“Da San Giuseppe, si nomina un’altra parrocchia del mio paese. Questa è gloriosa per possedere la macchina del Redentore, grande, roseo, bellissimo, con gli occhi celesti, e un’incredibile ferita sul fianco, che si porta in processione, la sera del Sabato Santo, prima che cali il sole, correndo, con un seguito di tronchi enormi che fanno selva. Lungo il suo viaggio, dalle finestre, si sparano fucilate in aria: le campane si sciolgono e suonano a festa. Mentre questo accade, giunta la processione in cima alla piazza, il Cristo risorto che molleggia, portato a spalla, sopra un mare di teste, come nave in mezzo aduna burrasca, si volta e, con il braccio alzato, posa e benedice il popolo genuflesso, pieno di felicità e di benessere, già col sapore delle uova pasquali in bocca”.
Non c’è migliore descrizione “Dal Sole a Picco” di Vincenzo Cardarelli del 1952 di questa unica manifestazione, nel suo genere, nel territorio della Tuscia.
Ci troviamo a Corneto, attuale Tarquinia, e le prime notizie risalgono al 1778, dove si legge di una statua della Resurrezione, di legno, portata a spalla dai membri componenti la Corporazione dei falegnami, che veniva portata in processione il giorno di Pasqua.
Ogni elemento che compone la processione, ha un simbolo ed una storia ricca di particolari: i portatori, gli sparatori, i tronchi, i lampioni, lo stendardo, fanno corpo per trasportare il “Cristo che corre” a passo spedito, accompagnato dalla banda cittadina.
Col passare degli anni, molte ricerche, sono state organizzate da appassionati di storia e studiosi delle tradizioni popolari. Al termine, tutti hanno concordato, dopo aver comparato fatti e documenti, che la versione più giusta fosse quella risalente al 1778.
Però ci piace ricordare, che la realizzazione della statua del Cristo Risorto viene fatta risalire intorno 1832. Secondo la leggenda, la statua sarebbe stata ricavata da un tronco d’albero finito sulla riva del mare, di Tarquinia. Un condannato ai lavori forzati del penitenziario di Porto Clementino, l’avrebbe realizzata e venduta poi, alla Confraternita di San Giuseppe per 122 scudi.
La leggenda riferisce ancora che l’autore, compiuta l’opera, rimase accecato per volere divino affinché non potesse crearne altra della stessa bellezza.
Leggenda o storia? storia o leggenda?
Tra fede e folclore, emozioni, applausi, e segni di croce.