L’augurio a papa Francesco per il 12 anno di
Pontificato: la sua voce di padre, testimone di Pace,
di ecologia integrale, spirito e materia…ricordando
“Laudato si”… un inno incomparabile all’armonia
cosmica ed alla riconciliazione dell’Umanita’, con la
Terra, le Creature ed il Creatore.

Stefano Stefanini

A dodici anni dall’elezione di Papa Francesco, ancora sofferente al
Policlinico Gemelli, risuona oggi una delle prime esortazioni del
Pontefice: “L’opzione principale è scendere per le strade a cercare
la gente: questa è la nostra missione…..le strutture economiche
ingiuste creano diseguaglianze”, la Misericordia, il Dialogo, l’Umiltà
e la Fratellanza, sono questi i tratti fondamentali affermati al momento
della elezione e praticati nella continuità della sua azione apostolica,
testimoniata in questi dodici anni di Pontificato, nell’indizione dell’Anno
Giubilare della Speranza ed affermati anche nella malattia di questi
giorni.

Il 13 marzo 2013 veniva eletto papa Francesco. “ L’opzione principale è
scendere per le strade a cercare la gente: questa è la nostra missione ”
ed ancora “i diritti umani non sono solo violati dal terrorismo, dalla
repressione, dagli omicidi, ma anche da strutture economiche ingiuste
che creano ampie ineguaglianze ”, queste significative affermazioni del

papa eletto fecero subito il giro del mondo, erano tratte dal libro-
intervista del 2010 “Il gesuita”, di Francesca Ambrogetti e Sergio Rubin.

Come trascorse il primo giorno da pontefice l’arcivescovo di
Buenos Aires?
Dopo la prima apparizione da papa eletto tra le altre notizie diramate, fu
reso noto il motto episcopale di Bergoglio, che amava definirsi “Jorge
Bergoglio, prete”: “Miserando atque eligendo”, la frase latina del
Vangelo di Matteo, che descrive l’atteggiamento di Gesù verso il

pubblicano, considerato un pubblico peccatore, che “guardò con
misericordia e lo scelse”.
Nella mattinata del primo giorno da Pontefice, papa Francesco ha
reso omaggio alla Basilica di Santa Maria Maggiore, il tempio
cristiano più antico dedicato alla Vergine “Salus Populi Romani” ed
ha affermato : “Lasciate la basilica aperta: sono un pellegrino,
voglio andare tra i pellegrini”, Papa Francesco avrebbe voluto la
basilica di Santa Maria Maggiore aperta a tutti i fedeli, come nei giorni
normali, e non avrebbe voluto i gendarmi e gli agenti di polizia a
scortarlo nella visita. Insofferenza del neo Papa anche per le rigide
misure di sicurezza da osservare. “Non sono un indifeso”, ha protestato
inutilmente.
Papa Francesco evita la folla ed i fotografi, ma saluta
affettuosamente i giovani studenti che lo hanno acclamato dalla
scuola di fronte alla basilica di Santa Maria Maggiore.
ll Papa ha poi lasciato la Basilica liberiana da una uscita secondaria.
L’auto “non di rappresentanza” – altro stile di sobrietà’ affermato dal
Pontefice – con a bordo papa Francesco e la vettura di servizio che la
seguiva, sono invece andate via attraverso una uscita secondaria, dalla
parte opposta a quella dove la folla era assiepata. Probabilmente una
decisione presa proprio in virtù del fatto che questa era una visita
strettamente privata, come lo stesso Papa Francesco aveva
annunciato.

Papa Bergoglio esce da Santa Maria Maggiore e saluta con la mano
alcuni studenti della scuola Albertelli, che si trova di fronte alla Basilica,
affacciati alle finestre. I giovani lo chiamavano e agitavano le mani per
attirare la sua attenzione, a quel punto il Pontefice ha risposto al saluto
prima di infilarsi nell’auto e lasciare la basilica.
Nel suo primo discorso papa Francesco aveva esaltato il suo ruolo di
Vescovo di Roma, come prioritario servizio della Carità, nella
dimensione universale, ove le chiese diocesane non sono
periferie, ma sono coprotagoniste della nuova evangelizzazione,
nell’intima unione con il Vescovo di Roma, successore di Pietro.

