiega come geofisico presso la CMP di Roma per la quale lavora per sei anni, con diversi incarichi in Italia e all’estero.
Fin da liceale, nel 1959, aveva conosciuto Tommasa Alfieri e l’Opera Familia Christi da lei fondata. La figura e la spiritualità della Signorina Masa, come i suoi discepoli chiamavano la Alfieri, resteranno per Mancini un fondamentale riferimento per tutta la vita. Laico consacrato nel gruppo maschile dell’opera già dal 1974, nel 1979 fa la scelta di dedicarsi completamente all’Opera e va a vivere nell’eremo di Sant’Antonio alla Palanzana.
Alla morte della fondatrice, nel 2000, l’intero patrimonio dell’Opera passa per testamento all’associazione Vittorio e Tommasina Alfieri, all’uopo voluta dalla stessa Alfieri e della quale Mancini era stato tra i fondatori.
Per accordi associativi, più tardi violati da persone riuscite ad assumere il controllo dell’associazione, Mancini resta all’Eremo, unica persona a risiedervi in permanenza e a occuparsene.
La nuova gestione dell’associazione, decisa a trasformare la Familia Christi da istituzione prettamente laicale e una confraternita sacerdotale anticonciliare, nel 2005 convince Mancini a dimettersi dall’associazione stessa, in cambio della promessa, purtroppo mai ratificata legalmente, di lasciargli l’Eremo.
Fino fino al 2012, questo luogo, sotto la conduzione di Mancini, che sempre nel 2005 ha fondato l’associazione Amici della Familia Christi e ha registrato presso il Tribunale di Viterbo la testata Sosta e Ripresa, anch’essa fondata da Tommasa Alfieri e della quale Mancini è direttore editoriale, svolge un prezioso compito di Centro di spiritualità e di apertura ecumenica e interreligiosa.
Nel 2012 la confraternita appropriatasi del nome di Familia Christi (poi sciolata dalla Santa Sede con riduzione allo stato laicale di tutti i suoi esponenti) in violazione degli accordi presi a suo tempo ottiene dal Tribunale la restituzione dell’Eremo.
Mancini resta a Viterbo e prosegue il suo impegno ecclesiale in vari uffici diocesani e nel comitato regionale per l’ecumenismo ed il dialogo interreligioso.