a cura di Don Gianni Carparelli
Dopo un Incontro-Ritiro dove aleggiava lo Spirito… come nelle prime righe della Bibbia “… e lo Spirito di Dio aleggiava sulle acque…”, della nostra vita, aggiungo io. Il Padre che ci ha guidato nella riflessione è il Padre gesuita Gaetano Piccolo, della Università Gregoriana, alunno del nostro Vescovo Piazza. Ha condiviso con noi, sacerdoti della Diocesi, una sua riflessione sulla “notte” che mi riportò alla mente san Giovanni della Croce e la sua “Notte dello Spirito” e anche la sofferenza di Madre Teresa (vedi il suo “Sii la mia luce”) che pure riuscivano a intravedere la luce mentre passavano per la notte oscura.
La “notte” meditava Padre Piccolo può diventare lo spazio di Dio. La notte può essere il luogo del dubbio, della speranza, della luce. Qui riporto quello che ho vissuto io durante la meditazione stimolato spiritualmente dalle parole gentili del Padre. C’è una notte che non può accecare il sole che è sempre in arrivo. La vita presenta anche tante belle visioni di luce. Questa speranza ed esperienza hanno radici che si perdono nel tempo della vita umana su questa terra. E i popoli l’hanno sentita e vissuta narrandola anche nelle loro tradizioni.
Pensavo, mentre navigavo dentro la sofferenza che distrugge la pace di tanti attorno a noi, al ciclo della notte e del giorno che ripropone sempre da migliaia di anni e secoli, i cammini umani. Gli Egizi avevano la barca solare di Cheope ora all’interno della necropoli di Giza e che trasportava il faraone Cheope nell’aldilà, verso l’occidente. Trasportava il sole rigenerato ogni giorno all’alba e diventato il simbolo religioso di rinascita dalla morte a nuova vita. Non deve essere stato facile per i nostri antenati agli inizi del loro processo di coscientizzazione trovarsi nella oscurità totale e poi imparare a sperare che la luce sarebbe tornata. E poi il cammino della coscientizzazione spirituale di fronte alla notte dello spirito e il desiderio speranza di rivedere la “luce interiore” che permette di andare avanti nella vita.
Manzoni nel cap. 21 dei Promessi sposi narra dell’Innominato e del suo dramma notturno dopo il colloquio con Lucia. Alla fine le parole della giovane lo aiutarono a vedere la luce di una vita nuova. E il racconto dei campi di concentramento, nel romanzo “La Notte” di Elie Wisel? La visione dei tre condannati alla impiccagione, tra cui un bambino, Pipel, spingono altri a domandarsi: “Dov’è dunque Dio?”. E una voce interiore che diceva: “…Eccolo: è appeso a quella forca…”.
Mentre il padre Gaetano entrava nel nostro animo parlandoci dolcemente del Signore Gesù, luce delle genti, che nel buio della storia illumina i cammini che anche noi dobbiamo costruire e pavimentare… io andavo con la mia mente e spero anche con il cuore ai tanti che sono spinti ad affogare nelle tenebre di una storia a loro imposta dal male che abita nel cuore umano non ancora umano. Anche a me capita di sentirmi nel buio dello spirito. Il Padre ha suggerito alla fine due domande che dobbiamo farci: la prima “Quale nome ha la mia notte?”. Guardiamola in faccia senza paura. E la seconda: “Quali sono le luci accese nella mia notte”. Perché ci sono, basta guardarsi intorno con umiltà.
C’è anche la Luce delle Genti. L’inno di Sant’Ambrogio, “Vieni redentore delle genti”, è l’inno della speranza che non delude, è lo spirito del Giubileo 2025. Il nostro Giosy Cento canta: “Prendimi per mano Dio mio, guidami nel mondo a modo tuo. La strada è tanto lunga e tanto dura, però con te nel cuor non ho paura”. Sentiamo questa “presenza” e andiamo.
