È morto Pino Scaccia. Aveva 74 anni. Giuseppe Scaccianoce – era questo il suo nome anagrafico – è stato uno dei giornalisti più qualificati per serietà professionale della storia dell’informazione televisiva, sempre nel servizio pubblico, alla Rai, prima nella sede regionale di Ancona, poi nella prima rete nazionale.
Milioni e milioni di persone sono state raggiunte da notizie date e spiegate da lui. Oggi purtroppo è lui la notizia, una notizia triste. Era ricoverato all’ospedale San Camillo di Roma e, a quanto si è appreso, si è aggravato a seguito delle complicazione dovute all’infezione da Covid-19, contratta nella clinica dove era ricoverato in precedenza. Una delle vittime di questa pandemia, dunque, uno di quei numeri che ascoltiamo ogni giorno, i più con inquietudine, alcuni con paura, alcuni persino con insofferenza e banalizzazione.
Per chi ne è direttamente colpito negli affetti è dolore. Con il figlio Gabriele ed i familiari – la moglie, la compagna di 45 anni di vita lo aveva preceduto nella pace del Signore meno di due anni fa (“Se ho combinato qualcosa nella vita lo devo sicuramente a Rosaria mia moglie” scrisse in un articolo”) – e con gli amici personali questo dolore è condiviso da tanti colleghi che avevano avuto modo di incontrarlo “sul campo” e di apprezzarlo. Tra questi si ascrivono anche alcuni che Sosta e Ripresa realizzano.
Chi scrive queste righe lo conobbe in occasione della presentazione di un libro di Laura Scanu nel settembre del 2014, a Viterbo. Parlammo del suo lavoro di una vita, del suo impegno in giro per il mondo, tra guerre e tragedie infinite, per documentare, “per ascoltare la voce del mondo”, come scriveva. “Viaggi che non finiscono mai perché – come diceva – te li porti dentro ti restano sulla pelle”. Ma nel cuore di Pino c’erano anche i bambini del mondo e soprattutto il sorriso di quelle piccole creature innocenti, che incontrava nei suoi reportage.
Una volta mi disse che quei sorrisi se li portava dentro, ma con dolore, perché quei bambini non sapevano neppure cosa fosse la felicità, sorridevano per niente.
Aveva seguito da inviato i più importanti avvenimenti degli ultimi trent’anni: dalla prima guerra del Golfo al conflitto nell’ex Jugoslavia, dalla disgregazione dell’ex Unione Sovietica fino alla crisi in Afghanistan, oltre al difficile dopoguerra in Iraq fino alla rivolta in Libia. Ha realizzato numerosi reportage in tutto il mondo, meritandosi quel nomignolo scherzoso di “gabbiano di frontiera” che a volte citava. Ha fatto non pochi “scoop” giornalistici: fu il primo reporter occidentale ad entrare nella centrale di Černobyl dopo il disastro e a scoprire i resti di Che Guevara in Bolivia. Fu il primo anche e a mostrare le immagini fino a quel momento segrete dell’Area 51 nel deserto del Nevada, ufficialmente un campo di sperimentazione per nuove tecnologie aeronautiche, del quale per molti anni gli Stati Uniti hanno negato persino l’esistenza, alimentando molte favole – alle quali in molti credono ancora – compresa quella che vi si trovassero extraterrestri impegnati nella collaborazione con l’aeronautica di Washingon, fornendole conoscenze avanzate da impiegare segretamentenella lotta contro l’Unione sovietica.
In patria Pino Scaccia si è occupato soprattutto di cronaca, mai “leggera”: mafia, terrorismo e sequestri di persona, oltre a terremoti e disastri naturali. Ha insegnato giornalismo televisivo all’università LUNSA.

Lasciata la Rai nel 2011, si è dedicato ai libri – nella sua vita ne ha scritti una quindicina che rappresentano un suo testamento intellettuale e morale – rimanendo molto presente sul web, anche con qualche inciampo che nella vicenda professionale di un giornalista vero può capitare, con il suo blog “La Torre di Babele”, un nome scelto come simbolo non di confusione o di superbia, ma della capacità dell’uomo di incontrarsi che ogni tanto crolla, ma che poi rinasce.
“Vorrei tanto tornare a vedere un mondo a colori pieno di sole per tutti“, scrisse una volta. Riposa in pace, nella Luce vera,
Laura Ciulli è una giornalista cattolica e una poetessa. Nel primo di questi aspetti ha svolto la sua attività come redattrice presso alcuni quotidiani online e come responsabile di cronaca giudiziaria e speaker radiofonica in varie emittenti viterbesi e della Sardegna. Ha co-fondato e ha diretto la testata TusciaMagazine.it, e da un anno la testata InfiniteRealtà.it ed è attualmente corrispondemte da Viterbo per Radio Radio nella trasmissione Doppia Vela Ventuno, realizzata in collaborazione con il ministero dell’Interno e con la questura di Viterbo. L’ultimo impegno che ha assunto è la vicedirezione della testata giornalistica Sosta e Ripresa.
Giornalista cattolica, dunque, come testimonia non solo la sua militanza durata per molto tempo nell’Unione Cattolica Stanpa Italiana (UCSI), che di per se stessa non costituirebbe una prova valoriale, e forse neppure il fatto che abbia frequentato l’Istituto di Scienze Religiose San Bonanentura da Bagnoregio, ma soprattutto la determinazione a improntare sempre più la sua attività pubblicistica e comunicativa all’attenzione peculiare alla verità, al confronto e alla verifica con la verità di ogni evento e di ogni notizia che il giornalismo cattolico dovrebbe avere. La sua crescita professionale in questo senso è stata continua, fin dalle prime giovanili esperienze. In questo si ascrive il servizio, a titolo completamente gratuito, che presta a Sosta e Ripresa, il giornale fondato da Tommasa Alfieri, un tempo periodico solo cartaceo e trasformato in quotidiano online soprattutto grazie al suo personale impegno. Un impegno sostenuto da un sempre più approfondito confronto con gli scritti della fondatrice e con il suo magistero laicale.
Come poetessa Laura Ciulli ha all’attivo alcune premiazioni e selezioni in concorsi nazionali come Aletti editore, Premio letterario IBISKOS, Associazione Amici dell’Umbria, Centro Culturale Internazionale d’Arte SEVER. Secondo la professoressa Biondolillo, quotata critica d’arte, “Accostarsi alla poesia di Laura Ciulli è come attraversare i sentieri di un mondo spirituale ove troviamo l’Io tramite un liguaggio poetico della ricercatezza del verso basato sull’accostamento della parola densa di significato concentrato sull’acquisizione dell’essenzialità…”.