La Giornata della memoria dello sterminio nazifascista degli ebrei, istituita dall’Onu nel 2005 e celebrata in tutto il mondo 27 gennaio, data anniversaria della liberazione nel 1945 da parte dell’armata sovietica del lager di Auschwitz, non ha avuto quest’anno in Italia l’abituale sede principale delle celebrazioni al Quirinale. La scelta mostra la sensibilità istituzionale del presidente Sergio Mattarella nell’evitare una propria esposizione mediatica, in concomitanza con la seduta del Parlamento per l’elezione del suo successore. Al tempo stesso, la scelta come sede del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, coglie felicemente un aspetto essenziale dello scopo della Giornata: non solo ricordare il passato, ma educare le nuove generazioni a comprenderne e a non ripeterne gli errori.
Perché il male esiste, perché anche oggi nella nostra società – e persino nelle nostre scuole e università – esistono gruppi, certo minoritari, ma non irrilevanti che quelle ideologie nefaste, quelle pagine più vergognose dell’intera storia italiana ed europea, esaltano. Perché a esse si rifanno azioni criminali che hanno costellato la cronaca, anche degli anni dopo il 1945.
Dei superstiti di quello sterminio non rimangono in molti a portare la loro testimonianza personale. Molti di loro nella vecchiaia tornano a subire le ingiurie, le minacce, persino le aggressioni di quei criminali che senza vergogna, senza alcun senso civico, senza nessuna dignità di intelletto e di cuore infettano la convivenza civile ben più di quanto non faccia qualunque virus pandemico.
La scuola ha un compito essenziale per arginare e per guarire questa minaccia. I ricordi dei sopravvissuti sono stati e sono offerte preziose a questo scopo. Ma la memoria che hanno contribuito a formare è di più, è un patrimonio civile. Spiegarlo, insegnarlo ai nostri ragazzi, ai nostri giovani è compito non eludibile.
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Direttore Responsabile
Giornalista professionista, ha lasciato a fine febbraio del 2016, pochi giorni dopo il suo sessantesimo compleanno, L’Osservatore Romano, il giornale della Santa Sede, dove aveva svolto la sua professione negli ultimi trent’anni, occupandosi principalmente di politica internazionale, con particolare attenzione al Sud del mondo.
Ha incominciato la sua professione giornalistica nel 1973, diciassettenne, a L’Avanti, all’epoca quotidiano del Partito Socialista Italiano, con il Direttore Responsabile Franco Gerardi. Nello stesso periodo, fino al 1979, ha collaborato con la rivista Sipario e ha effettuato servizi per l’editrice di cinegiornali 7G.
Ha diretto negli anni 1979-1980 i programmi giornalistici di Radio Lazio, prima emittente radiofonica non pubblica a Roma, producendovi altresì i testi del programma di intrattenimento satirico Caramella.
Ha poi lavorato per l’agenzia di stampa ADISTA, collaborando contemporaneamente con giornali spagnoli e statunitensi.
Nel 1984 ha incominciato a lavorare per la stampa del Vaticano, prima alla Radio Vaticana, dove al lavoro propriamente giornalistico ha affiancato la realizzazione, con altri, di programmi di divulgazione culturale successivamente editi in volume.
All’inizio del 1986 è stato chiamato a L’Osservatore Romano, all’epoca diretto da Mario Agnes, dove si è occupato da prima di cronaca e politica romana e italiana. Successivamente è passato al servizio internazionale, come redattore, inviato e commentatore. La prima metà degli anni Novanta lo ha visto impegnato in prevalenza nel documentare i conflitti nei Balcani e negli anni successivi si è occupato soprattutto del Sud del mondo, in particolare dell’Africa, ma anche dell’America Latina.
Su L’Osservatore Romano ha firmato circa duemila articoli sull’edizione quotidiana e su quelle settimanali. Ha inoltre contribuito alla realizzazione di alcuni numeri de I quaderni de L’Osservatore Romano, collana editoriale sui principali temi di politica, di cultura e di dialogo internazionali.
Collabora con altre testate, cattoliche e non, e con programmi d’informazione radiofonica e televisiva.
È Direttore Responsabile, a titolo gratuito, della rivista Sosta e Ripresa.
Ha insegnato comunicazione e politica internazionale in scuole di giornalismo e ha tenuto master di secondo livello, come professore a contratto, in Università italiane. Ha tenuto corsi, seminari e conferenze in Italia e all’estero. Ha tenuto corsi sull’attività diplomatica della Santa Sede in istituti superiori di cultura in Italia.
È autore di saggi, romanzi, raccolte di poesie, diari di viaggio, testi teatrali. Sue opere sono riportate in antologie poetiche del Novecento.
È tra i fondatori dell’Associazione Amici di Padre Be’ e della Fondazione Padre Bellincampi ONLUS, che si occupano di assistenza all’infanzia, e dell’associazione L.A.W. Legal Aid Worldwide ONLUS, per la tutela giurisdizionale dei diritti dell’uomo. Ha partecipato a progetti sociali per la ricostruzione di Sarajevo. È stato promotore e sostenitore di un progetto di commercio equo e solidale realizzato in Argentina.