“Nessuno è perduto per sempre” è il titolo del volumetto di poesie che il Gruppo Assistenti Volontari Animatori Carcerari (GAVAC) per le Edizioni Amici del Beato Domenico della Madre di Dio ha presentato nel pomeriggio di domenica 26 maggio nell’ambito del Festival del Volontariato.

Gavac Viterbo laura ciulliIl Festival stesso si è articolato per tre giorni, dal venerdì 24 alla domenica 26, con multiformi iniziative organizzate da molte delle 64 associazioni della Consulta di Viterbo e merita un resoconto a parte, ma la giornata conclusiva, intitolata “Viterbo a colori”, ha interessato la intera “Valle Faul” di Viterbo con la partecipazione di 25 stands.

Gavac Viterbo laura ciulli Proprio nel gazebo del GAVAC-Amici del Beato Domenico Barberi si è svolta la suddetta presentazione delle poesie di Luigi Errichelli, un ex-recluso che grazie all’opera di riabilitazione fatta nel periodo detentivo è tornato un uomo libero: in tutti i sensi. L’autore nella sua autobiografia, che premette al testo, racconta con schiettezza e lucidità il suo percorso. Ogni commento è superfluo: Luigi apre il suo animo senza riserve e ipocrisie.

Del suo presente basta dire che questa è la sua seconda pubblicazione, per cui è noto come il: “poeta-giardiniere” in relazione all’apprendistato svolto nell’orto del Tribunale con il conseguimento della relativa Qualifica.

Il titolo: “Nessuno è perduto per sempre” è anch’esso un segno di speranza. Appartiene all’omelia che il Vescovo di Viterbo, Orazio Francesco Piazza pronunciò proprio nella Santa Messa di Natale nella Casa Circondariale di Mammagialla, quando si riferì all’uscita dalla reclusione come una nuova nascita. Ma tanto più questa nuova vita all’estinzione della pena può paragonarsi, per Luigi, ad una vera risurrezione.

Ha presentato il volumetto di poesie – prima che ne leggesse alcune l’autore con l’accompagnamento della violoncellista Francesca Marini – don Gianni Carparelli, sacerdote delle situazioni difficili, che insieme ai volontari si impegna al reinserimento delle persone che cercano un nuovo futuro. Per don Gianni queste semplici poesie sono come sospiri di una anima che desidera volare fuori della gabbia. Le parole di queste “confessioni” già volano fuori. Sono i sospiri del desiderio, degli affetti, della speranza… soprattutto della speranza, come in “Ho seminato”. Nel seminare c’è tutto: il lavoro, il rispetto, i dubbi e magari qualche timore, il futuro e poi tanta speranza, quella che a un “detenuto” non può mancare se vuole vivere. Questo “sperare contro ogni speranza” alimenta la poesia che è  “numine afflatur”, ispirata da Dio, perché nasce dalla bontà, dal desiderio di diventare migliori, dal desiderio di meritare l’amore e coltivarlo con le proprie mani e la propria vita…

Foto di Sandro Toso

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