Manca più di un anno al 24 dicembre 2024, eppure quella data già incomincia a imporsi all’attualità, perché sarà quella dell’apertura della Porta Santa del Giubileo, il primo ordinario del XXI secolo (uno straordinario della Misericordia, lo aveva voluto Papa Francesco nel 2015/2016). La data in questione è stata citata più volte – con toni di aspettativa e di urgenza – durante il convegno su “Comunicare il Giubileo 2025” di giovedì 16 novembre, organizzato dall’Unione Cattolica Stampa Italiana (UCSI) del Lazio, dall’Ordine dei giornalisti e dalla RAI che lo ha ospitato nella sala “Sergio Zavoli” della sede di viale Mazzini a Roma. Proprio giornalisti erano gran parte dei partecipanti al convegno, sia per interesse professionale, sia perché era valido per i crediti formativi dell’ordine.
Il succedersi delle relazioni e degli interventi ha evidenziato diversi aspetti legati a un Giubileo, cioè a un appuntamento a cui davvero si addice l’espressione “grande evento”, tante volte abusata fino allo svilimento su molta stampa e soprattutto sui cosiddetti social.
Dopo i saluti di Roberto Sergio e Stefano Ziantoni per la Rai, di Vincenzo Varagona, presidente nazionale dell’UCSI, e di Guido D’Ubaldo presidente dell’Ordine dei giornalisti del Lazio, la prima sessione del convegno, moderata da Mario Cesaro della RAI, ha visto susseguirsi le relazioni dell’arcivescovo Rino Fisichella, Pro-Prefetto della Sezione per le questioni fondamentali dell’evangelizzazione nel mondo del Dicastero della Santa Sede per l’Evangelizzazione, che è presieduto personalmente dal Papa; della vaticanista Rai Vania De Luca; del direttore dell’agenzia di stampa AdnKronos Davide Desario.
L’arcivescovo Fisichella, oltre a citare una stima di un’agenzia indipendente sul previsto arrivo a Roma per il Giubileo di oltre 35 milioni di pellegrini, si è rivolto in particolare proprio ai giornalisti, esortandoli a raccontare il Giubileo attraverso le motivazioni caratteristiche di ognuno di questi grandi eventi, almeno dal 1950 ad oggi, sviluppando il motto di quello che sta per cominciare: “peregrinantes in spe”. Quello del 2025 vuole essere dunque il Giubileo della speranza, ma l’espressione latina ha un taglio molto più dinamico che monsignor Fisichella ha approfondito con una esegesi della virtù teologale cristiana della Speranza.
Vania De Luca, ha evidenziato nella sua relazione su “Il mestiere del vaticanista” lo sforzo di papa Francesco a favorire il dialogo e l’ascolto, mentre Davide Desario ha messo in guardia i colleghi dal pericolo di false notizie diffuse grazie ai nuovi incontrollabili mezzi di comunicazione.
Dopo un breve intervallo i lavori sono ripresi con la conduzione di Maurizio Di Schino, presidente UCSI Lazio (che ha giustamente ricordato ai colleghi l’importanza di pesare e usare le parole. per una corretta comunicazione). Particolarmente sentita è stata la testimonianza di don Stefano Cascio, consulente ecclesiastico UCSI Lazio, che parlando di “Vivere il Giubileo” ha raccontato come le sue esperienze giovanili nel Medio Oriente si siano coagulate nella vocazione sacerdotale partecipando al Giubileo del 2000. Molto seguita anche la relazione su “Vita da pellegrino” di Carmen Salvemini, dell’Opera Romana Pellegrinaggi, che si è soffermata sull’aspetto dell’accompagnamento spirituale del Pellegrino. Stefano Ziantoni, direttore di Rai-Vaticano, ha sottolineato l’aspetto culturale del Giubileo invitando i colleghi a una rilettura dei documenti pontifici, evitando il malvezzo di concentrarsi solo sull’apertura della Porta Santa, perché del Giubileo quello è solo l’inizio. Infine Javier Romero, direttore di Rome Reports, parlando su “La stampa estera e il Giubileo 2025”, ha raccontato le peripezie di un giornalista straniero in Italia.
Ha concluso i lavori il panel deontologico, guidato da Stefano Girotti Zirotti, vice caporedattore Rai Vaticano, con gli interventi di Carlo Felice Corsetti, presidente dei Pubblicisti Italiani Uniti per l’Europa e vicepresidente del collegio nazionale probiviri della Federazione Nazionale Stampa Italiana, su “Comunicare la Fede” e del giornalista Manuel Sánchez su “L’aggiornamento professionale nell’informazione su Chiesa e Giubileo”.
Tra le poche le domande ai relatori, una di senso l’ha posta Mario Mancini, presidente dell’associazione intitolata al beato viterbese Domenico Bàrberi che edita Sosta e Ripresa, della quale è direttore editoriale e, per inciso, è stato in passato presidente dell’UCSI di Viterbo. Mancini ha chiesto all’arcivescovo Fisichella, come viene trattato l’aspetto penitenziale e devozionale del pellegrinaggio giubilare, notando che l’origine del fenomeno, che anticipa di oltre mille anni il primo Giubileo del 1300, nasceva proprio dalla fede devozionale per i luoghi significativi della religione e dalla necessità di penitenza sia sacramentale sia ascetica.
A questo proposito va notato che per tutto il convegno non si è mai nemmeno accennato al “lucrare” l’Indulgenza plenaria (alle solite condizioni canoniche) che è stato il motore storico del fenomeno giubilare, almeno nel cristianesimo, in quanto nell’ebraismo il giubileo, codificato nell’antico testamento, non venne mai realizzato. È vero che il Convegno si è svolto in un ambiente laico, con il patrocinio dell’Ordine professionale e la Rai, ma trattando un fenomeno legato soprattutto alla fede cristiana bisognerebbe mantenere una coerenza interna all’argomento altrimenti delle dodici lettere che formano il “grande evento”, svuotato del suo significato fondante, rimangono solo le ultime cinque: vento.