Nel terzo millennio del cristianesimo l’espressione “fratelli separati” può suonare come negativa, ma quando fu coniata, quasi due secoli fa, fu una intuizione rivoluzionaria. Era la prima metà del XIX secolo e per secoli i cristiani di differenti confessioni si erano combattuti fisicamente infliggendosi reciprocamente morte e devastazione. A pronunziarla, o meglio, a scriverla fu un viterbese, Domenico Barberi, entrato in religione tra i passionisti con il nome di Domenico della Madre di Dio. La scrisse in una lettera, in latino, indirizzata a un professore anglicano dell’Università di Oxford.
Il suo cuore era fatto per l’amore, e per un Amore più grande si era strappato in età giovanile dall’affetto per una fidanzatina.
Da quel momento il suo cuore aveva battuto solo per la missione che lo aveva condotto a fermarsi in una stazione ferroviaria vicino Londra, nel 1849. Paolo VI proclamò la beatificazione di Domenico nel 1963, in pieno Concilio Ecumenico, definendolo Apostolo dell’Ecumenismo e Apostolo dell’Inghilterra. E bisogna riconoscere che gli inglesi hanno saputo ricambiare questo suo amore venerandolo ancora oggi e pregando per la sua canonizzazione.
Lo hanno sperimentato, ancora una volta, i pellegrini partiti da Viterbo, la città natale del beato Domenico, dove era soprannominato Meco della Palanzana. Il viaggio era organizzato dall’Associazione Amici del Beato Domenico Barberi ed era il premio assegnato ad alcuni studenti per un concorso sull’ecumenismo fatto nelle scuole viterbesi.
Il pellegrinaggio ha seguito alcune delle principali tappe dove Domenico aveva eretto le rinnovate istituzioni cattoliche: Londra, Littlemore (Oxford) dove la parrocchia è a lui intestata, Birmingham (con l’oratorio del suo discepolo John Henry Newman, il grande teologo convertito dall’anglicanesimo al cattolicesimo, creato cardinale da Leone XIII nel 1879, e canonizzato nel 2019 da Papa Francesco), Sutton di St. Helens (arcidiocesi di Liverpool) dove a fianco della chiesa parrocchiale a lui intestata, è stato costruito un santuario per ospitare e venerare il corpo del beato Barberi.
I partecipanti al pellegrinaggio sono stati sempre accolti entusiasticamente, mostrando così un lato forse poco noto del calore britannico, rinnovando i ricordi di precedenti visite reciproche. Addirittura trionfale è stata l’accoglienza per uno dei giovani del gruppo per essere un lontano discendente del beato Domenico.
Particolarmente interessante è stata la visita a Birmingham: al vescovado è stata consegnata una documentazione per recuperare la villa di campagna dove il giovane Domenico lavorò come bracciante agricolo. Lo stabile è confinante con l’ospedale di Viterbo e verrebbe restaurato per ospitare i parenti dei degenti che vengono da lontano. Lo stabile è proprietà della Provincia ed il presidente della Provincia, Alessandro Romoli, dopo un accurato sopralluogo, si è espresso favorevolmente e ha accompagnato la documentazione con una lettera all’arcivescovo di Birmingham, Bernard Longley, nella quale assume l’impegno a cedere il complesso in comodato all’Associazione.
Inoltre un nuovo legame si è instaurato con il convento delle suore Brigidine di Iver (Londra) che hanno anch’esse come carisma l’ecumenismo, a partire dai fratelli luterani, maggioranza in un Paese, la Svezia, del quale santa Brigida era stata. Si è in questo modo rafforzato un rapporto con una famiglia religiosa che fu particolarmente cara alla fondatrice di questo giornale, Tommasa Alfieri, e a monsignor Giuseppe Canovai, il primo assistente spirituale della Familia Christi, la comunità laicale da lei creata.
Un pellegrinaggio, in estrema sintesi, che ha rafforzato l’auspicio UT UNUM SINT.

Editore e Direttore Editoriale
Mario Mancini, nato in Roma nel 1943, dopo la laurea in scienze geologiche, con tesi in geofisica, nel 1967 e un anno di insegnamento della matematica in un istituto tecnico industriale romano, svolge per un quinquennio la sua professione di geofisico e sismologo prevalentemente all’estero, in particolare in Papua Nuova Guinea presso il Rabaul Central Volcanological Observatory e in Australia nella sezione aviotrasportata a Canberra, in entrambi i casi per la BMR Australia, intervallando le due esperienze con un viaggio di studio in Giappone nell’estate del 1970.
Rientrato in Italia nel 1972, si impiega come geofisico presso la CMP di Roma per la quale lavora per sei anni, con diversi incarichi in Italia e all’estero.
Fin da liceale, nel 1959, aveva conosciuto Tommasa Alfieri e l’Opera Familia Christi da lei fondata. La figura e la spiritualità della Signorina Masa, come i suoi discepoli chiamavano la Alfieri, resteranno per Mancini un fondamentale riferimento per tutta la vita. Laico consacrato nel gruppo maschile dell’opera già dal 1974, nel 1979 fa la scelta di dedicarsi completamente all’Opera e va a vivere nell’eremo di Sant’Antonio alla Palanzana.
Alla morte della fondatrice, nel 2000, l’intero patrimonio dell’Opera passa per testamento all’associazione Vittorio e Tommasina Alfieri, all’uopo voluta dalla stessa Alfieri e della quale Mancini era stato tra i fondatori.
Per accordi associativi, più tardi violati da persone riuscite ad assumere il controllo dell’associazione, Mancini resta all’Eremo, unica persona a risiedervi in permanenza e a occuparsene.
La nuova gestione dell’associazione, decisa a trasformare la Familia Christi da istituzione prettamente laicale e una confraternita sacerdotale anticonciliare, nel 2005 convince Mancini a dimettersi dall’associazione stessa, in cambio della promessa, purtroppo mai ratificata legalmente, di lasciargli l’Eremo.
Fino fino al 2012, questo luogo, sotto la conduzione di Mancini, che sempre nel 2005 ha fondato l’associazione Amici della Familia Christi e ha registrato presso il Tribunale di Viterbo la testata Sosta e Ripresa, anch’essa fondata da Tommasa Alfieri e della quale Mancini è direttore editoriale, svolge un prezioso compito di Centro di spiritualità e di apertura ecumenica e interreligiosa.
Nel 2012 la confraternita appropriatasi del nome di Familia Christi (poi sciolata dalla Santa Sede con riduzione allo stato laicale di tutti i suoi esponenti) in violazione degli accordi presi a suo tempo ottiene dal Tribunale la restituzione dell’Eremo.
Mancini resta a Viterbo e prosegue il suo impegno ecclesiale in vari uffici diocesani e nel comitato regionale per l’ecumenismo ed il dialogo interreligioso.