Questa domenica che apre l’ultima settimana di quaresima sollecita questa testata a qualche riflessione – e se del caso a qualche ammonimento – da offrire ai suoi lettori. Il primo punto ruota proprio intorno alla quaresima, tempo forte di riflessione sul cammino dell’uomo, di esame della condizione di peccato da indagare negli aspetti della vicenda quotidiana individuale, sociale ed ecclesiale. Questa quaresima è stata caratterizzata da prese di posizione sulla guerra in Ucraina, da scelte di campo non sulla cosa in sé, appunto la guerra, ma sul modo in cui coinvolgersene.
I cattolici e i cristiani in genere – ma forse sarebbe meglio dire i battezzati – non si sono sottratti a questo schema. L’esempio più evidente riguarda le spese per gli armamenti, la destinazione di percentuali dei bilanci nazionali da sottrarre al cibo, alla tutela della salute, al risanamento ambientale, alla tutela del lavoro, al sostegno alle persone e alle famiglie, all’istruzione, per far fare affari ai produttori di armi.
Occorre ripetersi: è ancora il vecchio, logoro motto latino del si vis pacem para bellum (se vuoi la pace prepara la guerra).

- Chi si professa cattolico, a partire da chi ha responsabilità pubbliche (l’esempio più evidente è il presidente degli Stati Uniti Joe Biden, ma non ne mancano certo anche in Italia) dovrebbe forse confrontarsi seriamente con quanto detto senza possibilità di equivoco da Papa Francesco che ha definito folle l’aumento della spesa in armamenti.

E anche ciascuno di noi non può considerare le parole del Papa una sorta di espressione di buoni sentimenti che poco hanno a che fare con la realtà delle cose. Perché quel motto latino appartiene a una visione pagana e conflittuale della storia, a considerare l’altro un nemico e non un nostro fratello nella comune umanità, appartiene alla scelta di accettare di rimanere nel peccato.
Questo giornale e chi lo dirige ritengono che dichiararsi cattolici significhi affermare che la pace si prepara con la pace, con gesti di pace, con pensieri di pace, facendosi costruttori di pace. E in questo significa anche non sottovalutare, banalizzare le parole di chi nel cantiere della pace è chiamato a condurre la Chiesa. Altrimenti si è cattolici con riserva, si crede nel Dio incarnato, morto e risorto per noi, solo quando è d’accordo con noi, con le nostre opinioni, con i nostri interessi, con il nostro trovare un modus vivendi con il peccato.
Il magistero della Chiesa ci dice che dobbiamo sciogliere quella riserva o riconoscerci non solo peccatori, ma di fatto non cattolici.
Foto tratte dal web

Direttore Responsabile
Giornalista professionista, ha lasciato a fine febbraio del 2016, pochi giorni dopo il suo sessantesimo compleanno, L’Osservatore Romano, il giornale della Santa Sede, dove aveva svolto la sua professione negli ultimi trent’anni, occupandosi principalmente di politica internazionale, con particolare attenzione al Sud del mondo.
Ha incominciato la sua professione giornalistica nel 1973, diciassettenne, a L’Avanti, all’epoca quotidiano del Partito Socialista Italiano, con il Direttore Responsabile Franco Gerardi. Nello stesso periodo, fino al 1979, ha collaborato con la rivista Sipario e ha effettuato servizi per l’editrice di cinegiornali 7G.
Ha diretto negli anni 1979-1980 i programmi giornalistici di Radio Lazio, prima emittente radiofonica non pubblica a Roma, producendovi altresì i testi del programma di intrattenimento satirico Caramella.
Ha poi lavorato per l’agenzia di stampa ADISTA, collaborando contemporaneamente con giornali spagnoli e statunitensi.
Nel 1984 ha incominciato a lavorare per la stampa del Vaticano, prima alla Radio Vaticana, dove al lavoro propriamente giornalistico ha affiancato la realizzazione, con altri, di programmi di divulgazione culturale successivamente editi in volume.
All’inizio del 1986 è stato chiamato a L’Osservatore Romano, all’epoca diretto da Mario Agnes, dove si è occupato da prima di cronaca e politica romana e italiana. Successivamente è passato al servizio internazionale, come redattore, inviato e commentatore. La prima metà degli anni Novanta lo ha visto impegnato in prevalenza nel documentare i conflitti nei Balcani e negli anni successivi si è occupato soprattutto del Sud del mondo, in particolare dell’Africa, ma anche dell’America Latina.
Su L’Osservatore Romano ha firmato circa duemila articoli sull’edizione quotidiana e su quelle settimanali. Ha inoltre contribuito alla realizzazione di alcuni numeri de I quaderni de L’Osservatore Romano, collana editoriale sui principali temi di politica, di cultura e di dialogo internazionali.
Collabora con altre testate, cattoliche e non, e con programmi d’informazione radiofonica e televisiva.
È Direttore Responsabile, a titolo gratuito, della rivista Sosta e Ripresa.
Ha insegnato comunicazione e politica internazionale in scuole di giornalismo e ha tenuto master di secondo livello, come professore a contratto, in Università italiane. Ha tenuto corsi, seminari e conferenze in Italia e all’estero. Ha tenuto corsi sull’attività diplomatica della Santa Sede in istituti superiori di cultura in Italia.
È autore di saggi, romanzi, raccolte di poesie, diari di viaggio, testi teatrali. Sue opere sono riportate in antologie poetiche del Novecento.
È tra i fondatori dell’Associazione Amici di Padre Be’ e della Fondazione Padre Bellincampi ONLUS, che si occupano di assistenza all’infanzia, e dell’associazione L.A.W. Legal Aid Worldwide ONLUS, per la tutela giurisdizionale dei diritti dell’uomo. Ha partecipato a progetti sociali per la ricostruzione di Sarajevo. È stato promotore e sostenitore di un progetto di commercio equo e solidale realizzato in Argentina.