Viviamo in un contesto sociale che sembra sempre più avvelenato da rabbia e odio. In ogni campo il confronto tra posizioni diverse trova persone decise ad affrontarsi in maniera estremistica e violenta. Argomenti come lo sport, la religione, la politica, l’economia, la razza, l’ecologia, generazioni differenti, ceti sociali differenti scatenano risentimento e violenza. Recentemente si è aggiunto a questo elenco conflittuale anche la questione sanitaria con i favorevoli o contrari a certi presidi sanitari decisi a scagliarsi gli uni contro gli altri al grido di “dalli all’untore”: e questa ultima deriva che ci proietta indietro nei secoli è totalmente inaccettabile, specialmente per una cultura cattolica come quella di Sosta e Ripresa.
Basterebbero le parole di Papa Francesco che raccomanda il vaccino anticovid come un gesto di solidarietà e di amore verso il prossimo per chiudere il discorso dal punto di vista cristiano, ma forse si può aggiungere una riflessione.
Francesco d’Assisi, in un gesto eroico, abbracciò il lebbroso, il malato più ributtante dell’antichità; tanti santi hanno scritto pagine eroiche di assistenza ai malati ed ai bisognosi. Allora il discorso si allarga a tutte le opere di misericordia che il vangelo di Matteo elenca al capitolo XXV, versetti 31 – 46. Siamo pronti per un abbraccio tra un pro-vax ed un no-vax?
Certo non siamo tutti santi eroi come Francesco e certo neppure tutti godiamo dell’eventuale disgrazia dell’altro pensando: “Ben gli sta, se l’è cercata”. Tuttavia, sempre Matteo ricorda in fondo al capitolo V (ma è tutto il messaggio del Signore Gesù che lo sostiene): “Se amate quelli che vi amano, quale ricompensa ne avete, non fanno così anche i pubblicani?”
Rivisitiamo le opere di misericordia sotto questa prospettiva: c’è il bisognoso cui diamo da mangiare perché non ha niente, ma forse in fondo pensiamo ”chi glielo ha fatto fare, poteva stare al suo paese”, oppure “ha speso il suo reddito in una sala giochi, in alcoolici, in droga” e ci ribelliamo interiormente.
C’è chi è preposto al controllare, a perseguire, a sanzionare e punire e lo deve fare secondo leggi e giustizia, ma per un cristiano un infelice, qualsiasi sia la sua colpa, è sempre il volto del Cristo sofferente. Certo preferiremmo spenderci per chi soffre da innocente, ma non fanno così anche i pagani?
Editore e Direttore Editoriale
Mario Mancini, nato in Roma nel 1943, dopo la laurea in scienze geologiche, con tesi in geofisica, nel 1967 e un anno di insegnamento della matematica in un istituto tecnico industriale romano, svolge per un quinquennio la sua professione di geofisico e sismologo prevalentemente all’estero, in particolare in Papua Nuova Guinea presso il Rabaul Central Volcanological Observatory e in Australia nella sezione aviotrasportata a Canberra, in entrambi i casi per la BMR Australia, intervallando le due esperienze con un viaggio di studio in Giappone nell’estate del 1970.
Rientrato in Italia nel 1972, si impiega come geofisico presso la CMP di Roma per la quale lavora per sei anni, con diversi incarichi in Italia e all’estero.
Fin da liceale, nel 1959, aveva conosciuto Tommasa Alfieri e l’Opera Familia Christi da lei fondata. La figura e la spiritualità della Signorina Masa, come i suoi discepoli chiamavano la Alfieri, resteranno per Mancini un fondamentale riferimento per tutta la vita. Laico consacrato nel gruppo maschile dell’opera già dal 1974, nel 1979 fa la scelta di dedicarsi completamente all’Opera e va a vivere nell’eremo di Sant’Antonio alla Palanzana.
Alla morte della fondatrice, nel 2000, l’intero patrimonio dell’Opera passa per testamento all’associazione Vittorio e Tommasina Alfieri, all’uopo voluta dalla stessa Alfieri e della quale Mancini era stato tra i fondatori.
Per accordi associativi, più tardi violati da persone riuscite ad assumere il controllo dell’associazione, Mancini resta all’Eremo, unica persona a risiedervi in permanenza e a occuparsene.
La nuova gestione dell’associazione, decisa a trasformare la Familia Christi da istituzione prettamente laicale e una confraternita sacerdotale anticonciliare, nel 2005 convince Mancini a dimettersi dall’associazione stessa, in cambio della promessa, purtroppo mai ratificata legalmente, di lasciargli l’Eremo.
Fino fino al 2012, questo luogo, sotto la conduzione di Mancini, che sempre nel 2005 ha fondato l’associazione Amici della Familia Christi e ha registrato presso il Tribunale di Viterbo la testata Sosta e Ripresa, anch’essa fondata da Tommasa Alfieri e della quale Mancini è direttore editoriale, svolge un prezioso compito di Centro di spiritualità e di apertura ecumenica e interreligiosa.
Nel 2012 la confraternita appropriatasi del nome di Familia Christi (poi sciolata dalla Santa Sede con riduzione allo stato laicale di tutti i suoi esponenti) in violazione degli accordi presi a suo tempo ottiene dal Tribunale la restituzione dell’Eremo.
Mancini resta a Viterbo e prosegue il suo impegno ecclesiale in vari uffici diocesani e nel comitato regionale per l’ecumenismo ed il dialogo interreligioso.