Ho letto, anzi divorato, l’intervista di Camilli con il Vescovo Piazza, del 9 febbraio scorso. Hanno affrontato tutto, anche se manca una “cosa”, della quale ho poi parlato con la piccola comunità di Castel d’Asso e proponendo una idea-proposta. Lo dirò in chiusura di questa mia riflessione.

Non manca perché non c’è, ma perché a chi legge di corsa potrebbe sfuggire. Il Vescovo stimolato dalle domande del giornalista, ovviamente ben preparate, non vuole solo dare degli elementi per riflettere, ma credo voglia anche  scuotere le nostre coscienze. Perché siamo addormentati e non solo a Viterbo. Addormentati i credenti e le loro guide dette spirituali, non raramente preoccupati più del fare che dell’essere, addormentati i nostri amministratori che spesso discutono sul nulla, addormentate tante organizzazioni e organismi esecutivi che si autoelogiano con depliant programmatici… basterebbe partecipare a tanti dei nostri incontri per respirare aria non troppo viva e compresi i miei. Si parla, meglio anzi dire che si chiacchiera e alla fine si parla di cambiare tutto per non cambiare nulla.

I temi affrontati nella intervista? Ve li ricordo mettendoci anche del mio: come vivere la presenza di Santa Rosa e non solo perché c’è la macchina; come educare alla sensibilità spirituale i facchini e organizzatori della festa e non solo con una preghiera; il problema dei detenuti e il dopo carcere; lo sfruttamento del lavoro e il caporalato strisciante anche nelle nostre campagne; la dichiarazione formale della santità di Rosa invocata come tale comunque; come portare le devozioni a vivere, per le nostre strade, il Vangelo;  il senso di responsabilità personale e sociale che a volte sembra un po’ carente e annacquato; come portare i giovani delle scuole a vivere il volontariato coinvolgendosi personalmente; come educare le persone a una sensibilità per una politica a servizio e non all’essere serviti; il rispetto e l’accoglienza alla comunità LGBT+ che ha avuto l’onore  di essere presentata per prima e credo perché attira di più l’attenzione di molti abituati da tempo a considerare questo settore della comunità come una realtà da nascondere e della quale la Chiesa aveva timore di parlare.

Non manca una attenzione rispettosa a persone malate come lo SLA e altre condizioni difficile retaggio della età… Nella intervista non hanno sottaciuto nulla e questo non mi ha meravigliato affatto, tutt’altro. Le porte si stanno aprendo, le porte della vita e della realtà. Questo “aprire” e “spalancare” a me piace immensamente. E’ come una colomba di sole e meraviglia che si apre sul grigio di una realtà nella quale non vogliamo affogare. Su questo ho parlato in Chiesa oggi e illustrando un dipinto di Magritte: “La grande famiglia”, del 1963 e gioiello del surrealismo.

L’intervista termina con una domanda sui pannelli nel muro dell’ospedale vecchio e le polemiche sulla sua opportunità o no. Giustamente il Vescovo non entra nella polemica, ma il desiderio di vedere Viterbo più bella è di tutti noi che passeggiando soprattutto per il centro storico siamo obbligati a vedere il degrado culturale che oscura la bellezza della storia. Tornando a Santa Rosa portare a casa la Santa è portarla in una casa non trascurata o semi-abbandonata. L’andare della macchina dovrebbe essere metafora di una giovane donna che aprendo il suo grembiule per aiutare i poveri si accorge di avere in grembo delle rose profumate. E qui faccio un volo: quelle rose dovremmo essere noi che diventano pane per chi ha fame e sete di giustizia. Spesso questo desiderio non esce dal desiderare e resta congelato in una speranza che aspetta senza darsi da fare per dare corpo e vita al desiderio e alla speranza. La bellezza di Viterbo, sottolinea il Vescovo,  non è solo nei progetti culturali, ma anche nella consapevolezza e la coscienza di ogni cittadino. C’è un cammino di “insiemità” che deve trovare spazio in una “sinodia” ancora da inventare. Potrebbe un “Sinodo diocesano” aiutare a svegliare le coscienze? Non lo so, ma che non termini con un volume-documento per il CEDIDO.

E qui termino mettendo in luce quello che manca nella intervista o che, meglio, può sfuggire al lettore frettoloso. Cosa possiamo fare noi per dare una mano ai cammini suggeriti dal vescovo nella intervista e in altre occasioni che ben conosciamo?

Ai miei amici e amiche della Ass.ne Beato Domenico Barberi ho fatto una proposta alla quale si stanno unendo altri. Incontriamoci. Rileggiamo insieme l’intervista. Evidenziamo gli ambiti dove possiamo essere presenti. Come nostro impegno, insieme al Gavac, già stiamo assicurando a ex detenuti un alloggio e sostegno, non solo auguri e preghiere.

Vorrei allargare il concetto di Ecumenismo che non è solo abbracciare gli anglicani o i protestanti o altri. E’ abbracciare tutti e tutto. Che in ogni parrocchia o almeno forania, ci sia un incontro formativo mensile e ben pianificato per diventare parte della soluzione. Prima di aprire porte di bronzo già aperte, apriamo il nostro sguardo e la nostra attenzione.

Il Vescovo sta mettendo in moto, con coraggio e competenza, la macchina della presenza… ma senza carburante non ci si muove. E’ ora di svegliarci e diventare il carburante per il cammino. Aiutiamo il Vescovo, la Chiesa, le istituzioni. Non basta dire cosa si dovrebbe fare. Facciamolo se possiamo, insieme… e allora il grido “… semo tutti d’un sentimento?” avrà un senso e non solo un applauso annuale.

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