Da una testimonianza di Sergio Berbeglia
Nota della direzione
L’Associazione don Armando Marini, nella persona del suo presidente Sergio Berbeglia, a seguito dell’articolo pubblicato su Sosta e Ripresa on line il 24 marzo 2024 ha chiesto che venisse più diffusamente sviluppato l’argomento dei Santi Valentino e Ilario e la figura carismatica di don Armando Marini. Di seguito il materiale inviatoci.
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Le prime notizie risalgono all’inizio del IV secolo d.C., mentre l’impero romano è nel suo massimo potere. Il cristianesimo si sta diffondendo per tutto il bacino del mediterraneo, anche nella città etrusco-romana di Surrina alle falde occidentali dei monti Cimini, (non si ha ancora notizia di Viterbo). Proprio in quegli anni l’imperatore Diocleziano scatena una delle più terribili persecuzioni contro i cristiani. Il 3 novembre del 303 il sacerdote Valentino ed il diacono Ilario, che stavano evangelizzando Surrina, subiscono il martirio per decapitazione.
L’esecuzione avviene nei pressi del Ponte Camillario, manufatto della Via consolare Cassia che superava il fosso Urcionio tre chilometri a valle dell’attuale Viterbo. Secondo la tradizione una nobildonna, Eudossia, nasconde i corpi dei martiri che poi vengono traslati in un vicino ipogeo etrusco adattato a catacomba romana. Poco più di dieci anni dopo, con l’Editto di Costantino, viene eretta una prima cappella sul luogo del martirio a testimonianza dei due missionari. Il luogo della sepoltura diviene ben presto mèta di pellegrinaggio da parte dei devoti. Un documento del 788 parla di una ‘cella s. Valentini in Silice’, cioè una chiesetta con sepolcro posta sulla via Cassia, a due chilometri da Viterbo.
Nell’alto medioevo, la zona diventò terra di scontri tra longobardi e bizantini prima, e incursioni saracene poi e le reliquie dei martiri vennero messe al sicuro nell’abbazia di Farfa. Con lo sviluppo della città di Viterbo, le reliquie dei due Santi martiri furono traslate finalmente nella Cattedrale della città nel 1303. Erano passati mille anni, ma la devozione attesta ancora la fede per i primi evangelizzatori della piana di Viterbo. Nei secoli successivi i documenti cittadini registrano puntualmente varie iniziative per onorare i due missionari martiri, ma i luoghi della loro missione caddero nell’oblio.
Bisogna arrivare al 1971 perché l’allora vescovo di Viterbo Luigi Boccadoro istituisse la parrocchia intitolata ai Santi Valentino e Ilario (perché in un lembo estremo del suo territorio insisteva il sito dei due protomartiri) el’affidasse a don Armando Marini. Il novello parroco non aveva nemmeno la chiesa e la parrocchia, benchè destinata ad uno sviluppo urbanistico eccezionale, era ancora inesistente. Come inesistenti erano le risorse sulle quali poteva contare. L’unica struttura esistente era San Lazzaro, il cimitero cittadino, la città dei morti. Con una abnegazione eroica don Armando è riuscito a creare da niente una comunità viva e fervente, vero successore dei Santi Valentino e Ilario e della loro opera missionaria. Ma appena messa in piedi la prima chiesa provvisoria (rimasta tale circa 40 anni!) ed impostata la sua fervente comunità, don Armando sentì il richiamo dei luoghi del martirio dei titolari, luoghi ormai dimenticati e inglobati nei campi coltivati.
Con anni di lavoro da lui organizzato, fu riportata alla luce la catacomba dei martiri e fu valorizzato tutto il territorio del primo cristianesimo, intorno alla catacomba, al luogo del martirio, ai resti del ponte Camillario.
Dopo quasi 1700 anni nasce così l’”Itinerario della fede. Etrusco-Romano – Cristiano”. Viene inaugurato nel 1995, presente don Armando, che dopo la sua scomparsa resterà presente solo nella passione che aveva trasmesso ai continuatori della sua opera. Il percorso si svolge in aperta campagna, impreziosito dalle 14 stazioni della Via Crucis ideata da don Angelo Gargiuli, realizzata dall’artista Antonio Poletto, montata su blocchi di peperino, attraversa il Fosso Urcionio in corrispondenza dei resti del ponte romano Camillario (seguendo l’antico tracciato della strada consolare Cassia), arriva all’edicola dove la tradizione colloca la prima sepoltura dei due martiri, per arrivare all’ipogeo della catacomba (probabilmente una tomba etrusca riadattata).
L’associazione “don Armando Marini”, come una staffetta attraverso i secoli ed i millenni, continua a tenere viva la fede nel ricordo dei campioni del cristianesimo, curando e facendo vivere il percorso con manifestazioni e cura dei luoghi.
Le foto sono state fornite da Sergio Berbeglia