L’epidemia aumenta i pericoli di mortalità materna e neonatale

Le nascite durante la  pandemia del Covid-19 sono stimate in 116 milioni dall’UNICEF, l’agenzia delle Nazioni Unite per l’infanzia. Sono bambini che entrano nel mondo in una realtà minata, in un tempo scandito da misure di contenimento mondiali, da lockdown, anzi coprifuoco, con sistemi sanitari che si sono rivelati insufficienti e non prepati in modo adeguato.

E poi ci sono i bambini che già pagano un prezzo pesante al trauma di questo contagio. Vale  nella nostra parte del mondo  dove ha modificato  le esistenze,  ha rovesciato le certezze, o presunte tali, che fino a tre mesi fa  cavalcavamo sull’onda frenetica del benessere. Vale ancora di più dove non si sono fermate le guerre né si è ridotta  ila fame, ma anzi l’epidemia ha drasticamente contratto la possibilità di prestare aiuto alle vittime.

Insieme alla Cina, sono India, Pakistan e Indonesia i Paesi con il maggior numero di nascite.  Situazioni precari esistono e già qui e ancora di più nel  resto del Sud devastato del mondo  e sembrano destinati a salire i già spaventosi numeri della mortalità materna e di quella neonatale. Prima dell’epidemia ogni hanno morivano per problemi in gravidanza o di parto 2,8 milioni di donne e di mambini, una vita spezzata ogni undici secondi. Se è vero che dal 2000 queste tragedie si sono ridotte di un terzo, è anche vero che tutti gli indicatori mostrano come la pandemia sia destinata quest’anno a invertire la tendenza.

I numeri che nell’Africa subsahariana sono cinquanta volte maggiori rispetto ai Paesi ad alto reddito, ma anche in questi non sono immuni dal pericolo i 3,3 milioni  di nascite stimate in questo periodo nei Paesi del nord ricco del mondo. Tanto più che il Covid-19 sembra aver trasformato persino la maternità:molte donne  hanno paura di affrontare la gravidanza e il parto, di andare a sottoporsi ai controlli e  di mettere al mondo i loro figli negli ospedali, dove il contagio sembra più presente.

Il presidente della sezione italiana dell’UNICEF, Francesco Samengo sostiene che ci sono rischi anche per le circa 365.000 nascite previste in Italia La situazione va monitorata, diretta in modo tale da salvare migliaia di vite. L’UNICEF ha proposto una linea guida per i governi e gli operatori sanitari. Controlli prenatali, assistenza qualificata durante il parto, e anche servizi post-parto. Tutto nel rispetto delle norme, tutto con l’uso dei presidi sanitari.

Proteggere i bambini e le loro mamme è proteggere l’umanità. Perché  in ogni bambino c’è un pegno di  futuro. «Vorrei dire grazie alle giovani mamme che affrontano le comprensibili paure. E grazie anche a chi le sostiene con affetto, con competenza. I bambini che nascono al tempo del coronavirus sono un segno di grande speranza”, ha detto il Papa durante una delle messe del mattino che ogni giorno viene trasmessa dalla cappella della Casa Santa Marta in Vaticano. E ha aggiunto che “Quando vediamo il livello di nascita di una società arrivare appena all’uno percento, possiamo dire che questa società è triste, è grigia perché è rimasta senza bambini”

Si, i bambini sono  il nostro futuro,  sono la nostra speranza. I bambini sono quella purezza  “… trionfo dello spirito sulla materia  e i piccoli sono e saranno i beati e i puri di cuore, nella straboccante gioia di appartenere a Dio”, come scriveva Tommasa Alfieri, ispiratrice e fondatrice di questa testata giornalistica.

Anche da questa pandemia il mondo può trarre un’opportunità da cogliere, quella dell’attenzione verso l’altro, verso il più debole, verso le vite indifese. E nessuno come i bambini  dipende dalla protezione che riceve. Ma a quella protezione restituiscono molto. Per citare ancora il Papa, «portano il loro modo di vedere la realtà, con uno sguardo fiducioso e puro», e «possono insegnarci di nuovo a sorridere e a piangere». Renderse conto, servire questa visione, sarebbe in questo tempo difficile una  ventata di umanità incredibile.

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