I Vescovi italiani, nel Consiglio Episcopale Permanente del 10 12
marzo presieduti dal Cardinale Matteo Zuppi, hanno inviato a
Papa Francesco un messaggio di auguri per i dodici anni di
Pontificato.
La preghiera per Papa Francesco ha caratterizzato la sessione del
Consiglio Episcopale Permanente che si è svolta a Roma, dal 10 al 12
marzo, sotto la guida del Cardinale Presidente Matteo Zuppi. Alla vigilia
del dodicesimo anniversario dell’elezione al soglio pontificio, i Vescovi
hanno voluto rinnovare la loro vicinanza al Santo Padre, in questo
momento particolare di prova e di malattia, manifestandogli l’affetto
filiale delle Chiese in Italia e assicurandogli la loro preghiera costante e
corale. I lavori si sono aperti con l’Adorazione Eucaristica durante la
quale si è pregato per la salute del Papa: i Vescovi si sono così uniti alle
invocazioni che, da giorni, le comunità italiane e del mondo stanno
rivolgendo al Signore affinché egli trovi “sollievo nel corpo e
consolazione nello spirito”.
Giubileo, tempo di scelte coraggiose. “Siamo ormai entrati nel vivo
del Giubileo”, hanno ricordato i Vescovi sottolineando che “questo Anno
è un’occasione di conversione, rinnovamento della fede e di incontro
con Cristo”. Uno degli elementi caratterizzanti di ogni evento giubilare è
il pellegrinaggio, come ricorda la Bolla di indizione Spes non confundit:
“Mettersi in cammino è tipico di chi va alla ricerca del senso della vita. Il
pellegrinaggio a piedi favorisce molto la riscoperta del valore del
silenzio, della fatica, dell’essenzialità” (n. 5).
Da qui l’invito a vivere con pienezza questa esperienza di vita. Accanto
a questo, i Presuli hanno concordato, con le parole del Cardinale
Presidente, sulla necessità di “dare vita a gesti concreti che incarnino lo
spirito giubilare” e a “trasformare i segni dei tempi in segni di speranza”.
È fondamentale “vivere il Giubileo – hanno rimarcato – come un tempo di
rinnovamento delle relazioni, improntato al rispetto della dignità di
ciascuno, alla pratica della giustizia sociale, alla ricerca della pace
giusta, alla cura della Terra”. Si tratta di osare scelte coraggiose che
permettano di rimettere i debiti, ridare respiro alle situazioni di vita
asfittiche, condividere i beni con il povero (cf. Lv 25). I Vescovi hanno
ribadito l’importanza di proseguire nella rotta dell’ecologia integrale, che
chiede stili di vita più sobri e solidali da parte di singoli e comunità.

Riporto di seguito alcuni brani dell’ intervista concessa da
Papa Francesco il 13 marzo 2024 a Francesco Antonio Grana
e pubblicata su Il Fatto Quotidiano.

Cosa si augura per il futuro?
La pace. La pace nella martoriata Ucraina e in tutti gli altri Paesi
che soffrono l’orrore della guerra che è sempre una sconfitta per
tutti, per tutti. La guerra è assurda e crudele. È un’azienda che non
conosce crisi nemmeno durante la pandemia: la fabbrica delle armi.
Lavorare per la pace significa non investire in queste fabbriche di
morte. Mi fa soffrire pensare che se non si facessero armi per un
anno, finirebbe la fame nel mondo perché quella delle armi è
l’industria più grande del pianeta. L’8 dicembre scorso 2023, in
piazza di Spagna, ho pianto pensando al dramma che sta vivendo il
popolo ucraino.
È trascorso già più di un anno dall’inizio della guerra in Ucraina. A
febbraio sono stato in Africa, nella Repubblica Democratica del
Congo e in Sud Sudan, e ho visto gli orrori dei conflitti in quei due
Paesi con le mutilazioni delle persone. Una cosa che mi fa soffrire
molto è la globalizzazione dell’indifferenza, girare la faccia dall’altra
parte e dire: “A me che importa? Non mi interessa! Non è un mio
problema!”. Quando hanno chiesto alla senatrice a vita Liliana
Segre, sopravvissuta alla Shoah, quale parola scrivere al binario 21
della Stazione di Milano dove partivano i treni per i campi di
concentramento nazisti, non ha avuto dubbi e ha detto:
“Indifferenza”.

