L‘iniziativa “Nonni e nipoti” organizzata dalla Caritas e dalle Acli di Viterbo ha vissuto una signigicativa tappa questa settimana presso gli Orti Solidali, il progetto avviato da ormai quattro anni dalla diocesi.
Un appropriato sistema di illuminazione ha consentito ai partecipanti all’incontro di valorizzare le opere di artigianato artistico quivi esposte, quelle di Roberto Bassetti che realizza strutture in acciaio “Metal Draft Art” e quelle di Serhat Ozdemir, che crea le sue espressioni artistiche con il rame.
La Santa Messa è stata presieduta da don Claudio Sperapani, parroco nel quartiere di Santa Barbara, nel quale si trovano gli Orti.
Don Claudio, che durante i 69 giorni della quarantena ha avuto modo di partecipare alla coltivazione degli Orti, ha preso spunto proprio da questa esperienza per la riflessione tenuta all’omelia.
“Noi tutti abbiamo le gambe che corrono troppo”, ha detto il sacerdote, invitando i presenti a riscoprire il valore del silenzio e sottolineando che “l’attività svolta in questo ambiente, permette di riscoprire i rumori della natura”. In proposito, don Claudio ha fatto riferimento a quanto disse Papa Francesco il 27 marzo, in una San Pietro deserta: “Pensavamo di stare bene in un mondo malato”.
Secondo il celebrante, coltivare i prodotti della terra è un modo significativo per educarsi sia al rispetto della natura, sia alla preghiera e, con essa, alla scoperta dei valori cristiani. Di modo che a suo giudizio gli Orti Solidali, possono essere considerati un luogo di crescita umana nel bene.
Il senso di una comunità concorde in questa convinzione si è reso palese all’offertorio, quando una bambina ha presentato all’altare il progetto Nonni e nipoti, Alessia De Lucia dell’Università di Firenze, al quale partecipa, un manufatto etnico ed alcuni assegnatari degli appezzamenti degli Orti solidali, accompagnati dal presidente delle Acli viterbesi, Renzo Salvatori, prodotti del raccolto giornaliero.
Gesti simbolici con i quali, insieme con il pane e con il vino, le specie eucaristiche, tutta una comunità offre al Signore, deponendolo sull’altare, quello che ha: gioia e dolori, privazioni e ricchezze, fatica, lavoro ed il loro prodotto.
Anche questo, insieme al Corpo e Sangue di Cristo, da nutrimento materiale si fa nutrimento spirituale di tutta una comunità, delle generazioni di nonni e di nipoti.