L’Eremo di Sant’Antonio alla Palanzana, sulla montagna omonima che domina Viterbo, è finito in questi giorni sulla stampa nazionale per una vicenda dolorosa per la Chiesa, attaccata da suoi esponenti, o meglio tali all’apparenza, ma di fatto scismatici. Negli articoli apparsi su tale vicenda, sembrerebbe emergere un ennesimo scontro tra cosiddetti tradizionalisti e quanti vivono la propria identità cattolica in ascolto del magistero petrino e con l’impegno di partecipare al continuo aggiornamento della pastorale e della dottrina sociale, nel dialogo interreligioso e in quello con il mondo, secondo quel “fratelli tutti” che segna, nell’amore, le scelte del pontificato di Papa Francesco. L’altra questione accennata da quanti cercano di documentarsi e di documentare i propri lettori su quanto all’Eremo sta accadendo è quella dell’opacità di movimenti di denaro che lo coinvolgono.
Su questa vicenda Sosta e Ripresa ha taciuto a lungo, il che appare almeno strano per un giornale nato proprio in quell’Eremo e oltretutto gestito da due persone, Mario Mancini che ne è stato di fatto l’editore da quando si è scelto di ottemperare alla registrazione in tribunale, e io che lo dirigo, che conoscono meglio di chiunque altro operi nell’informazione sia l’Eremo sia il modo – fraudelento – con il quale se ne impadronirono coloro che ora lo detengono e che ne hanno tradito il significato e lo scopo che spinse Tommasina Alfieri a rifondarlo.

Se finora questo giornale non è sceso nei particolari si deve a due motivi. Il primo è che della condizione ecclesiale di quei quattro tipi asserragliati all’Eremo si sta occupando la Santa Sede, che da tempo li ha sospesi a divinis e che tanto Mario quanto io nella Sapientia Ecclesiae siamo abituati a confidare. Il secondo è che non vogliamo indurre qualcuno a ritenerci mossi da rancore per aver quell’Eremo perduto. Ma una cosa siamo determinati a fare: con le poche forze che abbiamo continueremo a contrastare la vergogna che un forsennato clericalismo autoreferenziale ormai ha fatto cadere su due nomi che restano fulgidi per la loro storia e per le loro azioni, quello di Tommasina Alfieri e quello della Familia Christi, l’Opera LAICALE da lei fondata e che tanto bene ha fatto, prima che qualcuno provvedesse a tradire e a infangare loro e l’Eremo che un tempo ne era espressione.
E quel luogo abbiamo deciso di farlo raccontare ai nostri lettori proprio da Tommasina Alfieri, ripubblicando giorno per giorno il suo “Parole dall’Eremo”. Nelle prime puntate sono state riproposte le riflessioni alferiane sui luoghi che all’Eremo conducono, rimasti pressoché uguali. Nelle prossime entreremo all’interno, che non possiamo sapere come è ora, dato che da dodici anni quel luogo di accoglienza è chiuso, perché chi è dentro considera nemico chiunque non condivida la sua arrogante e mendace idea di cosa sia essere Chiesa. Tommasina Alfieri oggi su queste pagine potrà raccontare solo cosa fosse davvero quel luogo. Sono un giornalista ed è mio dovere deontologico ricercare la verità. Alla verità di “Parole dall’Eremo” io do testimonianza. Giudichi il lettore se sono un testimone credibile.

Direttore Responsabile
Giornalista professionista, ha lasciato a fine febbraio del 2016, pochi giorni dopo il suo sessantesimo compleanno, L’Osservatore Romano, il giornale della Santa Sede, dove aveva svolto la sua professione negli ultimi trent’anni, occupandosi principalmente di politica internazionale, con particolare attenzione al Sud del mondo.
Ha incominciato la sua professione giornalistica nel 1973, diciassettenne, a L’Avanti, all’epoca quotidiano del Partito Socialista Italiano, con il Direttore Responsabile Franco Gerardi. Nello stesso periodo, fino al 1979, ha collaborato con la rivista Sipario e ha effettuato servizi per l’editrice di cinegiornali 7G.
Ha diretto negli anni 1979-1980 i programmi giornalistici di Radio Lazio, prima emittente radiofonica non pubblica a Roma, producendovi altresì i testi del programma di intrattenimento satirico Caramella.
Ha poi lavorato per l’agenzia di stampa ADISTA, collaborando contemporaneamente con giornali spagnoli e statunitensi.
Nel 1984 ha incominciato a lavorare per la stampa del Vaticano, prima alla Radio Vaticana, dove al lavoro propriamente giornalistico ha affiancato la realizzazione, con altri, di programmi di divulgazione culturale successivamente editi in volume.
All’inizio del 1986 è stato chiamato a L’Osservatore Romano, all’epoca diretto da Mario Agnes, dove si è occupato da prima di cronaca e politica romana e italiana. Successivamente è passato al servizio internazionale, come redattore, inviato e commentatore. La prima metà degli anni Novanta lo ha visto impegnato in prevalenza nel documentare i conflitti nei Balcani e negli anni successivi si è occupato soprattutto del Sud del mondo, in particolare dell’Africa, ma anche dell’America Latina.
Su L’Osservatore Romano ha firmato circa duemila articoli sull’edizione quotidiana e su quelle settimanali. Ha inoltre contribuito alla realizzazione di alcuni numeri de I quaderni de L’Osservatore Romano, collana editoriale sui principali temi di politica, di cultura e di dialogo internazionali.
Collabora con altre testate, cattoliche e non, e con programmi d’informazione radiofonica e televisiva.
È Direttore Responsabile, a titolo gratuito, della rivista Sosta e Ripresa.
Ha insegnato comunicazione e politica internazionale in scuole di giornalismo e ha tenuto master di secondo livello, come professore a contratto, in Università italiane. Ha tenuto corsi, seminari e conferenze in Italia e all’estero. Ha tenuto corsi sull’attività diplomatica della Santa Sede in istituti superiori di cultura in Italia.
È autore di saggi, romanzi, raccolte di poesie, diari di viaggio, testi teatrali. Sue opere sono riportate in antologie poetiche del Novecento.
È tra i fondatori dell’Associazione Amici di Padre Be’ e della Fondazione Padre Bellincampi ONLUS, che si occupano di assistenza all’infanzia, e dell’associazione L.A.W. Legal Aid Worldwide ONLUS, per la tutela giurisdizionale dei diritti dell’uomo. Ha partecipato a progetti sociali per la ricostruzione di Sarajevo. È stato promotore e sostenitore di un progetto di commercio equo e solidale realizzato in Argentina.