Accostare Maria santissima in questo tempo aperto dal Natale del Signore, seguendo la testimonianza e l’insegnamento di Tommasa Alfieri, significa immergersi nel grotta di Betlem dove, con la nascita del Bambinello, la famiglia di Cristo era finalmente al completo.
Anche per Tommasa Alfieri, che fece a 14 anni il suo voto di castità, la famiglia fu un segno della maturità del suo percorso spirituale.

La Signorina Masa, così la chiameranno i suoi discepoli, era arrivata a denominare con questo nome la sua Opera, dopo che un primo tentativo, iniziato negli anni Trenta, col nome di “Regina Crucis”, era stato distrutto (in senso letterale) dai bombardamenti di Tivoli nella seconda guerra mondiale. Dopo quell’esperienza drammatica la Signorina Masa, messasi al servizio della Chiesa nel CIF, rielaborò la sua “creatura”, aggiornò i regolamenti e iniziò una nuova comunità col nome di Familia Christi, emblematico della sua vocazione alla maternità spirituale: non per niente le anime consacrate nell’Opera la chiamavano “mamma”. Così spesso richiamava, nei discorsi, l’incontro tra Santa Caterina da Siena e la madre del suo discepolo che reclamava suo figlio.
“Voi l’avete generato una volta alla carne, io infinite volte allo spirito”. Questa maternità spirituale la signorina Masa sentiva profondamente. Quando la “familia”, dopo la celebrazione della liturgia della notte di Natale, si riuniva al “foco comune” viveva le sue parole travasate nei suoi scritti:
«Camino di pietra, fuoco di legna, quando fa freddo. Ma più in là, passato il corridoio, c’è il vero Foco Comune.
Là sì che la comunità va anche quando fa caldo ed il camino per vari mesi è spento ed inutilizzato. Nostro Signore Gesù Cristo, fuoco comune!
Intorno a Lui, nel Tabernacolo, a scaldarsi. Perché di quel fuoco divino si ha bisogno tutti, sempre, nelle varie stagioni dell’anno, quelle aride e quelle gelide, quelle luminose e quelle buie, quelle gioiose e quelle tristi. Sia che la montagna alle spalle appaia brulla, con gli alberi scheletrici, sia che abbia tutti i toni del verde dei castani, delle querce, dei lecci.
Al fuoco comune! Insieme ed ognuno con il suo tipo di freddo e il suo desiderio di maggiore Vita, maggiore Fiamma, maggiore Luce.
Davanti al Tabernacolo! Intorno a chi ha detto: “Io sono venuto a portare il fuoco sulla terra”.
Ecco suona la campanella: è l’ora di andare dal camino alla Chiesa. Sarà fredda… qui si stava così caldi!
Ma no! Quello è un altro tipo di fuoco: arriva fino al cuore! E poi è Lui che mette tutta la legna».
Direttore Editoriale
Mario Mancini, nato in Roma nel 1943, dopo la laurea in scienze geologiche, con tesi in geofisica, nel 1967 e un anno di insegnamento della matematica in un istituto tecnico industriale romano, svolge per un quinquennio la sua professione di geofisico e sismologo prevalentemente all’estero, in particolare in Papua Nuova Guinea presso il Rabaul Central Volcanological Observatory e in Australia nella sezione aviotrasportata a Canberra, in entrambi i casi per la BMR Australia, intervallando le due esperienze con un viaggio di studio in Giappone nell’estate del 1970.
Rientrato in Italia nel 1972, si impiega come geofisico presso la CMP di Roma per la quale lavora per sei anni, con diversi incarichi in Italia e all’estero.
Fin da liceale, nel 1959, aveva conosciuto Tommasa Alfieri e l’Opera Familia Christi da lei fondata. La figura e la spiritualità della Signorina Masa, come i suoi discepoli chiamavano la Alfieri, resteranno per Mancini un fondamentale riferimento per tutta la vita. Laico consacrato nel gruppo maschile dell’opera già dal 1974, nel 1979 fa la scelta di dedicarsi completamente all’Opera e va a vivere nell’eremo di Sant’Antonio alla Palanzana.
Alla morte della fondatrice, nel 2000, l’intero patrimonio dell’Opera passa per testamento all’associazione Vittorio e Tommasina Alfieri, all’uopo voluta dalla stessa Alfieri e della quale Mancini era stato tra i fondatori.
Per accordi associativi, più tardi violati da persone riuscite ad assumere il controllo dell’associazione, Mancini resta all’Eremo, unica persona a risiedervi in permanenza e a occuparsene.
La nuova gestione dell’associazione, decisa a trasformare la Familia Christi da istituzione prettamente laicale e una confraternita sacerdotale anticonciliare, nel 2005 convince Mancini a dimettersi dall’associazione stessa, in cambio della promessa, purtroppo mai ratificata legalmente, di lasciargli l’Eremo.
Fino fino al 2012, questo luogo, sotto la conduzione di Mancini, che sempre nel 2005 ha fondato l’associazione Amici della Familia Christi e ha registrato presso il Tribunale di Viterbo la testata Sosta e Ripresa, anch’essa fondata da Tommasa Alfieri e della quale Mancini è direttore editoriale, svolge un prezioso compito di Centro di spiritualità e di apertura ecumenica e interreligiosa.
Nel 2012 la confraternita appropriatasi del nome di Familia Christi (poi sciolata dalla Santa Sede con riduzione allo stato laicale di tutti i suoi esponenti) in violazione degli accordi presi a suo tempo ottiene dal Tribunale la restituzione dell’Eremo.
Mancini resta a Viterbo e prosegue il suo impegno ecclesiale in vari uffici diocesani e nel comitato regionale per l’ecumenismo ed il dialogo interreligioso.