TUSCIA
Cristiana e bigotta sei tale
preti in carriera e faccendieri il tuo male,
vicina a Roma come borgata trattata,
papalina per vizio incallita,
rimasta al settecento senza successo,
democristiana d’indole così hai vissuto,
le tue bellezze son tali
il fascino dei profferli
è tale per le forme dei capitelli
adesso strappate come mali.
I natali mi hai dato
ma qui mai ho sentito di essere nato,
ad ogni elezione dalla capitale,
ti promettono un futuro senza uguale
dopo tutto, rimane tale e quale,
famosa Viterbo per il conclave infinito
dai viterbesi deriso.
La natura ti è stata benigna
la stirpe tua abitante, invece maligna,
le tue bellezze degne di Vitruvio
mai valorizzate come si deve,
i tuoi Cimini capezzoli lascivi
di una baldracca consunta,
per una città dalle cento fontane
con le donne tutte puttane.
I tuoi laghi con fresche e chiare acque
rimasugli di lacrime invano versate.
Tuscia donna suadente,
coi boccoli del colore invogliante
delle etrusche brocche.
Il tuo fascino comunque rimane
senza niente di uguale,
la tua discendenza etrusca
simbolo e marchio di gloria.