I camici bianchi continuano a morire per mancanza di strumenti di protezione epidemiologica
Medici, infermieri ed operatori sanitari sono senza i presidi sanitari di difesa biologica – si chiamano così – cioè senza le protezioni utili per affrontare questa epidemia, a partire dalle stracitate mascherine. In questo momento negli ospedali, negli ambulatori e negli studi dei medici di famiglia ne servirebbero decine di migliaia al giorno. E non ci sono.
In attesa che diano risultati le misure prese in merito, a partire dalla riconversione di alcune fabbriche tessili per produrle, le conseguenze hanno la dolorosa evidenza dei bollettini.
Al 30 marzo sono 63 i medici morti per cause collegabili al coronavirus, circa quattromila gli infermieri contagiati, secondo il loro ordine professionale.
Che il coronavirus abbia mostrato delle défaillance nella sanità italiana è purtroppo un fatto evidente.
Ciò detto, ci sono due modi, non certo in contraddizione, per riflettere sul prezzo che a questa epidemia stanno pagando medici, infermieri, operatori sanitari in genere. Uno, che dovrebbe appartenere prima che ai lettori di questo giornale e di ogni altro, soprattutto a coloro che li scrivino, è evitare di abbandonarsi sia a esaltazioni emotive sia ad altrettanto emotivi sdegni, magari ricordandosi di quanto la stampa possa contribuire – e lo fa spesso – ad alimentare sentimenti “di pancia” più che di cuore, che si traducono sempre in quei populismi, indotti e fruttati da forze e interessi beceri, all’origine di tanta violenza sociale.
L’altro, ancora più rilevante per quanti di questa testata condividono l’ispirazione cattolica, lo suggerisce direttamente il Vangelo: “Nessuno ha un amore più grande di chi dà la vita per i suoi amici” Gio 15,13). Ma dare la vita ha un duplice significato, quello di sacrificarla e quello di spenderla. E quegli operatori sanitari, tutti del servizio pubblico, che oggi tutti chiamano eroi perché pagano più di tutti – insieme ai vecchi, soprattutto quelli negli ospizi, ai poveri, agli esclusi – il costo umano di questa battaglia contro l’epidemia che li vede in prima linea, sono gli stessi che tante volte sono stati denigrati, se non aggraditi, dall’esasparazione – indotta e cavalcata da forze e interessi beceri – contro le magagne di quella stessa sanità pubblica, che pure ci sono, ma non certo per resposabilità di chi ci lavora.
Laura Ciulli è una giornalista cattolica e una poetessa. Nel primo di questi aspetti ha svolto la sua attività come redattrice presso alcuni quotidiani online e come responsabile di cronaca giudiziaria e speaker radiofonica in varie emittenti viterbesi e della Sardegna. Ha co-fondato e ha diretto la testata TusciaMagazine.it, e da un anno la testata InfiniteRealtà.it. Corrispondente da Viterbo per Radio Radio nella trasmissione Doppia Vela Ventuno, realizzata in collaborazione con il ministero dell’Interno e con la questura di Viterbo e varie questure delle province del Lazio. L’ultimo impegno che ha assunto è la vicedirezione della testata giornalistica Sosta e Ripresa, fondata da Tommasa Alfieri, della quale ha ideato la versione online. Collabora anche con le testate online Il punto quotidiano.it e Ponte Adriatico.
Giornalista cattolica, dunque, come testimonia non solo la sua militanza durata per molto tempo nell’Unione Cattolica Stampa Italiana (UCSI), che di per se stessa non costituirebbe una prova valoriale, e forse neppure il fatto che abbia frequentato l’Istituto di Scienze Religiose San Bonaventura da Bagnoregio, ma soprattutto la determinazione a improntare sempre più la sua attività pubblicistica e comunicativa all’attenzione peculiare alla verità, al confronto e alla verifica con la verità di ogni evento e di ogni notizia che il giornalismo cattolico dovrebbe avere. La sua crescita professionale in questo senso è stata continua, fin dalle prime giovanili esperienze. In questo si ascrive il servizio, a titolo completamente gratuito, che presta a Sosta e Ripresa, il giornale fondato da Tommasa Alfieri, un tempo periodico solo cartaceo e trasformato in quotidiano online soprattutto grazie al suo personale impegno. Un impegno sostenuto da un sempre più approfondito confronto con gli scritti della fondatrice e con il suo magistero laicale. Socia Anps, Associazione Nazionale Polizia di Stato, socia fondatrice del Gruppo Volontari Sezione Anps Viterbo, donatrice Avis ed iscritta al Gruppo DonatoriNati della Questura di Viterbo.
Come poetessa Laura Ciulli ha all’attivo alcune premiazioni e selezioni in concorsi nazionali come Aletti editore, Premio letterario IBISKOS, Associazione Amici dell’Umbria, Centro Culturale Internazionale d’Arte SEVER. Secondo la professoressa Biondolillo, quotata critica d’arte, “Accostarsi alla poesia di Laura Ciulli è come attraversare i sentieri di un mondo spirituale ove troviamo l’Io tramite un linguaggio poetico della ricercatezza del verso basato sull’accostamento della parola densa di significato concentrato sull’acquisizione dell’essenzialità…”