“Questo santo, Josemaría legato della nostra Chiesa ci aiuti a sentirci protagonisti all’interno della società e a considerare la nostra vita nella via dei veri valori”.

Si è espresso così il vescovo di Viterbo Lino Fumagalli nell’introdurre la celebrazione della Messa, officiata nel giorno in cui la Chiesa ricorda anche san Josemaría Escrivà De Balaguer.

Come ogni anno, il 26 giugno, la chiesa intitolata ai Santi Valentino e Ilario Martiri ha accolto i fedeli ed alcuni rappresentanti dell’Opus Dei di Viterbo. Con il vescovo hanno concelebrato il parroco dei Santi Martiri Valentino e  Ilario, don Emanuele Germani e il segretario del vescovo, don Roberto Bracaccini.

Si tratta dell Prelatura della Santa Croce e Opus Dei, più conosciuta nella forma abbreviata Opus Dei, ossia Opera di Dio, fondata da Escrivà de Balaguer.

L’opus Dei si fonda sul principio della vita quotidiana come occasione  di incontro con Dio e di servizio agli altri, per il miglioramento della società, in tutto il mondo.

Monsignor Fumagalli ha tratteggiato  l’attualità dei principi di Escrivà de Balaguer, alla luce di questo tempo caratterizzato dalla pandemia da Covid-19.

“Il dono dell’insegnamento di san Josemaría Escrivà che ha intuito che la via di santità, non consiste solo nel collaborare con i sacerdoti. Noi non ci distinguiamo per l’abito esterno, o per i  comportamenti: siamo nel mondo, quello che è l’anima per il corpo che dà significato al corpo. Noi cristiani siamo chiamati ad essere esempi di vita nella società, ad essere  lievito capace di rendere commestibile l’intera pasta”.

Escrivà aveva intuito questa realtà. “Appartenere all’Opus Dei – ha continuato il Vescovo Fumagalli rivolgendosi agli appartenenti alla Prelatura – è consacrarsi cercando di essere lieviti, portatori di senso. Un gigante muto, questo deve essere il legato, quindi la profezia che testimoniate è attenzione per il laicato, porre la vita personale portando Cristo e l’antropologia cristiana, che noi come sacerdoti dobbiamo dare. Avviene così per il laicato. Il  laicato cattolico oggi  in politica è muto, come nell’economia, nella scuola perché non sono aiutati gli insegnanti cattolici, come nel mondo della filofia, letteratura, mass media.

La sua visione è attuale, valida anche nel dopo pandemia. Abbiamo scoperto in questa situazione che dove c’è la cura cristiana  si concretizza la solidarietà e lo dobbiamo ai volontari”.

Il  Vescovo ha concluso dicendo: “Affido a lui le nostre intenzioni, affinché ci aiutati ad una conversione, non a una pastorale del rinnovamento, ma a un rinnovamento radicale, per rendere vivi ed attuali i suoi insegnamenti”.

A Viterbo è stato intitolato a suo tempo   il “Largo San Josemaría Escrivá” dal Vescovo  Lino Fumagalli e da mons. Lucio Norbedo, Vicario della Delegazione dell’Opus Dei per Roma e il Centro-Sud.

Inoltre san Josemaría Escrivà de Balaguer nel 1968  è stato nel capoluogo della Tuscia e ha sostato in preghiera davanti alla Madonna della Quercia, nel santuario a Lei dedicato.

Josemaría Escrivà de Balaguer nasce il 9 gennaio 1902, a Barbastro, in Spagna, da genitori profondamente cattolici. Ha cinque fratelli: Carmen (1899-1957), Santiago (1919-1994) ed  altre tre sorelle più giovani di lui, che moriranno  in giovane età.

Nel 1915,  si trasferiscono tutti a Logroño. È proprio in questa città che Josemaría sente la sua vocazione: dopo aver visto sulla neve le orme dei piedi nudi di un religioso, percepisce che Dio lo sta chiamando, anche se non sa esattamente per cosa. Si prepara per diventare sacerdote, poi si sposta  nel seminario di Saragozza.  Intraprende anche gli studi civili di diritto, iscrivendosi come privatista all’università di Saragozza, dietro consiglio del padre. Alla sua morte, il giovane diventa capo famiglia.

Diventa sacerdote il 28 marzo 1925, ed esercita il ministero in una parrocchia rurale, poi a Saragozza.

Nel 1927 si trasferisce a Madrid, con il permesso del suo vescovo, per conseguire il dottorato in diritto.

Ed è proprio a Madrid che il 2 ottobre 1928, riceve l’ispirazione e fonda l’“Opus Dei”, impegnandosi con tutto sé stesso sia nella pastorale, sia nel progetto che Dio gli ha chiesto di realizzare.

Inizia però la persecuzione religiosa nel 1936 con lo scoppio della guerra civile ed è costretto a rifugiarsi, esercitando clandestinamente il ministero sacerdotale. Va in Francia, a Burgos e con la fine della guerra,  ritorna a Madrid nel 1939, dove predica gli esercizi spirituali per laici, sacerdoti e religiosi. Inoltre, riesce anche a terminare gli studi per il dottorato in diritto.

Ottiene anche il dottorato in Teologica, all’università Lateranense nel 1946, dove si è stabilito successivamente.

In quel periodo arrivano nomine che lo vedono consultore di due Congregazioni vaticane, membro onorario della Pontificia Accademia di Teologia e prelato d’onore di Sua Santità.

Inoltre segue con attenzione  i preparativi e le sessioni del Concilio Vaticano II (1962-1965), intrattenendo rapporti con diversi padri conciliari.

Si sposta in più occasioni in vari paesi europei, per dare impulso all’avvio e al consolidamento dell’attività dell’Opus Dei.

Muore a Roma il 26 giugno 1975. Il suo corpo riposa nella Chiesa Prelatizia di Santa Maria della Pace – Viale Bruno Buozzi, 75 a  Roma.

 

 

 

 

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