La notizia data da Papa Francesco all’Angelus di domenica scorsa, 9 luglio, della creazione di nuovi cardinali il prossimo settembre, contiene un aspetto che su queste pagine merita di essere sottolineato. Tra i ventuno nuovi membri del collegio cardinalizio figura l’arcivescovo Agostino Marchetto. Questa scelta del Papa è un dono per la Chiesa tutta e riempie di gioia quanti, come me che scrivo queste righe, hanno avuto modo negli anni di conoscerlo e di apprezzarne la statura personale, intellettuale ed etica e di beneficiare dell’arricchimento di quella che considerano un’amicizia preziosa. Per inciso proprio a questa amicizia i lettori di Sosta e Ripresa devono i non pochi interventi di monsignor Marchetto sul nostro giornale.
Il nuovo cardinale non figura tra quelli elettori, avendo da quasi tre anni superato quella soglia degli ottant’anni che esclude dal Conclave. È nato infatti il 28 agosto del 1940 a Vicenza. Ma sarebbe ingenuo e riduttivo pensare che questo tolga qualcosa a lui e diminuisca in qualche misura il surplus di valore che aggiunge al collegio cardinalizio.
Rileggendo il necessariamente sintetico curriculum vitae di Agostino Marchetto che accompagna i suoi interventi su Sosta e Ripresa, il pensiero si fa memoria mentre traccio queste righe. Marchetto fu ordinato sacerdote a 24 anni nella sua Vicenza, e ben presto chiamato a Roma per lavorare nella Segreteria di Stato vaticana e nelle Rappresentanze pontificie di Zambia e Malawi, Cuba, Algeria, Tunisia, Marocco e Libia, Portogallo, Zimbabwe. Nel 1985 venne nominato e consacrato arcivescovo (del titolo storico di Astigi, oggi Ecija, in Andalusia). Diventò nunzio apostolico, con il primo incarico in Madagascar e Mauritius, La Réunion, Mayotte, Isole Comore, seguito da quelli in Tanzania e poi in Bielorussia.
Rientrato a Roma, soprattutto a causa di una patologia difficile che vinse, restò per qualche tempo con la “strana” qualifica di nunzio a disposizione. Era in questa sorta di “aspettativa per malattia” quando lo conobbi, a un convegno dell’Istituto Rezza di Vicenza che ci vide impegnati entrambi. E mi colpirono lo stile e l’onesta intellettuale dell’uomo, prima ancora che del rappresentante della Santa Sede.
Riprese il servizio attivo con la nomina prima a Osservatore permanente della Santa Sede presso la Fao, il Pam e l’Ifad, le agenzie dell’Onu con sede a Roma che si occupano in senso lato di agricoltura e alimentazione, poi a segretario del Pontificio Consiglio per la pastorale dei Migranti e degli Itineranti. Se c’è qualcuno che ha fatto chiarezza e giustizia di tanti equivoci e di tanta ignoranza, anche tra molti che si dichiarano cattolici, su quanto la Dottrina sociale della Chiesa afferma in materia di mobilità umana, questi è lui, ed era difficile farlo in un’epoca in cui la parte più becera della politica trovava – e purtroppo trova ancora – consenso “di pancia” alle farneticazioni a proposito di invasioni, di difesa delle frontiere e di blocchi navali per impedire gli sbarchi. Ma per la verità in qualche caso la sua fu una battaglia senza tutti quegli alleati che riteneva lecito attendersi. Ma in tutta onestà aggiungo che io non fui tra i latitanti.
Presentò le dimissioni a Papa Benedetto XVI nel 2010, a settant’anni come è prerogativa dei nunzi apostolici, per dedicarsi a tempo pieno ai suoi studi, già più che fecondi, sul Concilio Vaticano II, che fanno ragione sia delle “fughe in avanti” di alcuni commentatori, sia degli arroccamenti di tanti “tradizionalisti” o peggio che confondono i propri pregiudizi, il proprio clericalismo antistorico, con una presunta fedeltà alla Chiesa. Del Concilio Papa Francesco lo ha definito il più grande ermeneuta. Lo stesso Papa Francesco quattro anni dopo lo ha voluto membro della Congregazione per l’Evangelizzazione dei popoli.
