Riflession
In quel tempo, si accostò a Gesù uno degli scribi e gli domandò: “Qual è il primo di tutti i comandamenti?”. Gesù rispose: “Il primo è: Ascolta, Israele. Il Signore Dio nostro è l’unico Signore; amerai dunque il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza. E il secondo è questo: Amerai il prossimo tuo come te stesso. Non c’è altro comandamento più importante di questi”.
Allora lo scriba gli disse: “Hai detto bene, Maestro, e secondo verità che egli è unico e non v’è altri all’infuori di lui; amarlo con tutto il cuore e con tutta la mente e con tutto la forza e amare il prossimo come se stesso vale più di tutti gli olocausti e i sacrifici”.
Gesù, vedendo che aveva risposto saggiamente, gli disse: “Non sei lontano dal regno di Dio”. E nessuno aveva più il coraggio di interrogarlo.
Gesù è giunto a Gerusalemme e Marco registra le cosiddette “controversie” alle quali egli è sottoposto; evidenziano un crescendo di tensione tra lui e i suoi avversari che culminerà nella tragedia del Calvario. La controversia qui tocca un argomento importante che, da alcuni anni, coinvolgeva l’interesse di varie scuole rabbiniche. Si avvertiva il bisogno di sfoltire il bosco legislativo perché partendo dai dieci comandamenti si era arrivati, al tempo di Gesù, a contarne ben 613, di cui 365 (tanti quanti sono i giorni dell’anno) formulati in chiave negativa e 248 (tante quante si riteneva che fossero le membra del corpo umano) in forma positiva.
Venivano interpellate le personalità più eminenti del tempo. Secondo il grande caposcuola Hillel (c. 20 a. C.), l’intero patrimonio della Legge si riassumeva nella “regola d’oro”: “Non fare agli altri ciò che non vuoi sia fatto a te stesso”; secondo rabbi Akiba (c. 135 d. C.) invece la sintesi di tutta la legge sta nel precetto: “Ama il prossimo tuo come te stesso”; secondo la fonte del Talmud babilonese (III° – V° a.C.) “l’elemosina e la carità bilanciano tutti i precetti della legge”; e infine secondo il Testamento dei Dodici Patriarchi(Apocrifo dell’AT, fine II° a. C.) risuona l’invito ad “amare il Signore durante la vita e amarci l’un l’altro con cuore sincero”.
Anche questa volta emerge nitida l’originalità dell’insegnamento di Gesù; divide il comandamento in due parti, nella prima si richiama a Dt 6,4-5: “Ascolta, Israele! Il Signore Dio nostro è l’unico Signore. Amerai dunque il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza”; nella seconda si richiama a Lv 19,18: E il secondo è questo: “Amerai il prossimo tuo come te stesso”.
La novità di Gesù sta nell’aver unito strettamente i due amori per cui egli può concludere: “Non c’è altro comandamento più importante di questi”. Sono due amori (Dio e prossimo) che si richiamano, si intrecciano, si verificano; per cui amare Dio escludendo l’uomo, si avrebbe una falsa religione; d’altra parte, amare l’uomo escludendo Dio, si avrebbe una clamorosa idolatria. Al primo posto deve esserci l’amore di Dio che fonda la grandezza e la dignità dell’uomo.
“Dio è amore!” (1Gv 4, 8.16). Ogni autentico gesto di amore scaturisce da Dio come raggio dal sole, come ruscello dalla fonte, come scintilla dal fuoco. Dall’amore per Dio dunque discende l’amore per il prossimo. Del resto, non si può amare Dio senza amare coloro che lui ama.
Lo scriba, interlocutore di Gesù, approva e afferma che l’osservanza del comandamento dell’amore “vale più di tutti gli olocausti e i sacrifici”. Ricalca il testo del profeta Osea: “Voglio l’amore e non il sacrificio, la conoscenza di Dio più degli olocausti (Os 6,6). E richiama anche un altro passo del primo libro di Samuele: “Obbedire è meglio del sacrificio” (1Sam 15,22). Anche Gesù elogia a sua volta l’assennato scriba, dichiarandogli di essere sul cammino verso il Regno di Dio.