L’ottavario di preghiera per l’unità dei cristiani, annualmente dal 18 al 25 gennaio, nasce nel 1908 a New York ad opera del reverendo Paul Wattson della Chiesa episcopaliana. Il movimento per l’Unità dei cristiani nel ‘900 si è poi allargato alle principali denominazioni delle Chiese ortodosse, riformate e alla Chiesa Cattolica. Ma già a partire dal XIX secolo anime illuminate avevano auspicato il superamento delle divisioni nel campo della religione cristiana.

In Italia è noto (tra gli altri) il passionista viterbese padre Domenico della Madre di Dio (“Meco della Palanzana”) che san Paolo VI proclamò beato in pieno Concilio Ecumenico Vaticano II, come “Apostolo dell’Ecumenismo”. Il suo successore, a capo della missione passionista in Inghilterra, padre Ignatius Spencer (ex pastore anglicano, convertitosi al cattolicesimo e seguace del beato Domenico) nel 1840 propose “L’Unione di preghiera per l’unità”.
Da oltre mezzo secolo la pratica di questa settimana di preghiera si è diffusa praticamente in tutte le denominazioni cristiane, favorendo inoltre il dialogo e, cosa più importante, la collaborazione nelle opere.
Quest’anno, a Viterbo, l’evento principale della “Settimana” si è svolto il 20 gennaio, con l’intervento del vescovo di Viterbo Lino Fumagalli, dell’Arcivescovo Ian Ernest del Centro Anglicano di Roma, del pope Vasile Bobita che conduce la comunità ortodossa rumena di Viterbo, alla presenza dell’Ambasciatore Britannico presso la Santa Sede Christofer Trott. La celebrazione (ripresa e diffusa in streaming) si è sviluppata in varie letture bibliche, con la recita comune, a conclusione, del Pater noster e del Credo Niceno-Costantinopolitano.
Monsignor Lino nel suo intervento, ispirato e molto articolato, ha preso spunto dal tema di quest’anno: l Magi venuti dall’Oriente a seguito della stella per onorare e adorare il Re che è nato (Mt 2,2) come metafora del cammino verso l’unità delle varie realtà ecclesiali. “Ciò che ci unisce è di gran lunga più grande di ciò che ci divide” ha ricordato il vescovo citando il documento conciliare “Unitatis redentegratio”: per essere più autorevoli e credibili, luce e spirito del mondo altrimenti destinato al collasso. Al tempo stesso ha sottolineato la nostra natura fondata sul desiderio di amare ed essere amati, esperti di umanità, portatori di fraternità che non possono tacere di tante divisioni e sperequazioni: pochi sempre più benestanti e tantissimi che non hanno il minimo indispensabile. Le particolarità delle diverse chiese non sono un ostacolo, ma un arricchimento.

La celebrazione si era aperta con la meditazione dell’arcivescovo Ian sul brano di san Paolo nella Lettera agli Efesini (capitolo V), che nella testimonianza di una fraternità condivisa vede il mezzo per essere luce e ispirazione di nuovi abitudini e stili di vita del mondo.
Toccante il saluto di pope Vasile che ha testimoniato la fraternità e la collaborazione che ha ricevuto nel corso del suo ministero nella diocesi di Viterbo da parte sia delle autorità ecclesiastiche che dalla comunità dei fedeli cattolici.

La cerimonia, organizzata dall’Ufficio Diocesano per l’Ecumenismo, si è tenuta nella nuova chiesa dei SS Valentino e Ilario nel quartiere Villanova, splendidamente organizzata dal parroco don Emanuele Germani che, a conclusione, ha invitato le personalità presenti a una fraterna cena “diplomatica”.
Alla fine dell’incontro, incoraggiati da tanti buoni sentimenti, conviene fare un esame di coscienza e rimarcare quante divisioni e conflitti, nel nostro piccolo, sperimentiamo nelle nostre comunità, ecclesiali e non. Certamente non possiamo cambiare il mondo, ma animati dalla vera carità dobbiamo cambiare noi stessi nel mondo.
Foto di Mariella Zadro

Editore e Direttore Editoriale
Mario Mancini, nato in Roma nel 1943, dopo la laurea in scienze geologiche, con tesi in geofisica, nel 1967 e un anno di insegnamento della matematica in un istituto tecnico industriale romano, svolge per un quinquennio la sua professione di geofisico e sismologo prevalentemente all’estero, in particolare in Papua Nuova Guinea presso il Rabaul Central Volcanological Observatory e in Australia nella sezione aviotrasportata a Canberra, in entrambi i casi per la BMR Australia, intervallando le due esperienze con un viaggio di studio in Giappone nell’estate del 1970.
Rientrato in Italia nel 1972, si impiega come geofisico presso la CMP di Roma per la quale lavora per sei anni, con diversi incarichi in Italia e all’estero.
Fin da liceale, nel 1959, aveva conosciuto Tommasa Alfieri e l’Opera Familia Christi da lei fondata. La figura e la spiritualità della Signorina Masa, come i suoi discepoli chiamavano la Alfieri, resteranno per Mancini un fondamentale riferimento per tutta la vita. Laico consacrato nel gruppo maschile dell’opera già dal 1974, nel 1979 fa la scelta di dedicarsi completamente all’Opera e va a vivere nell’eremo di Sant’Antonio alla Palanzana.
Alla morte della fondatrice, nel 2000, l’intero patrimonio dell’Opera passa per testamento all’associazione Vittorio e Tommasina Alfieri, all’uopo voluta dalla stessa Alfieri e della quale Mancini era stato tra i fondatori.
Per accordi associativi, più tardi violati da persone riuscite ad assumere il controllo dell’associazione, Mancini resta all’Eremo, unica persona a risiedervi in permanenza e a occuparsene.
La nuova gestione dell’associazione, decisa a trasformare la Familia Christi da istituzione prettamente laicale e una confraternita sacerdotale anticonciliare, nel 2005 convince Mancini a dimettersi dall’associazione stessa, in cambio della promessa, purtroppo mai ratificata legalmente, di lasciargli l’Eremo.
Fino fino al 2012, questo luogo, sotto la conduzione di Mancini, che sempre nel 2005 ha fondato l’associazione Amici della Familia Christi e ha registrato presso il Tribunale di Viterbo la testata Sosta e Ripresa, anch’essa fondata da Tommasa Alfieri e della quale Mancini è direttore editoriale, svolge un prezioso compito di Centro di spiritualità e di apertura ecumenica e interreligiosa.
Nel 2012 la confraternita appropriatasi del nome di Familia Christi (poi sciolata dalla Santa Sede con riduzione allo stato laicale di tutti i suoi esponenti) in violazione degli accordi presi a suo tempo ottiene dal Tribunale la restituzione dell’Eremo.
Mancini resta a Viterbo e prosegue il suo impegno ecclesiale in vari uffici diocesani e nel comitato regionale per l’ecumenismo ed il dialogo interreligioso.