L’accoglienza e il silenzio sono segni costanti nella vicenda plurisecolare di quest’Eremo.

Prima  nella sua lunga storia come luogo cappuccino, poi nella sua rinascita voluta e realizzata da Tommasa Alfieri e, infine, anche in quest’ultima stagione in cui la Familia Christi percorre la strada di sempre con attenzione ai cambiamenti, con  disponibilità al confronto con le nuove urgenze e le nuove povertà, materiali e spirituali.

Sì: il silenzio accogliente dell’Eremo è denso, palpabile, si fa complice di una serenità possibile o, meglio, di un rasserenamento dell’anima nutrito della pace del luogo e, soprattutto, della Presenza di Chi è davvero il padrone di casa. Ed è l’Ospite atteso in ogni persona che bussa, quello per il quale in refettorio si apparecchia sempre un posto in più.

La voce che il silenzio contiene è quella di Dio che s’incontra nei fratelli. È quella che fa tutti popolo di sacerdoti. È quella di un laicato adulto cosciente di essere chiesa e in questo luogo anche riconoscente e partecipe della lezione di modernità e di impegno testimoniata dall’eredità  di Tommasa Alfieri.

Sì: c’è ancora la sua voce tra quelle che riempiono il silenzio dell’Eremo. C’è la sua mano nei campi coltivati, nei laboratori, negli arredi di eleganza senza sfarzo ricchi solo di bellezza. C’è la sua premura materna nella capacità di questo luogo di essere casa. E casa soprattutto di laici, di laici che sanno farsi famiglia.  La guida spirituale dei sacerdoti che hanno attraversato la vicenda di Famiglia Christi è fuori discussione.  Così come sempre più forte e convinta,  arricchente, l’appartenenza ecclesiale a questa Discussione, l’amore al suo Vescovo che ha già mostrato a sua volta una benevolenza non superficiale è un attenzione paterna, l’amore al suo clero che trova modo di esercitare anche qui il Ministero sacerdotale, l’amore al suo popolo.

Ma la vocazione specifica di questo luogo – che non è più da tempo un convento, ma che mantiene la preghiera come sua principale ricchezza – è quella di una spiritualità profonda e di un severo impegno proposti soprattutto ai laici.

Del resto, è questa l’impronta el’eredità della  rifondatrice di questa Eremo. Scrivevamo anni fa, riprendendo dopo una lunga sosta le pubblicazioni di questa rivista, che lo facevamo “Senza la presenza fisica di Tommasa Alfieri,  ma non senza la sua parola e –  almeno nelle speranze di chi scrive – non senza il suo sguardo benevolo dal paradiso dei Santi…” e ancora che Ella “guardava talora il passato spesso il futuro,  sempre il presente.  I progetti concreti realizzati, quelli di ogni giorno e quelli dell’intera sua vita di insegnamento e di testimonianza operosi, li spiegava a volte abbandonandosi al linguaggio carezzevole dei sogni, cosciente che l’utipia di oggi può diventare rare la realtà di domani”.

Ed ecco che quello utopia, non solo sopravvive oltre il tempo terreno di Tommasa Alfieri, ma forse viene meglio compresa non solo nella sua alta testimonianza cristiana, ma nel suo essere tale in modo laico. Forse è la sua voce che arriva dal silenzio accogliente dell’Eremo e che ci aiuta ancora a riconoscere questo luogo, forse ad accoglierci sono ancora le sue parole che ne esprimono l’eleganza, il gusto e l’essenzialità proprio come –  o forse perché ” testimoniano l’impegno laicale ad una vita interiore e ha uno spirito di servizio di forte convinta intensità”, per citare ancora quella pagina di anni fa.

Sì: laicale. Perché laici non sono solo quanti l’attività dell’Eremo rendono possibile; non sono solo almeno in prevalenza,  gli ospiti che vengono accolti. Laici sono le esigenze spirituali di guanti in questo luogo vengono magari soltanto si trovano per caso ad ascoltare le voci di cui è ricco il silenzio, le parole dell’anima e del cuore, tanto spesso soffocate dalla cacofonia stridula della nostra epoca. 

Sì: questa è una casa di laici. Ed è una casa che sa farsi accoglienza per tutti con regole e stili evidenti – e se del caso severe – di essenzialità di vita, ma anche con una cordialità allegra e serena. L’attenzione a chi viene in questo luogo, quali che siano le motivazioni a spingerlo,  l’apertura amichevole a sensibilità diverse a diverse esperienze, –  persino il confronto rispettoso e senza facili e  superficiali sincretismi – con diverse spiritualità, sta diventando sempre più una caratteristica dell’ Eremo.

E del resto, tutti siamo chiamati a rinnovare e a rendere vivificante nel tempo in cui operiamo quella accoglienza di pellegrini e forestieri, che tutte le generazioni cristiani hanno praticato e testimoniato. All’Eremo le persone vengono incontrate e si incontrano. Vengono accolte in amicizia e spirito di servizio,  affinché il loro soggiorno,  possa sempre costituire una tappa ulteriore di crescita umana culturale e spirituale.

Condividi