Pietro Fioretti è di nuovo uscito dalla Porta della Verità di Viterbo, per raggiungere il Convento dei Cappuccini. Era il 1693, quasi 530 anni fa, quando il giovane Pietro, infervorato dalla vista dei novizi cappuccini che sfilavano per la città e dal suo animo generoso, amorevolmente coltivato alla preghiera dalla mamma terrena, decise di realizzare la sua vocazione e dedicarsi alla Mamma Celeste nel più recente degli ordini serafici prendendo il nome religioso di Crispino. La sua effige, una statua a grandezza naturale, ha percorso lo scorso 18 giugno le vie del quartiere “Cappuccini” (appunto), portata a spalla dai confratelli del “Gonfalone” per raggiungere la chiesa dei Cappuccini dove riposano le sue vestigia mortali, ivi traslate l’anno dopo la sua canonizzazione del 1982.

Mons. Lino Fumagalli

La Santa Messa celebrata dal vescovo di Viterbo Lino Fumagalli ha degnamente concluso l’itinerario. Nell’omelia monsignor Lino ha fatto un felice accostamento tra l’apostolato dell’umile frate cercatore ed il Miracolo Eucaristico di Bolsena, per la festa canonica del Corpus Domini. entrambi centrati nella città di Orvieto: come nel pane eucaristico Gesù realizza l’unità della Chiesa nella molteplicità dei chicchi di grano, così la raccolta di San Crispino dei diversi generi alimentari (non volle mai accettare offerte in danaro) poi ridistribuita ai bisognosi ed alla Comunità conventuale rappresenta misticamente l’unità della comunità ecclesiale.

San Crispino

I Confratelli del “Gonfalone” hanno veramente fatto uno sforzo ammirevole per trasportare per mezzo chilometro la pesante statua ed incollarsela per la ripida salita del Convento in questa canicolare giornata di giugno.

San Crispino

Però piace ricordare che il giovane Pietro aveva allungato la sua salita per altri tre chilometri raggiungendo il convento “alla Montagna”, trecento metri sotto la cima del monte Palanzana. Dicono le cronache che non aveva davvero il fisico di un montanaro, tant’è che il Priore esitò ad accettarlo, vedendo il suo aspetto gracilino: “La dura regola cappuccina esige gente robusta!”. Lo fece entrare per bontà sua perché annottava, deciso a rimandarlo indietro il mattino successivo. La Provvidenza volle che l’esigente priore avesse nella notte una santa ispirazione e accogliesse nel noviziato del Convento questa santa vocazione. San Crispino rimase al convento “alla Montagna” (oggi Eremo di Sant’Antonio alla Palanzana) per tutto il suo noviziato e tante sono le tracce che lo ricordano in questo luogo, raccolte e curate dalla “Signorina Alfieri”, che negli anni ’60 salvò dal degrado il convento ormai abbandonato. Una speciale cura aveva speso per rintracciare e ripulire la povera cella del suo noviziato, affinché potesse ancora ispirare altri “Pietro” alla esigente regola della santità.

Allegate all’articolo alcune foto di Mariella Zadro sull’avvenimento del 18 luglio ed altre “rubate” dal Convento della Palanzana da una introvabile pubblicazione dell’editrice Centena precorritrice dell’editrice “Amici della Familia Christi”.

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