“La fatica è premiante”: con questa frase Padre Fabio Pallotta della congregazione fondata da San Luigi Guanella, ha voluto esprimere il senso profondo del Pellegrinaggio come fenomeno sociale. P. Fabio, che guida la “Missione Cattolica Italiana sul Cammino di Santiago” ha parlato, nella Chiesa di Santa Maria Nuova nel cuore del quartiere medievale di San Pellegrino a Viterbo, domenica 12 novembre, dei vari aspetti del pellegrinaggio, ma in particolare del Cammino di Santiago che egli cura da 30 anni. Ha ricordato come in origine, a volte, questi viaggi avessero una spiccata connotazione penitenziale, nel senso sacramentale del termine: al termine della confessione di un peccato particolarmente grave la penitenza fosse proprio quella di andare, non necessariamente a piedi, a venerare, in una località particolarmente significativa dal punto di vista religioso, la tomba di un apostolo, la Terra Santa, un santuario mariano, ecc. Quale differenza con le motivazioni degli odierni pellegrini, che vanno da quella tradizionalmente devozionale a quella sportiva a quella turistica a quella di moda. Eppure, nel suo ministero al servizio dei pellegrini, oltre un milione all’anno quelli di Santiago, P. Fabio ha constatato al fondo della maggioranza dei suoi contatti una profonda ricerca di senso. Se l’essere umano perde il senso della sua vita, il significato della sua esistenza, il perché del suo essere al mondo, la vita diventa intollerabile. Per questo il superare le difficoltà, il vincere i propri limiti, il raggiungere una mèta genera gratificazione: la fatica è premiante, sei riuscito in quello che hai intrapreso.
Ma questo non può che essere il primo passo: il pellegrinaggio deve avere una mèta altrimenti è solo un vagabondare senza senso: il cammino è funzionale alla mèta e questa mèta è sì un luogo fisico, ma rappresenta il raggiungimento di un equilibrio interiore.
L’incontro è stato ospitato dagli Amici della Via Francigena di Viterbo, molti dei quali hanno già vissuto l’esperienza del Cammino di Santiago e svolgono il loro volontariato accogliendo i pellegrini diretti a Roma (i Romei). L’associazione di Viterbo, infatti, ha creato nei locali annessi alla chiesa di San Pellegrino un “Hospitale” per il pernottamento ed il ristoro (materiale e spirituale) dei Romei diretti alle tombe degli Apostoli. Anche l’associazione Amici del Beato Domenico della Madre di Dio è stata coinvolta in questo movimento europeo: già da tempo all’esterno della chiesa di S Maria di Castel d’Asso è disponibile il timbro da apporre sulle credenziali dei pellegrini. Gli amici della Francigena stanno preparando un cippo da mettere in corrispondenza di questa chiesa per segnalare gli ultimi 100 Km da San Pietro, distanza decisiva al fine di ottenere il “Testimonium” petrino della Basilica.
L’associazione del Beato Domenico sta studiando la realizzazione di un analogo cammino di pellegrinaggio sulle tracce del Passionista viterbese che percorse tutte le West Midlands inglesi e fece rifiorire il cattolicesimo e l’abbraccio con i “fratelli separati” dopo secoli di persecuzione e lotte di religione. Le sue spoglie riposano nel Santuario di Sutton, vicino Liverpool, dove sono ancor oggi venerate con grande devozione. L’associazione ha già preso contatti con gli amici inglesi per tracciare l’itinerario che partendo da Londra segua le tappe significative dell’opera del Beato Domenico e di San Jhon H. Newman il suo più importante convertito sul suolo inglese.
Scriveva la Professoressa Tommasa Alfieri in “Alloggiare i Pellegrini” (Uno sguardo che accarezza la memoria. Ed Amici della Familia Christi 2010 Viterbo pagg 245-246):
… Ma l’ospitalità assurge alla sua grandezza vera quando dietro l’ospite c’è per noi Qualcuno, quando in colui che viene riconosciamo una nuova presenza del Cristo che bussa alla nostra porta; quando ricordiamo che per lo splendido mistero del Corpo Mistico, qualunque cosa che tocca le membra attinge il Capo e qualunque situazione delle membra è assunta dal Capo.
