Il falò è tra le tradizioni popolari più diffuse per festeggiare e solennizzare particolari feste ed eventi stagionali. Caratteristici della cultura contadina, di origini pagane, questi fuochi sono stati assorbiti dal cristianesimo e arricchiti di un nuovo significato religioso. Questa tradizione, come tante altre della cultura contadina, tende a perdersi con la urbanizzazione e l’impoverimento spirituale della gente.
Alcune comunità dimostrano, comunque, una caratteristica resilienza a rinnovare questi momenti di aggregazione, di festa popolare e di riflessione spirituale. Sosta e Ripresa ha seguito il Fuoco dell’Ascensione, preparato nel quartiere medievale di Viterbo, organizzato dall’arciconfraternita del Gonfalone, la parrocchia di Santa Maria Nuova, il comitato Centro storico San Pellegrino.
Per la parte della “ristorazione” ha provveduto l’azienda Viterbodolce, mentre l’Azienda Manca ha fornito il latte e preparato la giuncata. Tra l’altro la Confraternita ha ripristinato, per l’occasione, il giardino interno della chiesa delle Maestre Pie Filippine messo a disposizione dell’iniziativa.
Secondo la tradizione cristiana il fumo sprigionato dal falò simboleggia la con il fumo sprigionato a simboleggiare la nuvola che coprì Gesù quando ascese al cielo quaranta giorni dopo la Resurrezione, nascondendolo alla vista dei suoi discepoli.
Don Mario, il parroco, ha sottolineato, nel breve discorso di benedizione, che Gesù sparisce dalla vista degli Apostoli, ma li assicura che in maniera spirituale rimarrà sempre con loro fino alla fine del mondo: quindi non è una partenza, ma è la festa della “permanenza”. Gesù rimane sempre con noi e specialmente nei momenti di dubbio, di incertezza, di buio, “illumina” il cammino.
Il filmato della festa, realizzato da Mariella Zadro, al seguente link:

Editore e Direttore Editoriale
Mario Mancini, nato in Roma nel 1943, dopo la laurea in scienze geologiche, con tesi in geofisica, nel 1967 e un anno di insegnamento della matematica in un istituto tecnico industriale romano, svolge per un quinquennio la sua professione di geofisico e sismologo prevalentemente all’estero, in particolare in Papua Nuova Guinea presso il Rabaul Central Volcanological Observatory e in Australia nella sezione aviotrasportata a Canberra, in entrambi i casi per la BMR Australia, intervallando le due esperienze con un viaggio di studio in Giappone nell’estate del 1970.
Rientrato in Italia nel 1972, si impiega come geofisico presso la CMP di Roma per la quale lavora per sei anni, con diversi incarichi in Italia e all’estero.
Fin da liceale, nel 1959, aveva conosciuto Tommasa Alfieri e l’Opera Familia Christi da lei fondata. La figura e la spiritualità della Signorina Masa, come i suoi discepoli chiamavano la Alfieri, resteranno per Mancini un fondamentale riferimento per tutta la vita. Laico consacrato nel gruppo maschile dell’opera già dal 1974, nel 1979 fa la scelta di dedicarsi completamente all’Opera e va a vivere nell’eremo di Sant’Antonio alla Palanzana.
Alla morte della fondatrice, nel 2000, l’intero patrimonio dell’Opera passa per testamento all’associazione Vittorio e Tommasina Alfieri, all’uopo voluta dalla stessa Alfieri e della quale Mancini era stato tra i fondatori.
Per accordi associativi, più tardi violati da persone riuscite ad assumere il controllo dell’associazione, Mancini resta all’Eremo, unica persona a risiedervi in permanenza e a occuparsene.
La nuova gestione dell’associazione, decisa a trasformare la Familia Christi da istituzione prettamente laicale e una confraternita sacerdotale anticonciliare, nel 2005 convince Mancini a dimettersi dall’associazione stessa, in cambio della promessa, purtroppo mai ratificata legalmente, di lasciargli l’Eremo.
Fino fino al 2012, questo luogo, sotto la conduzione di Mancini, che sempre nel 2005 ha fondato l’associazione Amici della Familia Christi e ha registrato presso il Tribunale di Viterbo la testata Sosta e Ripresa, anch’essa fondata da Tommasa Alfieri e della quale Mancini è direttore editoriale, svolge un prezioso compito di Centro di spiritualità e di apertura ecumenica e interreligiosa.
Nel 2012 la confraternita appropriatasi del nome di Familia Christi (poi sciolata dalla Santa Sede con riduzione allo stato laicale di tutti i suoi esponenti) in violazione degli accordi presi a suo tempo ottiene dal Tribunale la restituzione dell’Eremo.
Mancini resta a Viterbo e prosegue il suo impegno ecclesiale in vari uffici diocesani e nel comitato regionale per l’ecumenismo ed il dialogo interreligioso.