Sono passati più di dieci anni dalla prima esortazione apostolica, pubblicata alla chiusura dell’Anno della Fede da Papa Francesco e consacrata all’annuncio del Vangelo nel mondo contemporaneo. Il suo titolo? “Evangelii Gaudium”, la Gioia del Evangelo, ne fa un testo programmatico del suo pontificato che vorrei ricordare. In diretta continuità spirituale con Paolo VI, il Papa nella Evangelii Gaudium sviluppa alcune idee forza come la Chiesa in uscita, l’inculturazione della fede, meglio, la sua incarnazione, assieme alla dimensione sociale della Buona Nuova, e ancora la rivoluzione della tenerezza, nella speranza di indicare a tutti le strade per “ritrovare la freschezza originale del Vangelo”.
In questo testo, che invita a una Chiesa missionaria “decentrata” da se stessa, il Papa si è basato, fra l’altro, sul contributo offerto dai lavori del Sinodo sulla “nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana” che si era svolto in Vaticano dal 7 al 28 ottobre 2012. Rilevo a tale proposito che Papa Francesco scrive: “L’annuncio del Vangelo nel mondo di oggi continua a esigere da noi una resistenza profetica contro-culturale all’individualismo edonista pagano”.
Ecco qui un appello alla conversione pastorale e missionaria indissociabile dalla gioia, alla quale il Papa ha dedicato qualche catechesi alla fine del 2023 consacrato alla “passione per l’evangelizzazione”, e cioè allo zelo apostolico del credente, perché “senza zelo apostolico la fede appassisce. La missione è l’ossigeno della vita cristiana: essa la tonifica e la purifica” (meditazione dell’11 gennaio 2023).
Seguendo tale pista direi che anche l’ultimo Sinodo, da poco concluso nella sua penultima fase, attesta che non possiamo delegare l’evangelizzazione. Ciascuno è responsabile del suo battesimo, della sua vocazione e responsabile di viverla ovunque, in famiglia, parrocchia e società, passando per i movimenti e le comunità. Tutto quel che appartiene alla grande famiglia della Chiesa diventa una catechesi che annuncia il Vangelo. L’evangelizzazione non può arrestarsi alle strutture, ma deve incontrare il cuore delle persone e deve, là, suscitare la forza della fede, della speranza e dell’amore.
Possiamo infine farci la legittima domanda in che discendenza più larga si inserisca questa “passione del Papa per l’evangelizzazione”. E troviamo quel che anche noi pensavamo, e cioè l’esortazione apostolica “Evangelii Nuntiandi” (dell’8 dicembre 1975) di Paolo VI, tante volte citata e lodata da Papa Francesco. Vi si dice, per es., che “la Chiesa esiste per evangelizzare”. “Se non c’ è evangelizzazione non c’ è Chiesa. Essa è la prima mediazione della evangelizzazione, dell’annuncio della Buona Novella del Vangelo che è la Risurrezione”.
E non dimentichiamo pure che l’ultima sezione della Evangelii Gaudium è dedicata alla dimensione sociale della evangelizzazione. Noi siamo abituati ad ascoltare la Parola di Dio che ci invita ad “annunziare l’Evangelo ai poveri”. Il Papa, Lui, attesta: “i poveri ci evangelizzano”. Non è una contraddizione, ma la volontà di mostrare che i poveri ci danno la possibilità di andare alla essenza stessa della verità del Vangelo. Seguiamo di conseguenza l’invito e l’incoraggiamento del Vescovo di Roma.
Foto tratte dal web
Il cardinale Marchetto, Nato a Vicenza 28 agosto 1940, è stato ordinato sacerdote a 24 anni, e ben presto chiamato a Roma per lavorare nella Segreteria di Stato vaticana e nelle Rappresentanze pontificie di Zambia e Malawi, Cuba, Algeria, Tunisia, Marocco e Libia, Portogallo, Zimbabwe.
Nel 1985 viene nominato e consacrato arcivescovo (del titolo storico di Astigi, oggi Ecija, in Andalusia). Diventa nunzio apostolico, con il primo incarico in Madagascar e Mauritius, La Réunion, Mayotte, Isole Comore, seguito da quelli in Tanzania e poi in Bielorussia.
Rientrato a Roma, soprattutto a causa di una patologia difficile che vince, resta per qualche tempo con la “strana” qualifica di nunzio a disposizione.
Riprende il servizio attivo con la nomina prima a Osservatore permanente della Santa Sede presso la Fao, il Pam e l’Ifad, le agenzie dell’Onu con sede a Roma che si occupano in senso lato di agricoltura e alimentazione, poi a segretario del Pontificio Consiglio per la pastorale dei Migranti e degli Itineranti.
Presenta le dimissioni a Papa Benedetto XVI nel 2010, a settant’anni come è prerogativa dei nunzi apostolici, per dedicarsi a tempo pieno ai suoi studi, già più che fecondi, sul Concilio Vaticano II, che fanno ragione sia delle “fughe in avanti” di alcuni commentatori, sia degli arroccamenti di tanti “tradizionalisti” o peggio che confondono i propri pregiudizi, il proprio clericalismo antistorico, con una presunta fedeltà alla Chiesa. Del Concilio Papa Francesco lo ha definito il più grande ermeneuta. Lo stesso Papa Francesco quattro anni dopo lo ha voluto membro della Congregazione per l’Evangelizzazione dei popoli e nel Concistoro del 30 settembre 2023 lo ha creato cardinale.
Il cardinale Marchetto è stato ed è dunque molte cose: un grande diplomatico, uno storico di assoluto valore, una voce significativa del cattolicesimo in questioni vitali – forse le più importanti nella nostra epoca – quale la lotta alla fame e la situazione dei migranti.
La sua bibliografia è troppo lunga per essere riportata completamente. Ai ponderosi volumi sul Concilio da lui firmati si affianca “Primato pontificio ed episcopato. Dal primo millennio al Concilio Ecumenico Vaticano II. Studi in onore dell’arcivescovo Agostino Marchetto” a cura di Jean Ehret.
Da citare altresì il libro intervista “Agostino Marchetto. Chiesa e migranti. La mia battaglia per una sola famiglia umana”, realizzato con Marco Roncalli.