Dopo diciannove giorni di esposizione del corpo del beato Carlo Acutis, il principio di precauzione contro il pericolo del contagio del Covid-19, ha imposto lunedì scorso, 19 ottobre, la chiusura della sua tomba, rimasta aperta alla venerazione dei fedeli per diciannove giorni ad Assisi, nella chiesa di Santa Maria Maggiore-Santuario della spogliazione di san Francesco.

Il 10 ottobre, nella basilica di san Francesco c’era stata la cerimonia di beatificazione, presieduta dal cardinale legato Agostino Vallini. Per diciannove giorni, quindi, davanti al corpo di quel giovane, morto a quindici anni a Monza il 12 ottobre 2006, c’è stato un pellegrinaggio ininterrotto di oltre quarantamila persone. Un numero ben più che decuplicato da quanti, come chi scrive, hanno partecipato a questo pellegrinaggio solo a distanta, attraverso i mezzi di comunicazione televisivi ed informatici.
La sola diretta Facebook della Messa del 1° ottobre seguita dall’apertura alla venerazione della tomba è stata seguita da oltre 570.000 persone.
Del resto, proprio l’informatica era stato lo strumento della testimonianza di questo giovane che, tra l’altro, progettò e realizzò una mostra virtuale sui miracoli eucaristici, che ha fatto e continua a fare il giro del mondo, con esposizioni nelle parrocchie, viste da milioni di persone.
Prorio di questo aspetto scrisse l’anno scorso Papa Francesco nell’Esortazione apostolica Christus vivit, pubblicata dopo il Sinodo dei vescovi sui giovani: “Ha saputo usare le nuove tecniche di comunicazione per trasmettere il Vangelo, per comunicare valori e bellezza. Vedeva che molti giovani, pur sembrando diversi, in realtà finiscono per essere uguali agli altri, correndo dietro a ciò che i potenti impongono loro attraverso i meccanismi del consumo e dello stordimento. In tal modo, non lasciano sbocciare i doni che il Signore ha dato loro, non offrono a questo mondo quelle capacità così personali e uniche che Dio ha seminato in ognuno”.
Diciannove giorni, dunque, un tempo di grazia, in questo periodo che per l’umanità tutta è segnato dalla sofferenza, un tempo che potrà rinnovarsi quando questa pandemia terminerà, sarà sconfitta.

Carlo Acutis era nato a Londra, dove il padre lavorava, il 3 maggio 1991. Pochi mesi dopo la sua famiglia tornò in Italia, a Milano, dove Carlo visse fino alla morte, come detto il 12 ottobre 2006 a Monza, nell’ospedale San Gerardo dove era stato trasportato d’urgenza tre giorni prima. La sepoltura ad Assisi si deve al suo desiderio, più volte espresso, di riposare nel cimitero della città di Francesco.
All’inizio dello scorso anno, dopo che la sua fama di santità si era diffusa in tutto il mondo, il corpo era stato riesumato e traslato nel santuario della Spogliazione. Correva all’epoca una voce insistente che il corpo non presentasse segno di corruzione, voci che aveva giustamente smentito il l’arcivesco-vescovo di Assisi-Nocera Umbra-Gualdo Tadino, monsignor Domenico Sorrentino, precisando che era stato trovato “nel normale stato di trasformazione cadaverica”. Nonostante questo, visto che non sono passati molti anni dalla sepoltura, il corpo di Carlo “aveva le varie parti ancora nella loro connessione anatomica. Per consentire quindi ai fedeli di poterlo vedere, sono state utilizzate alcune tecniche di conservazione e integrazione con cui solitamente vengono trattati i corpi dei beati e dei santi che saranno poi esposti per la venerazione dei fedeli”, aveva spiegato monsignor Sorrentino, sottolineando che “quest’operazione è stata svolta con arte e amore”.

La chiusura della tomba è avvenuta dopo una solenne concelebrazione eucaristica presieduta dal vescovo Marcello Semeraro, nominato appena quattro giorni prima prefetto della Congregazione delle cause dei Santi.
Con lui hanno concelebrato lo stesso Sorrentino, il vicario generale della diocesi di Assisi, monsignor Jean Claude Kossi Anani Djidonou Hazoumé, il rettore del Santuario della Spogliazione, padre Carlos Acácio Gonçalves Ferreira, e numerosi altri presbiteri.
“Abbiamo sotto i nostri occhi l’immagine di un giovane che si è giocato la vita puntando su Cristo. Sono molti gli aspetti che rendono affascinante la sua figura”, ha detto all’omelia il vescovo Semeraro, ricordando una frase di Carlo Acutis, secondo il quale “tutti nascono come originali, ma molti muoiono come fotocopie”, una frase che “rappresenta un messaggio per i giovani di oggi, insegnando che accettare l’amicizia di Dio è una scelta che ci rende veramente felici”.
Laura Ciulli è una giornalista cattolica e una poetessa. Nel primo di questi aspetti ha svolto la sua attività come redattrice presso alcuni quotidiani online e come responsabile di cronaca giudiziaria e speaker radiofonica in varie emittenti viterbesi e della Sardegna. Ha co-fondato e ha diretto la testata TusciaMagazine.it, e da un anno la testata InfiniteRealtà.it ed è attualmente corrispondemte da Viterbo per Radio Radio nella trasmissione Doppia Vela Ventuno, realizzata in collaborazione con il ministero dell’Interno e con la questura di Viterbo. L’ultimo impegno che ha assunto è la vicedirezione della testata giornalistica Sosta e Ripresa.
Giornalista cattolica, dunque, come testimonia non solo la sua militanza durata per molto tempo nell’Unione Cattolica Stanpa Italiana (UCSI), che di per se stessa non costituirebbe una prova valoriale, e forse neppure il fatto che abbia frequentato l’Istituto di Scienze Religiose San Bonanentura da Bagnoregio, ma soprattutto la determinazione a improntare sempre più la sua attività pubblicistica e comunicativa all’attenzione peculiare alla verità, al confronto e alla verifica con la verità di ogni evento e di ogni notizia che il giornalismo cattolico dovrebbe avere. La sua crescita professionale in questo senso è stata continua, fin dalle prime giovanili esperienze. In questo si ascrive il servizio, a titolo completamente gratuito, che presta a Sosta e Ripresa, il giornale fondato da Tommasa Alfieri, un tempo periodico solo cartaceo e trasformato in quotidiano online soprattutto grazie al suo personale impegno. Un impegno sostenuto da un sempre più approfondito confronto con gli scritti della fondatrice e con il suo magistero laicale.
Come poetessa Laura Ciulli ha all’attivo alcune premiazioni e selezioni in concorsi nazionali come Aletti editore, Premio letterario IBISKOS, Associazione Amici dell’Umbria, Centro Culturale Internazionale d’Arte SEVER. Secondo la professoressa Biondolillo, quotata critica d’arte, “Accostarsi alla poesia di Laura Ciulli è come attraversare i sentieri di un mondo spirituale ove troviamo l’Io tramite un liguaggio poetico della ricercatezza del verso basato sull’accostamento della parola densa di significato concentrato sull’acquisizione dell’essenzialità…”.