San Giovanni Paolo II. Domani 2 aprile 20o
anniversario della morte, il ricordo di un forte
testimone della Fede: al trasporto della
Macchina di Santa Rosa: “valeva la pena per
un papa venire a Viterbo”.

Stefano Stefanini

Domani 2 aprile ricorre il ventesimo anniversario della morte di san
Giovanni Paolo II, un papa che ha lasciato un’impronta storica nel XX
secolo, per il lungo pontificato caratterizzato dalle vicende
dell’attuazione del Concilio Vaticano II, della presenza della Chiesa nella
società moderna, del contributo alla caduta del comunismo, dopo
discriminazioni e persecuzioni nei confronti dei Cristiani e nella
proposta di un modello socio-economico non individualista o capitalista,
ma solidaristico, caratterizzato da un umanesimo integrale materiale e
spirituale, ispirazione riaffermata in continuità dai successori Benedetto
XVI ( Enciclica Caritas in Veritate) e Francesco (Enciclica Laudato Si)
in “ecologia integrale” come scala di valori interiori e di tutela della Casa
comune e dei più beboli.

La memoria liturgica di San Giovanni Paolo II e’ stata fissata da papa
Francesco il 22 ottobre di ogni anno, giorno in cui nel 1978 Karol Wojtyla
celebrò la messa di inizio pontificato e pronunciò la storica frase,
divenuta il motto dei suoi 27 anni di papato (1978-2005): “Non abbiate
paura! Aprite, anzi spalancate le porte a Cristo!”.

Papa Wojtyla si presentò al mondo il 22 ottobre 1978 con l’esortazione
“Non abbiate paura! Aprite, anzi spalancate le porte a Cristo!”.
Il 27 maggio 1984 a Viterbo di fronte al trasporto straordinario della
Macchina di Santa Rosa: “valeva davvero la pena per un papa
venire a Viterbo”
Giovanni Paolo II ha lasciato molte testimonianze a Viterbo e nella
Tuscia, che ha visitato più volte: la visita che viene ricordata per
l’intensità dei contenuti espressi e la grande partecipazione di
popolo è quella del 27 maggio 1984.
Tra i tanti discorsi pronunciati: ai cittadini e le autorità a piazza del
Plebiscito, ai detenuti del carcere di Santa Maria in Gradi, alle suore nel
santuario di Santa Rosa, ai parroci, agli ammalati ed ai giovani della
comunità terapeutica per tossicodipendenti di San Crispino, sino alla
celebre esclamazione: “valeva davvero la pena per un papa venire a
Viterbo” pronunciata davanti al trasporto straordinario della macchina di
Santa Rosa, ci sembra opportuno richiamare quello pronunciato agli
studenti universitari ed ai professori della Facoltà di Agraria
dell’Università della Tuscia .
“Cari professori e studenti, attendendo al vostro lavoro di alta
specializzazione e di grande importanza sociale, non dimenticate mai
l’irrinunciabile finalità della scuola, di ogni scuola di qualsiasi ordine e
grado: ogni scuola è, per definizione, centro di formazione e di
educazione e, dunque, centro per la coltivazione di quei doni di Dio che
sono – come dice il Concilio – di diversa natura, sono svariati e
numerosi, e costituiscono le autentiche ricchezze dell’animo e del corpo.
Giovanni Paolo II esortò poi i giovani “V’è ancora un terzo aspetto
della novità di Cristo, che voi giovani siete chiamati a testimoniare
di fronte al mondo: è quello di un nuovo rapporto con l’ambiente
naturale che vi circonda. L’uomo, soprattutto in questo ultimo
secolo, ha fatto un uso delle realtà terrestri che in non pochi casi si
è dimostrato irresponsabile: sono molte ormai le voci che denunciano
la “crisi ecologica”, da cui è oggi minacciata l’umanità. Occorre imparare
a guardare alla natura con occhi nuovi.
A Civita Castellana il 1 maggio 1988 S. Giuseppe artigiano, per la
Festa del lavoro.

