Non chiamatelo amore, mai. Èquesto l’imput,  un’indicazione valoriale prima ancora che linguistica, dal quale muove il “tavolo tecnico” organizzato in occasione della Giornata internazionale contro la violenza sulle donne del  25 novembre da Tutela Donne, l’associazione presieduta da Angela Russo, che è ormai una consolidata di realtà di sostegno legale e psicologico, ma anche di orientamento per quante subiscono questa criminale condizione, purtroppo più diffusa di quanto molti credano.

Il primo di una serie di incontri su femminicidio e violenza di genere che avranno cadenza trimestrale è stato moderato da Anna Silvia Angelini, presidente del centro d’ascolto “Uscita di Sicurezza” e autrice del libro “La violenza declinata”, che definisce “un manuale che spero vada in mano a quelle donne che ancora hanno dei dubbi”.

Questo primo incontro, come quelli che verranno, si è avvalso della presenza di numerosi professionisti del settore soprattutto, ma non solo legali, ai quali possono rivolgersi quelle donne che necessitano di tutela e sostegno.

Oltre a Russo e Angelini, hanno portato il loro contributo Maurizio Esposito, vice presidente del primo  municipio Roma quello del Centro storico, Orenada Dhimitri, psicoterapeuta, Eleonora Nocito, avvocato e criminologa, l’attore Ascanio Pacelli, rampollo di una delle grandi famiglie romane e padre di due figli.

Con loro, due donne che hanno avuto l’esistenza familiare segnata dalla scomparsa, ancora avvolta nel mistero dopo oltre trentacinque anni, delle loro sorelle, cioè Natalina Orlandi, sorella di Emanela, e Antonietta Gregori, sorella di Mirella.

Tutti si sono mostrati uniti e fortemente motivati nel collaborare per un effettivo aiuto alle vittime,  sottolineando l’estrema importanza di saper riconoscere le varie situazioni di violenza ed i sintomi che caratterizzano una donna che subisce violenza. Uno scambio di considerazioni, di esperienze sul campo, anche personali, che ha trovato il compimento in un’unanime e profonda riflessione tra i presenti, con l’unico scopo, interagendo con il massimo rispetto, di contribuire a porre con più determinazione l’accento sul fenomeno della violenza sulle donne.

Per queso occorre mettersi in gioco sulla prevenzione e sulla sensibilizzazione in ogni strato sociale e in particolare tra le nuove generazioni. È estremamente importante saper riconoscere le varie situazioni di violenza ed i sintomi che caratterizzano una donna che subisce violenza. E accanto alla disponibilità verso le vittime, è indispensabile un’azione educativa, spesso rieducativa, anche operando una sorta di “correzione fraterna” nelle famiglie. In certe situazioni, infatti, è determinante che la donna si senta sicura ed a proprio agio, perché il maltrattamento, tra l’altro porta ad una certa chiusura con l’esterno. Serve dunque anche interagire con i ragazzi, il nostro futuro, iniziando dalle famiglie.

Mai chiamarlo amore, dunque, perchè amore non è, neppure con l’aggiunta dell’aggettivo malato. Perchè se di patologia si tratta, è patologia criminale. Mai mollare la presaMai: per uscire da quella sorta di coro teorico che accompagna questa tragica realtà, per un messaggio più vero, che arrivi sempre di più a tutti.

Condividi