Possiamo migliorare la qualità della vita combattendo e prevenendo la sofferenza e le malattie. Con questa missione l’associazione (canadese di origine) MyGUT feeling, nata per combattere e sensibilizzare il mondo sulla problematica del cancro allo stomaco, ha lanciato l’iniziativa dell’illuminazione in ogni città di un monumento-simbolo. Il colore scelto per questa campagna è il blu pervinca e la notte è stata quella del 30 novembre.

Così si sono illuminati monumenti come le cascate del Niagara, e città come Toronto, Montreal; Buffalo (NY), Las Vegas, Tampa … e anche in Italia: Pisa, Venezia, Verona, Canepina. A Viterbo, coinvolta tramite don Gianni Carparelli, grazie alle sue connessioni canadesi, i monumenti illuminati sono stati due. Il Comune, coinvolto dall’associazione del Beato Domenico Barberi, ha dato il suo patrocinio ed illuminato il simbolo della città: il Palazzo dei Papi. La sindaca Chiara Frontini e l’assessore alle politiche sociali Patrizia Notaristefano hanno dato risalto all’evento con un comunicato stampa particolarmente coinvolgente.

Sosta e Ripresa, d’altro canto, ha voluto illuminare il portale trecentesco di Santa Maria della salute, per il suo particolare significato. Sulla facciata di questa chiesetta, gioiellino del medioevo viterbese, sono scolpite, dalla scuola del Maitani,
le opere di Misericordia materiali e spirituali, che la professoressa Alfieri commentò a suo tempo su questo giornale, illustrandole con quelle stesse sculture.

Proprio per l’opera di Misericordia “visitare gli infermi” scriveva:
“Visitare gli infermi: è un’opera di misericordia a portata di mano… sembra facile; facile perché di frequente occasione e facile perché pare non richieda particolari capacità o particolari sforzo. Ma non è così.
Visitare un malato non è andarlo a vedere, a parlargli, ad ascoltarlo, ad informarsi del suo male e delle sue cure, a portargli dei fiori o delle caramelle, a commiserarlo od a spronarlo alla pazienza e alla fiducia, a sentenziare dinnanzi a lui sulla utilità misteriosa della sofferenza e del dolore… è più di questo, è meno di questo, è tutto diverso da questo!
Visitare l’infermo è vivere una Stazione della Via Crucis: quella che si vuole, qualsiasi Stazione; in tutte Cristo Signore soffre nel corpo e nell’anima. Ed in ogni ammalato, che esso sappia o no, è Cristo che continua a soffrire per la Redenzione del mondo.
Andare verso l’infermo con il cuore che adora il Cristo presente e invisibile ed ama il fratello che è chiamato a partecipare alla Croce.
Andare ad ascoltare: la parola, il lamento, il silenzio, qualche volta la ribellione… ascoltare dal profondo, cercando di capire… la faticosa purificazione della sofferenza, le tenebre e le intuizioni di chi soffre, la natura che tribola, che istintivamente respinge il dolore, che non ne capisce il perché… Saper ascoltare, accogliere, fare proprio, compatire… patire insieme.
Saper parlare… dire la parola della dolcezza e della forza, la parola che illumina senza pretesa, senza forzature, senza verbosità, con la sola potenza della Carità; la parola che dà coraggio per l’energia spirituale che racchiude e che comunica.
Saper tacere: il silenzio che è preghiera, meditazione, penetrazione serena e accorata insieme… il silenzio della delicatezza, del rispetto, del riserbo; il silenzio di chi sosta vicino alla Croce.
Saper servire: un gesto, un aiuto, prestato con amore. Un interessamento fattivo e conclusivo per tutto ciò che riguarda l’ammalato e il suo ambiente: levare un cruccio, sovvenire a un bisogno, rasserenare una situazione… Spesse volte il male fisico si accompagna a mille circostanze che lo aggravano… Servire.
“Ero infermo e mi visitaste”. Sì, Signore; grazie di averci accolto”.
Da: “Uno sguardo che accarezza la memoria” Dagli scritti di Tommasa Alfieri. Ed.: Amici della Familia Christi, Viterbo 2010
L’illuminazione del portale trecentesco è stata possibile grazie all’associazione Archeotuscia che gestisce il sito e all’esperto di luci Andrea Bernini che ha curato l’illuminazione

Editore e Direttore Editoriale
Mario Mancini, nato in Roma nel 1943, dopo la laurea in scienze geologiche, con tesi in geofisica, nel 1967 e un anno di insegnamento della matematica in un istituto tecnico industriale romano, svolge per un quinquennio la sua professione di geofisico e sismologo prevalentemente all’estero, in particolare in Papua Nuova Guinea presso il Rabaul Central Volcanological Observatory e in Australia nella sezione aviotrasportata a Canberra, in entrambi i casi per la BMR Australia, intervallando le due esperienze con un viaggio di studio in Giappone nell’estate del 1970.
Rientrato in Italia nel 1972, si impiega come geofisico presso la CMP di Roma per la quale lavora per sei anni, con diversi incarichi in Italia e all’estero.
Fin da liceale, nel 1959, aveva conosciuto Tommasa Alfieri e l’Opera Familia Christi da lei fondata. La figura e la spiritualità della Signorina Masa, come i suoi discepoli chiamavano la Alfieri, resteranno per Mancini un fondamentale riferimento per tutta la vita. Laico consacrato nel gruppo maschile dell’opera già dal 1974, nel 1979 fa la scelta di dedicarsi completamente all’Opera e va a vivere nell’eremo di Sant’Antonio alla Palanzana.
Alla morte della fondatrice, nel 2000, l’intero patrimonio dell’Opera passa per testamento all’associazione Vittorio e Tommasina Alfieri, all’uopo voluta dalla stessa Alfieri e della quale Mancini era stato tra i fondatori.
Per accordi associativi, più tardi violati da persone riuscite ad assumere il controllo dell’associazione, Mancini resta all’Eremo, unica persona a risiedervi in permanenza e a occuparsene.
La nuova gestione dell’associazione, decisa a trasformare la Familia Christi da istituzione prettamente laicale e una confraternita sacerdotale anticonciliare, nel 2005 convince Mancini a dimettersi dall’associazione stessa, in cambio della promessa, purtroppo mai ratificata legalmente, di lasciargli l’Eremo.
Fino fino al 2012, questo luogo, sotto la conduzione di Mancini, che sempre nel 2005 ha fondato l’associazione Amici della Familia Christi e ha registrato presso il Tribunale di Viterbo la testata Sosta e Ripresa, anch’essa fondata da Tommasa Alfieri e della quale Mancini è direttore editoriale, svolge un prezioso compito di Centro di spiritualità e di apertura ecumenica e interreligiosa.
Nel 2012 la confraternita appropriatasi del nome di Familia Christi (poi sciolata dalla Santa Sede con riduzione allo stato laicale di tutti i suoi esponenti) in violazione degli accordi presi a suo tempo ottiene dal Tribunale la restituzione dell’Eremo.
Mancini resta a Viterbo e prosegue il suo impegno ecclesiale in vari uffici diocesani e nel comitato regionale per l’ecumenismo ed il dialogo interreligioso.