V domenica T.O./C
Oggi, in Castel d’Asso, durante la S. Messa alla chiesetta rurale “S.Maria Mater Amabilis”, chiesetta in cui si venera il Beato Domenico, don Gianni Carparelli, padre spirituale dell’Ass.ne “Amici del Domenico della Madre di Dio-Aps”, ha proposto riflessioni sul vangelo odierno utilizzando un quadro di Botero. Unire arte e fede, per un sacerdote di elevata cultura qual è lui, non è certo difficile, ma riuscire a comunicare ciò a chi ascolta non è per niente semplice. Lui, comunque, in ciò è bravissimo: prova ne sia che durante la solita agape molti di noi erano a parlare di ciò che lui aveva osservato e proposto durante l’omelia stessa.
A seguire quanto da lui, in sintesi, espresso :
“Occhi aggressivi contro uno sguardo umile, mentre lo sguardo del credente che crede entra nell’animo senza ferire o aggredire. Ci si sente “veduti” senza essere “guardati”, non guardati senza essere “veduti”. Uno sguardo gentile è come l’aprire una porta senza toccarla, o senza forzare. Gesù alza gli occhi verso i discepoli e dice… Beati… Beati… Sarà che quando disse: Guai a voi… Guai… erano gli inguaiati che lo guardavano con stizza e rabbia? Mi ricorda un dipinto di Botero “Gesù e la moltitudine-Jesus y la multitud” (2010). Osservate il dipinto e il gioco degli sguardi. A volte l’arte entra meglio nell’anima e nella vita più di ogni omelia-predica. Lo sguardo verso il basso esprime umiltà e gentilezza che aiuta il contatto vero e l’empatia. Botero riesce a calare Gesù nel quotidiano. Sembra che nessuno sia interessato a Lui. Ma noi siamo interessati a chi con gli occhi bassi aspetta un sorriso e un aiuto? Apriamo questa benedetta “porta” di una vita e una presenza presente, non distante e artificiale, piena di frasi, anche ben pronunciate, che mai però, diventano parola di vita.””
All’inizio della celebrazione sono arrivate, per timbrare le loro credenziali, due pellegrine che hanno colto l’occasione per assistere alla S. Messa. Ne sono rimaste entusiaste anche e sopra tutto nei contenuti relativi alla “porta santa che deve essere una porta interiore spirituale più che una porta fisica anche se artistica, apriamo la porta che è dentro di noi offrendo noi stessi agli altri divenendo le mani misericordiose del Cristo” questa la conclusione dell’omelia.
a destra , le pellegrine, Elisabetta e Mathilde da Cuggiono (MI)