E’ uscito un libro sul pensiero spirituale di Tommasa Alfieri (“Dove c’è l’essenziale”, di Edoardo C. Prandi, Marcianum press, 2024). Io l’ho conosciuta diciamo a brandelli, per la testimonianza del Prof. Mario Mancini suo figlio spirituale ed erede del suo pensiero e della sua opera al convento S. Antonio presso la Palanzana di Viterbo.
Il periodico “Sosta e Ripresa” cerca poi a fatica di non far morire questo pensiero originale nella Chiesa. Un pensiero al femminile molto prima che la Chiesa stessa si accorgesse istituzionalmente, di questa presenza. Purtroppo i nostri amici di “FamiliaChristi” hanno incontrato inciampi non sempre gentili e corretti. Hanno dovuto rinunciare anche al nome originale ‘Opera Regina Crucis poi Familia Christi’, ma non mi azzardo a entrare in questa questione che ha fatto soffrire i discepoli della Tommasa anche per i risvolti che poi ha avuto la presenza attuale al Convento.
Parlo invece del pensiero della signorina che ha segnato, con un tocco tutto femminile e deciso, il cammino della Chiesa del secolo scorso. Già il cardinale Agostino Marchetto nella sua prefazione ricorda “i punti fermi del pensiero della Alfieri individuati dall’autore Prandi: la fede, la volontà, con i suoi difetti e la sua essenza, la differenza cristiana, la povertà, la vocazione, la contemplazione, il servizio, la fraternità, l’amicizia, la giornata in comunità” (pag. 13). Ma la copertina mi ha illuminato i cammini del suo pensiero spirituale. E’ una copertina di arte in stile Boho. Dice tanto se non tutto. BO(hémien) HO (meless).
Uno stile che coniuga anticonformismo e fuori degli schemi status quo al tentativo di recuperare quello che viene emarginato e messo da parte. Poi lo stesso termine nel linguaggio chic indica raffinato elegante. Beh! Il pensiero spirituale e lo stile della “signorina Alfieri” naviga in questo mare di essenzialità elegante, libertà di pensiero e attenzione alla purezza semplice, al quale pochi pensavano e pensano. Non si trattava di una ascesi campata per aria, ma con radici ben profonde in un Vangelo incarnato nella storia e nella vita.
Andando a rileggere gli interventi del 1973-74 (pag. 69) della fondatrice di questo cammino tra i monti Cimini di Viterbo, attualmente un po’ troppo “inquinati”, scopriamo la bellezza del cammino cristiano come proposto da piccole comunità anche se spesso dimenticato nelle assemblee decorate a festa di tante cerimonie che poi si spengono dopo lo scoppiettio degli applausi. “Voi sapete bene che le cose quando sono molto grandi, sono mute enormemente…” diceva al piccolo gruppo di laici interessati al cammino. Saper ascoltare il silenzio e nel silenzio capire la “Parola”. E qui i paletti del cammino come da lei proposto e vissuto: la povertà e la semplicità che non significa “non avere qualcosa”, ma come “valutare le cose” perché siano a servizio non per essere serviti da schiavi delle cose. Poi il sentirsi chiamati a una vita semplice, chiamati dalla fede che abbiamo nei cammini di Dio, la contemplazione “in”, cioè dentro di noi, vivere in profondo contatto con la presenza di Dio, come se fossimo in sua compagnia. E il servizio? Sarà vero se nasce guardando il prossimo come Dio lo guarderebbe, perché servendo il mio prossimo è come se servissi Dio presente in loro.
Per la “Signorina” la preghiera è servizio e il servizio è preghiera. Siamo, come amava dire, “contemplativi in cammino”. Da qui sgorga il senso della amicizia-fraternità che esonda nella ospitalità. Ospitalità non è solo dare spazio ad altri, ma soprattutto vedere negli altri una presenza che arricchisce noi prima di essere utile a chi incontriamo o che vuole incontrarci o che ci capita di incontrare. La lettura del libro ci accompagna nell’anima della signorina Tommasa e ci permette di portare avanti questa luce profondamente cristiana. Nella postfazione titolata “Porro unum est necessarium” (solo una cosa è necessaria), padre Fausto Gianfreda cita come sintesi una frase della Alfieri che il cammino da fare è “vocazione totalitaria” presa da una meditazione del 29.10.1973: semplicissima, razionale, logica. Tutto da meditare perché capirlo non è il risultato di una lettura affascinante, ma cammino che parte dalla contemplazione che segue la meditazione (vedi pag. 95 del testo). La meditazione è qualcosa che possiamo fare. Poi si entra nella “contemplazione” dove emerge il silenzio dell’incontro.
E’ un po’, mi permetto di aggiungere fuori testo, come porsi davanti al Sacramento della Eucarestia. Si guarda, si prega… poi nel silenzio allarghiamo lo sguardo e ci ritroviamo in un universo pieno di Dio che ci chiama a servirlo nella storia. Noi la sua presenza, le sue mani, il suo volto, la sua accoglienza, la sua parola, la sua giustizia, la sua verità, il suo amore. Noi l’essenziale della presenza di Dio e seguendo il suo volto più vero: Gesù Cristo.
Don Gianni Carparelli