Un romanzo che aiuta a capire il sud devastato del mondo
C‘è un modo per comprendere la realtà del sud devastato del mondo che non è necessariamente leggere la mole impressionante di rapporti internazionali che la descrivono e neppure gli articoli dei migliori tra i giornalisti che se ne occupano.
A volte basta una poesia, come quelle che Sosta e Ripresa ha ricordato in un recente articolo. A volte un breve, appassionato romanzo come Le rose di Agbogbloshie, di Laura Guercio, uscito tre anni fa per i tipi di AUGH! Edizioni, fondata a Viterbo nel 2015. Agbogbloshie è un sobborgo di Accra, la capitale del Ghana. Vi si trova la più grande discarica africana, e una delle più grandi del mondo, di rifiuti industriali elettronici e tecnologici. Rose nel senso di fiori non ve ne sono. Quelle del libro sono otto bambini la cui storia descrive meglio di qualunque articolo le conseguenze dell’inquinamento sulla salute di chi su quella discarica è costretto a vivere.
Laura Guercio è un avvocato con un paio gi studi, uno a Roma, dove è nata, e uno a Genova. Ma tende ad almeno raddoppiare e spesso a moltiplicare non solo i propri interessi, ma anche le proprie attività: ha un paio di lauree, Giurisprudenza e Scienze politiche, e un paio di dottorati, all’Università di Genova e al Trinity College di Dublino. Alla professione forense affiancal’insegnamento universitario. All’interno della più vasta disciplina del diritto, la sua attenzione e i suoi interessi la portano a occuparsi soprattutto di tutela dei diritti umani. È membro italiano del Management Board della Fundamental Rights Agency di Vienna e del Comitato interministeriale per i diritti Umani presso il ministero italiano degli Affari esteri.
Almeno per ora, invece, Le rose di Agbogbloshie è l’unico romanzo che ha scritto (gli altri libri sono manuali di diritto e in questa sede non trovano posto). Anzi, no. Perché chi un libro sa leggere, non solo nel racconto, ma nello stile e nell’ispirazione, capisce che la vicenda di Agboblosie le è stata ispirata probabilmente proprio dai rapporti internazionali e magari da qualche progetto al quale ha partecipato, se non altro perché la descrizione dei luoghi e dei fatti è apparsa minuziosa e precisa a quanti, come chi scrive queste righe, ad Agboblosie sono stati. Del resto, basta scorrere l’elenco delle fonti citate per convincersene.
Ma come detto, la vicenda dei personaggi del romanzo, gli otto bambini, i loro genitori, il sacerdote che vive tra loro e li assiste, una ricercatrice medica inglese che ha condotto su di loro uno studio sanitario, un giornalista anch’egli inglese che vede le sue sicurezze e le sue convinzioni rimesse in discussione dalla scoperta, sia pure a distanza, di questa realtà, conducono il lettore a rendono al lettore a comprenderne tale realtà molto meglio di qualunque rapporto che deve necessariamente basarsi su statistiche e si tragici numeri dei morti e dei malati.
Il romanzo di Laura Guercio è sicuramente una denuncia, anche cruda, di una verità che ci interpella tutti, se non altro perché nello smaltimento dei rifiuti tossici ci sono diversi gradi di illegalità, dallo gettare delle pile scariche o un telefonino rotto in un cassonetto qualsiasi, all’aggiramento delle regole da parte delle società che se ne aggiudicano i lucrosi appalti, fino agliaffari che ci fa la criminalità organizzata di tutto il mondo.
Ma è anche, in qualche modo, un romanzo di formazione, una strada attraverso la comprensione che il mondo non è diviso tra giusti e peccatori, come sostengono i fondamentalisti di ogni religione, compresa purtroppo quella cattolica, e di molte ideologie, ma un intrico di vicende nelle quali al dolore puà accompagnarsi l’amore e persino la speranza. Così il direttore di Sosta e Ripresa, che in tante tragedie del mondo, compresa Agbogbloshie, ha trascorso decenni (putroppo, perché significa che ci è invecchiato dentro) della sua vicenda professionale, pensa di poter dare un consiglio ai lettori di questa testata: in attesa che qualche altra delle sue molteplici attività suggerisca a Laura Guercio un altro romanzo, procuratevi questo. E magari vi aiuterà a capire che dall’immondizia, dai rifiuti, dal letame, come cantava Fabrizio De Andrè, possono nasce fiori. Come le otto piccole rose di Agbogbloshie.
Direttore Responsabile
Giornalista professionista, ha lasciato a fine febbraio del 2016, pochi giorni dopo il suo sessantesimo compleanno, L’Osservatore Romano, il giornale della Santa Sede, dove aveva svolto la sua professione negli ultimi trent’anni, occupandosi principalmente di politica internazionale, con particolare attenzione al Sud del mondo.
Ha incominciato la sua professione giornalistica nel 1973, diciassettenne, a L’Avanti, all’epoca quotidiano del Partito Socialista Italiano, con il Direttore Responsabile Franco Gerardi. Nello stesso periodo, fino al 1979, ha collaborato con la rivista Sipario e ha effettuato servizi per l’editrice di cinegiornali 7G.
Ha diretto negli anni 1979-1980 i programmi giornalistici di Radio Lazio, prima emittente radiofonica non pubblica a Roma, producendovi altresì i testi del programma di intrattenimento satirico Caramella.
Ha poi lavorato per l’agenzia di stampa ADISTA, collaborando contemporaneamente con giornali spagnoli e statunitensi.
Nel 1984 ha incominciato a lavorare per la stampa del Vaticano, prima alla Radio Vaticana, dove al lavoro propriamente giornalistico ha affiancato la realizzazione, con altri, di programmi di divulgazione culturale successivamente editi in volume.
All’inizio del 1986 è stato chiamato a L’Osservatore Romano, all’epoca diretto da Mario Agnes, dove si è occupato da prima di cronaca e politica romana e italiana. Successivamente è passato al servizio internazionale, come redattore, inviato e commentatore. La prima metà degli anni Novanta lo ha visto impegnato in prevalenza nel documentare i conflitti nei Balcani e negli anni successivi si è occupato soprattutto del Sud del mondo, in particolare dell’Africa, ma anche dell’America Latina.
Su L’Osservatore Romano ha firmato circa duemila articoli sull’edizione quotidiana e su quelle settimanali. Ha inoltre contribuito alla realizzazione di alcuni numeri de I quaderni de L’Osservatore Romano, collana editoriale sui principali temi di politica, di cultura e di dialogo internazionali.
Collabora con altre testate, cattoliche e non, e con programmi d’informazione radiofonica e televisiva.
È Direttore Responsabile, a titolo gratuito, della rivista Sosta e Ripresa.
Ha insegnato comunicazione e politica internazionale in scuole di giornalismo e ha tenuto master di secondo livello, come professore a contratto, in Università italiane. Ha tenuto corsi, seminari e conferenze in Italia e all’estero. Ha tenuto corsi sull’attività diplomatica della Santa Sede in istituti superiori di cultura in Italia.
È autore di saggi, romanzi, raccolte di poesie, diari di viaggio, testi teatrali. Sue opere sono riportate in antologie poetiche del Novecento.
È tra i fondatori dell’Associazione Amici di Padre Be’ e della Fondazione Padre Bellincampi ONLUS, che si occupano di assistenza all’infanzia, e dell’associazione L.A.W. Legal Aid Worldwide ONLUS, per la tutela giurisdizionale dei diritti dell’uomo. Ha partecipato a progetti sociali per la ricostruzione di Sarajevo. È stato promotore e sostenitore di un progetto di commercio equo e solidale realizzato in Argentina.