Tra le altre visite pastorali di Papa Giovanni Paolo II a Viterbo ed alla
sua provincia, ricordiamo – tra le altre, quelle nella diocesi di Civita
Castellana in occasione del 1 maggio 1988 S. Giuseppe artigiano, Festa
del lavoro e ad Orte, alla Virgo Prudentissima, Vergine Prudente della
stazione autostradale: l’appuntamento del 17 settembre 1989, nel corso
del quale il futuro santo espresse un insegnamento profondo che ancora
oggi la chiesa diocesana evoca con commozione.
Della visita a Civita Castellana ricordiamo le parole ai lavoratori, riuniti
nella palestra comunale, che si adattano anche a questo periodo di
uscita dal coronavirus e di ripartenza:
“Come ho detto nell’enciclica Laborem Exercens, il lavoro è “una
dimensione fondamentale dell’esistenza umana sulla terra” Chi
lavora si pone con ciò in sintonia con la propria vocazione di uomo
e di donna; diventa, per così dire, più pienamente uomo e più
pienamente donna. E contribuisce, in questo modo, allo sviluppo di
“ogni uomo e di tutti gli uomini.”
Se tale è la dignità del lavoro e del lavoratore possiamo capire
quale grande male sia la disoccupazione, che oggi colpisce tanti
uomini e donne, giovani soprattutto, che potrebbero e vorrebbero
lavorare; e questo anche qui, tra voi, a Civita Castellana. Certo, la
disoccupazione è un grande male, perché impedisce a chi non ha
lavoro di guadagnarsi onestamente la vita; e così anche, al limite,
di “mangiare”, di formarsi una famiglia e di educare i figli. Quando
la società e i poteri istituzionali non fanno quello che possono e
debbono, per venire incontro alla crisi del lavoro nelle sue cause
molteplici, un diritto viene negato: il diritto ad avere un lavoro. È il
caso di ritornare su tali principi ancora una volta, in mezzo a voi, in
questa celebrazione della vostra dignità, dal momento che tanti tra
voi sono senza lavoro e non riescono a trovarlo, o vengono affidati
alla cassa-integrazione, la quale non può mai essere una vera
soluzione.
La benedizione della “Virgo Prudentissima” allo svincolo
autostradale di Orte il 17 settembre 1989: la catechesi sulla
Prudenza, dovere civico e virtù soprannaturale.
Un’indimenticabile catechesi sulla Prudenza come dovere civico sulle
strade e come virtù soprannaturale dell’animo umano fu tenuta il 17
settembre 1989 dal successore di Pietro, “venuto da lontano”, presso

la stazione autostradale di Orte, agli operatori della Società
Autostrade, alle forze di Polizia ed in modo particolare agli
automobilisti che percorrono le strade spesso con eccessiva fretta.
L’occasione della visita papale fu quella della benedizione della
statua della Vergine Prudentissima, realizzata dallo scultore
viterbese Roberto Joppolo, commissionata ed installata dalla
Società Autostrade nei pressi dello svincolo di Orte a ricordo
dell’anno mariano, a metà del tragitto che collega Roma ad Assisi,
percorso nel 1210 da San Francesco nel suo viaggio alla Sede
apostolica. Giovanni Paolo II torna oggi a ripeterci: “ La vita di Maria fu
più volte segnata dalle esigenze del cammino, Maria sa che cosa
vuol dire camminare per le strade della terra, con tutti i pericoli e
gli imprevisti che ciò comporta. Maria e Suo Figlio sono i modelli
per l’ Uomo contemporaneo, per aver percorso il cammino terreno
con lo sguardo vigile alle necessità dei fratelli.”
La prudenza nella guida, si adatta anche al periodo attuale, pemsando a
sanitari medici e volontari civili che mostrano: “l’attenzione generosa ai
compagni di viaggio portando ad impegnarsi nel cammino perché
“sereno sia il viaggio”, “ il percorso sia ricco di esperienze di
umanità” , “felice sia il ritorno”.
Giovanni Paolo II si rivolse poi alle comunità parrocchiali con le parole di
significato profetico e orientato alla Resurrezione del Cristo ed alla fede
operosa dei fedeli laici: “Il cammino umano è soprattutto Speranza”
nel corso della benedizione della Chiesa di S. Maria della Strada,
limitrofa alla stazione autostradale di Orte, che conserva ancora oggi
tanti oggetti che ricordano la visita del papa tanto amato in vita per la
sua grande umanità e vicinanza agli uomini.
La biografia e l’eredità spirituale.
Karol Wojtyla, papa dal 1978 al 2005 con il nome di Giovanni Paolo II, è
stato il primo papa non italiano dopo quattro secoli. Grazie al suo
carisma personale, ai viaggi e alla capacità di valersi dei moderni mass
media, ha avuto un grandissimo seguito, specialmente tra i giovani.
Ha riproposto con decisione la dottrina della Chiesa cattolica, ma ha
sviluppato come mai prima il dialogo con le altre religioni. È stato il
primo papa a entrare in una sinagoga e in una moschea.

