È giunta questo pomeriggio di domenica 16 luglio 2023, improvvisa anche se non inattesa la notizia della morte del vescovo emerito di Ivrea, Luigi Bettazzi. È andato a Dio dopo una vita quasi centenaria – era nato a Treviso il 26 novembre del 1923 e si era poi trasferito a Bologna dove era stato ordinato sacerdote – spesa per intero al servizio di due caposaldi dell’identità cristiana, il primato del servizio al povero, la difesa ostinata del bene della pace.
Partecipò, come vescovo ausiliare del Cardinale arcivescovo di Bologna Giacomo Lercaro, ai lavori del Concilio Vaticano II prima di essere nominato vescovo di Ivrea nel 1967. Fu uomo sempre garbato nel dialogo con chiunque (un dialogo che in Italia venne conosciuto per lo scambio di lettere aperte con i segretari del Partito comunista, Enrico Berlinguer, e della Democrazia Cristiana), Benigno Zaccagnini “perché si realizzi la giustizia e cresca una più autentica solidarietà tra gli uomini”, come scrisse al primo).

Alla gentilezza dei modi accompagnò spesso una certa ironia. Dorante il sequestro di Aldo Moro, poi ucciso dalle Brigare rosse, insieme ad altri due vescovi, l’ausiliare di Roma Clemente Riva e il vescovo di Livorno Alberto Ablondi, chiese di potersi offrire come ostaggio in cambio del leader democristiano sequestrato. La richiesta venne rifiutata dalla Curia romana, prima ancora che lo facessero le Br. Raccontò, più tardi che chi gli notificò il rifiuto lo fece citando la frase di Caifa per condannare Gesù: “È meglio che muoia un solo uomo per il popolo e non perisca la nazione intera”. A chi scrive confermò sorridendo il fatto nel 1992, quando come presidente di Pax Christi organizzò insieme con Beati i costruttori di pace e con don Tonino Bello quella “marcia dei cinquecento per la pace”, che riuscì a entrare per prima a Sarajevo assediata sia per portare aiuti alla popolazione, sia per testimoniare tra le bombe la scelta irrinunciabile della pace.
Non riscosse sempre l’approvazione di tanti sedicenti cattolici (compresi alcuni esponenti delle gerarchie ecclesiastiche) per questa come per altre sue iniziative, tra le altre la scuola di laicità, come amava definirla, con gli studenti della Fuci, la vicinanza ai lavoratori dell’Olivetti, della Lancia e del cotonificio Vallesusa, e soprattutto il suo invito all’obiezione fiscale alle spese militari e il suo appoggio all’obiezione di coscienza al servizio militare quando era obbligatorio e il rifiuto di imbracciare armi significava carcere militare a Gaeta.
Né ha mai cambiato opinione, anche se negli ultimi due anni non ha trovato troppo spazio sulla grande stampa il suo netto dissenso sulle scelte dei governi italiani – e non solo – riguardo alla guerra in Ucraina.
A chi scrive resta nel salutare un uomo incontrato poche volte, ma considerato sempre un esempio e una guida etica, la convinzione che il Signore della vita ha accolto nella Sua pace una persona che ha preso sul serio le Beatitudini evangeliche.
Foto tratte dal web

Direttore Responsabile
Giornalista professionista, ha lasciato a fine febbraio del 2016, pochi giorni dopo il suo sessantesimo compleanno, L’Osservatore Romano, il giornale della Santa Sede, dove aveva svolto la sua professione negli ultimi trent’anni, occupandosi principalmente di politica internazionale, con particolare attenzione al Sud del mondo.
Ha incominciato la sua professione giornalistica nel 1973, diciassettenne, a L’Avanti, all’epoca quotidiano del Partito Socialista Italiano, con il Direttore Responsabile Franco Gerardi. Nello stesso periodo, fino al 1979, ha collaborato con la rivista Sipario e ha effettuato servizi per l’editrice di cinegiornali 7G.
Ha diretto negli anni 1979-1980 i programmi giornalistici di Radio Lazio, prima emittente radiofonica non pubblica a Roma, producendovi altresì i testi del programma di intrattenimento satirico Caramella.
Ha poi lavorato per l’agenzia di stampa ADISTA, collaborando contemporaneamente con giornali spagnoli e statunitensi.
Nel 1984 ha incominciato a lavorare per la stampa del Vaticano, prima alla Radio Vaticana, dove al lavoro propriamente giornalistico ha affiancato la realizzazione, con altri, di programmi di divulgazione culturale successivamente editi in volume.
All’inizio del 1986 è stato chiamato a L’Osservatore Romano, all’epoca diretto da Mario Agnes, dove si è occupato da prima di cronaca e politica romana e italiana. Successivamente è passato al servizio internazionale, come redattore, inviato e commentatore. La prima metà degli anni Novanta lo ha visto impegnato in prevalenza nel documentare i conflitti nei Balcani e negli anni successivi si è occupato soprattutto del Sud del mondo, in particolare dell’Africa, ma anche dell’America Latina.
Su L’Osservatore Romano ha firmato circa duemila articoli sull’edizione quotidiana e su quelle settimanali. Ha inoltre contribuito alla realizzazione di alcuni numeri de I quaderni de L’Osservatore Romano, collana editoriale sui principali temi di politica, di cultura e di dialogo internazionali.
Collabora con altre testate, cattoliche e non, e con programmi d’informazione radiofonica e televisiva.
È Direttore Responsabile, a titolo gratuito, della rivista Sosta e Ripresa.
Ha insegnato comunicazione e politica internazionale in scuole di giornalismo e ha tenuto master di secondo livello, come professore a contratto, in Università italiane. Ha tenuto corsi, seminari e conferenze in Italia e all’estero. Ha tenuto corsi sull’attività diplomatica della Santa Sede in istituti superiori di cultura in Italia.
È autore di saggi, romanzi, raccolte di poesie, diari di viaggio, testi teatrali. Sue opere sono riportate in antologie poetiche del Novecento.
È tra i fondatori dell’Associazione Amici di Padre Be’ e della Fondazione Padre Bellincampi ONLUS, che si occupano di assistenza all’infanzia, e dell’associazione L.A.W. Legal Aid Worldwide ONLUS, per la tutela giurisdizionale dei diritti dell’uomo. Ha partecipato a progetti sociali per la ricostruzione di Sarajevo. È stato promotore e sostenitore di un progetto di commercio equo e solidale realizzato in Argentina.