“Fui pellegrino…” e ci siamo accorti che era Lui a passare e a venire da noi … tanto più quanto più l’ospite ci ha fatto pensare a Chi “non aveva una pietra dove posare il capo” (Lc. 9, 58).
Allora l’ospitalità è un atto di Fede, di Amore di riconoscenza.
Nella foto del titolo, di Maurizio Pinna: la formella medievale sull’opera di misericordia corporale Alloggiare i pellegrini nella cornice del portale della chiesa viterbese di Santa Maria della Salute.
Nel testo una foto di Mariella Zadro,: padre Fabio Pallotta e Mirto don Vincenzo, diacono permanente dell’associazione Amore ci della via Francigena, durante la celebrazione di domenica 12 novembre.
Editore e Direttore Editoriale
Mario Mancini, nato in Roma nel 1943, dopo la laurea in scienze geologiche, con tesi in geofisica, nel 1967 e un anno di insegnamento della matematica in un istituto tecnico industriale romano, svolge per un quinquennio la sua professione di geofisico e sismologo prevalentemente all’estero, in particolare in Papua Nuova Guinea presso il Rabaul Central Volcanological Observatory e in Australia nella sezione aviotrasportata a Canberra, in entrambi i casi per la BMR Australia, intervallando le due esperienze con un viaggio di studio in Giappone nell’estate del 1970.
Rientrato in Italia nel 1972, si impiega come geofisico presso la CMP di Roma per la quale lavora per sei anni, con diversi incarichi in Italia e all’estero.
Fin da liceale, nel 1959, aveva conosciuto Tommasa Alfieri e l’Opera Familia Christi da lei fondata. La figura e la spiritualità della Signorina Masa, come i suoi discepoli chiamavano la Alfieri, resteranno per Mancini un fondamentale riferimento per tutta la vita. Laico consacrato nel gruppo maschile dell’opera già dal 1974, nel 1979 fa la scelta di dedicarsi completamente all’Opera e va a vivere nell’eremo di Sant’Antonio alla Palanzana.
Alla morte della fondatrice, nel 2000, l’intero patrimonio dell’Opera passa per testamento all’associazione Vittorio e Tommasina Alfieri, all’uopo voluta dalla stessa Alfieri e della quale Mancini era stato tra i fondatori.
Per accordi associativi, più tardi violati da persone riuscite ad assumere il controllo dell’associazione, Mancini resta all’Eremo, unica persona a risiedervi in permanenza e a occuparsene.
La nuova gestione dell’associazione, decisa a trasformare la Familia Christi da istituzione prettamente laicale e una confraternita sacerdotale anticonciliare, nel 2005 convince Mancini a dimettersi dall’associazione stessa, in cambio della promessa, purtroppo mai ratificata legalmente, di lasciargli l’Eremo.
Fino fino al 2012, questo luogo, sotto la conduzione di Mancini, che sempre nel 2005 ha fondato l’associazione Amici della Familia Christi e ha registrato presso il Tribunale di Viterbo la testata Sosta e Ripresa, anch’essa fondata da Tommasa Alfieri e della quale Mancini è direttore editoriale, svolge un prezioso compito di Centro di spiritualità e di apertura ecumenica e interreligiosa.
Nel 2012 la confraternita appropriatasi del nome di Familia Christi (poi sciolata dalla Santa Sede con riduzione allo stato laicale di tutti i suoi esponenti) in violazione degli accordi presi a suo tempo ottiene dal Tribunale la restituzione dell’Eremo.
Mancini resta a Viterbo e prosegue il suo impegno ecclesiale in vari uffici diocesani e nel comitato regionale per l’ecumenismo ed il dialogo interreligioso.