Nessuno aveva pensato a quella parola. Fa riflettere perché quel
massacro di milioni di persone è avvenuto nell’indifferenza vigliacca
di tanti che hanno preferito girare la faccia dall’altra parte e dire: “A
me che importa?”. Recentemente, ho letto che la senatrice ha
ricordato che ad Auschwitz non si va in gita, ma si va come a un
santuario per non dimenticare la Shoah. Mi ha colpito molto perché
è proprio quello che ho sentito nel mio cuore quando sono andato
ad Auschwitz, nel 2016, e non ho voluto pronunciare un discorso
come avevano fatto i miei due predecessori. Ho voluto pregare da
solo in silenzio.

Cosa si augura per la Chiesa?
La Chiesa deve uscire, deve stare in mezzo alla gente. Penso a don
Tonino Bello, un grande vescovo pugliese che stava in mezzo al suo
popolo e ha lottato con tutte le sue forze per la pace. Un uomo non
compreso nel suo tempo perché era molto avanti. Lo si sta
riscoprendo oggi. Un profeta! È già venerabile ed è in cammino
verso la beatificazione. Recentemente, hanno ripreso in una
canzone anche una sua celebre frase: “Noi siamo angeli con un’ala
sola. Per volare, abbiamo bisogno di restare abbracciati al fratello,
cui prestiamo la nostra ala e da cui prendiamo l’altra ala, necessaria
per volare”. Nessuno si salva da solo. Lo abbiamo visto anche con la
pandemia. Sogno una Chiesa senza clericalismo. Lo diceva il
cardinale Henri-Marie de Lubac nel suo celebre testo Méditation sur
l’Église dove, per dire qual è la cosa più brutta che può accadere
alla Chiesa, scriveva che la mondanità spirituale, che si traduce nel
clericalismo di un prete, “sarebbe infinitamente più disastrosa di
ogni mondanità semplicemente morale”. Il clericalismo è la cosa più
brutta che possa accadere alla Chiesa, peggio ancora che ai tempi
dei papi corrotti. Un prete, un vescovo o un cardinale che si
ammalano di clericalismo fanno molto male alla Chiesa. È una
malattia molto contagiosa. Ancora peggiori sono i laici clericalizzati:
sono una peste nella Chiesa. Il laico deve essere laico.
E, infine, cosa si augura per il suo futuro?
Che il Signore sia clemente con me. Fare il Papa non è un lavoro
facile. Nessuno ha studiato prima per fare questo lavoro. Ma questo
il Signore lo sa: è successo anche con san Pietro. Pescava
tranquillamente e un giorno Gesù lo ha scelto perché diventasse
pescatore di uomini. Ma anche Pietro è caduto.

Lo ha rinnegato proprio lui che aveva vissuto giorno e notte con il
Signore, che aveva mangiato con lui, che lo aveva ascoltato
predicare e che lo aveva visto compiere miracoli: “Non conosco
quell’uomo!”. Come è stato possibile? Ma Gesù, dopo la
risurrezione, lo ha scelto di nuovo. Ecco la misericordia di Dio con
noi. Anche con il Papa. “‘Servus inutilis sum’. Sono un servo inutile”,
come scriveva san Paolo VI nel suo Pensiero alla morte. Un testo
molto bello che invito soprattutto i sacerdoti a leggere e meditare.

Grazie Santità.
Grazie a te e ai tuoi colleghi per il lavoro che fate. Vorrei dire una
parola ai lettori del tuo giornale, ilfattoquotidiano.it: non perdete
mai la speranza!
Anche se vi sono successe cose brutte, anche se l’esperienza che
avete avuto con qualche uomo o donna di Chiesa non è stata tanto
bella, non lasciatevi condizionare. Il Signore vi aspetta sempre a
braccia aperte. Vi auguro di sperimentarlo nelle vostre vite come
l’ho sperimentato io tante volte. Il Signore mi è stato sempre
accanto, soprattutto nei momenti bui. Lui c’è sempre. Non
dimenticatelo mai!

Ci prende in braccio con tenerezza e ci rialza sempre dalle nostre
cadute. L’importante, infatti, non è non cadere, ma non
restare caduti. Il Signore ci perdona sempre.
Il Papa vi vuole bene e prega per voi. A chi prega chiedo di pregare
per me e a chi non prega almeno mandatemi buone onde, ne ho
bisogno. Grazie! (Twitter: @FrancescoGrana)