Un legame diretto con i fedeli
Nato a Wadowice, in Polonia, nel 1920, e rimasto presto orfano di
madre, Karol Wojtyla ha affrontato nella sua vita dapprima la guerra e
l’occupazione nazista e in seguito il regime comunista. Per un certo
periodo lavorò come operaio, venendo così a contatto con i problemi del
mondo del lavoro. Scrisse poesie e opere teatrali e recitò come attore.
Fu ordinato sacerdote nel 1946 e insegnò per alcuni anni filosofia
morale. Nominato arcivescovo di Cracovia (1964) e poi creato cardinale
(1967), partecipò al Concilio Vaticano II, interessandosi soprattutto al
tema della libertà religiosa, che incontrava molti ostacoli nei regimi
comunisti dell’Est europeo. Divenuto papa il 16 ottobre 1978, seppe
stabilire ben presto un legame diretto con le masse dei fedeli, anche
grazie alla sua capacità di usare con intelligenza i nuovi mezzi di
comunicazione per parlare a tutta l’umanità. Il suo primo invito fu
questo: “Aprite le porte a Cristo! Non abbiate paura!”. Il 13 maggio 1981
subì un grave attentato in piazza s. Pietro a opera del turco Alì Agca.
Durante le giornate della gioventù e del grande giubileo del 2000 invitò i
cattolici ad affermare con coraggio la propria identità, ma chiese anche
perdono agli ebrei e ai seguaci di altre fedi religiose per le colpe
commesse in passato dai cristiani. Questo papa, segnato negli ultimi
anni dalla sofferenza fisica, ha lasciato alla Chiesa e alla società del
terzo millennio un’eredità ricca e difficile. La sua morte, avvenuta il 2
aprile 2005, e i suoi funerali sono stati seguiti con grande partecipazione
in tutto il mondo, anche da uomini che non condividevano la fede
cristiana, ma che hanno apprezzato il suo coraggioso impegno per la
dignità dell’uomo.
Il magistero e l’opera papale
La sua prima enciclica, intitolata Redemptor hominis (“Il redentore
dell’uomo”, 1979), ribadì con forza che i veri valori umani sono riassunti
nella figura di Cristo, “centro del cosmo e della storia”, il quale con la
sua incarnazione “si è unito in un certo senso a ogni uomo”. Giovanni
Paolo II favorì l’ecumenismo e il dialogo con gli esponenti delle altre
religioni: il 13 aprile 1986 visitò la sinagoga di Roma e il 27 ottobre dello
stesso anno organizzò un incontro di preghiera comune ad Assisi
insieme a ebrei, musulmani, induisti e buddisti. Incoraggiò chi lottava

per il riconoscimento della dignità umana e per la pace, e si oppose alle
due guerre in Iraq, nel 1991 e nel 2003.
Ha combattuto la crisi dei principi morali e ha difeso con forza i valori
della vita e della famiglia, condannando l’aborto, l’eutanasia, la tortura e
le violazioni dei diritti dell’uomo da parte dei regimi totalitari. Nelle sue
encicliche sociali ha riaffermato la dignità del lavoro e il diritto delle
nazioni povere a partecipare in modo equo alla distribuzione delle
ricchezze della Terra e a sviluppare la propria cultura. Inoltre egli ha
condannato l’uso delle armi per risolvere i problemi internazionali. In
questo modo si è guadagnato una grande stima anche tra i non
credenti.
In altre importanti encicliche ha difeso la dottrina cattolica, affermando
che essa non è in contrasto con la ragione umana e con le esigenze più
profonde dell’uomo, di cui costituisce anzi il fondamento più solido. Nel
1992 ha approvato il nuovo Catechismo della Chiesa cattolica, che
riassume i principi religiosi e morali del cristianesimo, tenendo conto
delle nuove esigenze espresse dal Concilio Vaticano II.
Con l’enciclica Mulieris dignitatem (“Sulla dignità della donna”, 1988), ha
cercato di rispondere alle aspirazioni delle donne dei nostri tempi, che
desiderano essere protagoniste della storia, condannando ogni forma di
sfruttamento e di emarginazione, e ha ricordato loro che la vera
liberazione consiste nel seguire Cristo e nel mettersi con amore al servizio dei credenti

 

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