L’arcivescovo Marchetto è stato ed è dunque molte cose: un grande diplomatico; uno storico di assoluto valore; una voce significativa del cattolicesimo in questioni vitali – forse le più importanti nella nostra epoca- quali la lotta alla fame e la situazione dei migranti; una voce alta e senza tentennamenti nei consessi internazionali su ogni questione in cui vengono violati i diritti – quelli autentici – dell’uomo.
La sua bibliografia è troppo lunga per essere riportata completamente. Ai ponderosi volumi sul Concilio da lui firmati si affianca “Primato pontifio ed episcopato. Dal primo millennio al Concilio Ecumenico Vaticano II. Studi in onore dell’arcivescovo Agostino Marchetto” a cura di Jean Ehret”.
Da citare altresì il libro intervista “Agostino Marchetto. Chiesa e migranti. La mia battaglia per una sola famiglia umana”, realizzato con Marco Roncalli.
E si può concludere che leggere quanto scrive questo nuovo cardinale è cosa buona e utile.
Foto tratta dal web

Direttore Responsabile
Giornalista professionista, ha lasciato a fine febbraio del 2016, pochi giorni dopo il suo sessantesimo compleanno, L’Osservatore Romano, il giornale della Santa Sede, dove aveva svolto la sua professione negli ultimi trent’anni, occupandosi principalmente di politica internazionale, con particolare attenzione al Sud del mondo.
Ha incominciato la sua professione giornalistica nel 1973, diciassettenne, a L’Avanti, all’epoca quotidiano del Partito Socialista Italiano, con il Direttore Responsabile Franco Gerardi. Nello stesso periodo, fino al 1979, ha collaborato con la rivista Sipario e ha effettuato servizi per l’editrice di cinegiornali 7G.
Ha diretto negli anni 1979-1980 i programmi giornalistici di Radio Lazio, prima emittente radiofonica non pubblica a Roma, producendovi altresì i testi del programma di intrattenimento satirico Caramella.
Ha poi lavorato per l’agenzia di stampa ADISTA, collaborando contemporaneamente con giornali spagnoli e statunitensi.
Nel 1984 ha incominciato a lavorare per la stampa del Vaticano, prima alla Radio Vaticana, dove al lavoro propriamente giornalistico ha affiancato la realizzazione, con altri, di programmi di divulgazione culturale successivamente editi in volume.
All’inizio del 1986 è stato chiamato a L’Osservatore Romano, all’epoca diretto da Mario Agnes, dove si è occupato da prima di cronaca e politica romana e italiana. Successivamente è passato al servizio internazionale, come redattore, inviato e commentatore. La prima metà degli anni Novanta lo ha visto impegnato in prevalenza nel documentare i conflitti nei Balcani e negli anni successivi si è occupato soprattutto del Sud del mondo, in particolare dell’Africa, ma anche dell’America Latina.
Su L’Osservatore Romano ha firmato circa duemila articoli sull’edizione quotidiana e su quelle settimanali. Ha inoltre contribuito alla realizzazione di alcuni numeri de I quaderni de L’Osservatore Romano, collana editoriale sui principali temi di politica, di cultura e di dialogo internazionali.
Collabora con altre testate, cattoliche e non, e con programmi d’informazione radiofonica e televisiva.
È Direttore Responsabile, a titolo gratuito, della rivista Sosta e Ripresa.
Ha insegnato comunicazione e politica internazionale in scuole di giornalismo e ha tenuto master di secondo livello, come professore a contratto, in Università italiane. Ha tenuto corsi, seminari e conferenze in Italia e all’estero. Ha tenuto corsi sull’attività diplomatica della Santa Sede in istituti superiori di cultura in Italia.
È autore di saggi, romanzi, raccolte di poesie, diari di viaggio, testi teatrali. Sue opere sono riportate in antologie poetiche del Novecento.
È tra i fondatori dell’Associazione Amici di Padre Be’ e della Fondazione Padre Bellincampi ONLUS, che si occupano di assistenza all’infanzia, e dell’associazione L.A.W. Legal Aid Worldwide ONLUS, per la tutela giurisdizionale dei diritti dell’uomo. Ha partecipato a progetti sociali per la ricostruzione di Sarajevo. È stato promotore e sostenitore di un progetto di commercio equo e solidale realizzato in Argentina.