Nell’aprile scorso venti Enti del Terzo Settore (ETS) inviarono al Dirigente dell’Ufficio di Piano del Distretto VT3, Distretto che ha Viterbo come capofila, una lettera nella quale chiedevano che nel Piano Sociale di Zona (PDZ), venisse “inserito in modo esplicito un impegno a coinvolgere sistematicamente gli attori sociali del territorio nei processi di monitoraggio e di valutazione del Piano stesso, anche al fine di una sua eventuale rimodulazione in itinere” (sottolineatura dei firmatari) “prevedendo tempi certi e modalità chiare, come, ad esempio, la presentazione di periodiche relazioni sulle azioni realizzate, sulle spese sostenute, su eventuali nuovi bisogni da soddisfare o problematiche che possono ostacolare il raggiungimento degli obiettivi previsti”.
Essi precisavano che la richiesta “è pienamente coerente con quanto previsto dalle Linee guida per la redazione, concertazione, attuazione, monitoraggio e valutazione dei piani sociali di zona per i distretti sociosanitari del Lazio (DGR 584/2020)” e concludevano: “le organizzazioni sottoscrittrici non potranno accogliere positivamente una proposta di Piano che non contenga impegni espliciti in questo senso”.
I venti firmatari costituivano il 60% degli iscritti ai tavoli di consultazione per il PDZ. Se il 60% si esprime in modo così netto, forse vale la pena di starlo ad ascoltare.
“Ascoltare”, dice la Treccani, è “udire con attenzione”. È differente da “sentire” che è, genericamente, “ricevere una o più impressioni sensoriali”. Come si capisce, la differenza sta proprio nel temine “attenzione”.
Sicuramente, quei 20 ETS non ritennero di essere stati ascoltati, sicché arrivarono a minacciare una rottura (“le organizzazioni sottoscrittrici non potranno accogliere”): non è cosa da sottovalutare. Qualcuno l’ha sottovalutata? Forse sì. Sta di fatto che il destinatario della lettera non dette alcuna risposta, così come era avvenuto in altre circostanze; insomma, il destinatario ha “”sentito”, magari ha anche protocollato la lettera, ma non ha ascoltato.
Siamo tutti ben disposti ad ammettere che quella mancanza di ascolto fosse stata anche dettata da un’esigenza di efficienza, di fare le cose rapidamente e con poche risorse umane su cui contare. La buona disposizione è confortata dai seguenti dati:1.370.000 circa sono i dipendenti degli Enti Locali, distribuiti su 10.300 circa fra Comuni, Regioni, Province; il 60% circa dei rapporti degli ETS avviene con i Comuni; un capoluogo di Provincia medio ha circa un dipendente ogni 160 cittadini.
Ognuno dei lavoratori – che amministrano un Capoluogo di Provincia (quindi anche Viterbo) ha da soddisfare mediamente 160 cittadini: 160 cittadini per ogni lavoratore (dirigenti, funzionari, impiegati ecc.)! Si tratta di lavoratori sottodimensionati. Questo è l’aspetto strutturale della questione, che ci fa ritenere che il Dirigente di cui sopra fosse stressato e pressato.
Ma, detto questo, occorre sottolineare che la mancanza di ascolto di cui sopra è anche figlia di una cultura della Pubblica Amministrazione che intende ed applica la collaborazione con gli ETS ancora in senso gerarchico e verticale, da sovrano che non ascolta a suddito che obbedisce, da conducente che deve guidare la carrozza e non ha tempo da perdere in chiacchiere.
E veniamo, allora, alla cultura: manca una politica in atto per la formazione del personale della Pubblica Amministrazione ai metodi dell’Amministrazione Condivisa. Non ci credete? Andate a leggere la LR 10/19 segnatamente all’art. 4 – Formazione. Andate a leggere le belle parole quell’articolo! Una volta lette le belle parole, provate a chiedere in Regione Lazio quanto di quell’articolo è stato applicato ed è programmato di applicare nel prossimo futuro e chi ne è incaricato: vi troverete davanti al solito romanzo kafkiano.
Quindi: se la forza lavoro è poca e non formata, la qualità del prodotto (servizio) ne consegue. Aumentare la forza lavoro nella PA compete alla politica: è interesse dei cittadini. Aumentare la formazione della forza lavoro della PA compete alla policy: è interesse dei cittadini attivi e dei volontari in primis.
Su questo ultimo aspetto, si intravvede un barlume: un gruppo di eroici volontari di ETS di Viterbo sta da mesi portando avanti un progetto per la formazione del personale del Comune all’Amministrazione Condivisa basato su un Regolamento del Comune stesso approvato nel novembre del 17 e che langue inapplicato in un cassetto.
Riuscirà quel gruppo di volontari nell’impresa di inaugurare un percorso di formazione che dia concretezza, almeno nel Comune di Viterbo, a quanto dichiarato, ma non attuato, dalla legge regionale di cui sopra?
Vi terremo informati.
Raimondo Raimondi
Presidente della Consulta del Volontariato di Viterbo
