Domenica 13 ottobre Papa Francesco ha innalzato agli onori degli altari John Henry Newman che fu il più famoso convertito ad opera del Beato Domenico. Eppure questa prestigiosa conversione, seguita a quella degli altri membri dell’università di Oxford, fu propiziata dall’umile e faticoso lavoro di apostolato condotto dal nostro Beato presso gli immigrati minatori irlandesi che vivevano nel degrado e nella miseria.
Lo stesso principe ereditario Charles era presente alla cerimonia in Piazza S. Pietro.
Il Papa ha concluso il suo discorso con una citazione del nuovo Santo: « Chiediamo di essere così, “luci gentili” tra le oscurità del mondo.» (Meditations on Christian Doctrine, VII,3).
A Viterbo abbiamo festeggiato il giorno precedente, con un Sacerdote Inglese (della Diocesi di Manchester ): Father Laurence , che era venuto a Roma per partecipare alla Canonizzazione di J H Newman. Ma essendo devoto del Beato Domenico ha trovato il tempo di venire a Viterbo per celebrare la S. Messa sui luoghi del suo “campione”: nella Cappellina del Merlano, dove l’allora pastorello “Meco della Palanzana” ebbe la prima locuzione della sua missione in Inghilterra.
Come viterbesi siamo “santamente” gelosi che il discepolo Newman sia asceso agli onori degli Altari prima del suo Maestro Domenico, e certamente dipende dalla pochezza delle nostre preghiere. L’Associazione del Beato Domenico che ha come obbiettivo il riconoscimento “Canonico” della eccezionalità del nostro Beato, vuole moltiplicare le iniziative per ricordarlo nella preghiera e farlo conoscere. Fra l’altro, l’anno prossimo, nel pellegrinaggio al Santuario dov’è venerato in Inghilterra, porterà due studenti premiati per il Concorso sul Beato Domenico indetto per le scuole superiori
Editore e Direttore Editoriale
Mario Mancini, nato in Roma nel 1943, dopo la laurea in scienze geologiche, con tesi in geofisica, nel 1967 e un anno di insegnamento della matematica in un istituto tecnico industriale romano, svolge per un quinquennio la sua professione di geofisico e sismologo prevalentemente all’estero, in particolare in Papua Nuova Guinea presso il Rabaul Central Volcanological Observatory e in Australia nella sezione aviotrasportata a Canberra, in entrambi i casi per la BMR Australia, intervallando le due esperienze con un viaggio di studio in Giappone nell’estate del 1970.
Rientrato in Italia nel 1972, si impiega come geofisico presso la CMP di Roma per la quale lavora per sei anni, con diversi incarichi in Italia e all’estero.
Fin da liceale, nel 1959, aveva conosciuto Tommasa Alfieri e l’Opera Familia Christi da lei fondata. La figura e la spiritualità della Signorina Masa, come i suoi discepoli chiamavano la Alfieri, resteranno per Mancini un fondamentale riferimento per tutta la vita. Laico consacrato nel gruppo maschile dell’opera già dal 1974, nel 1979 fa la scelta di dedicarsi completamente all’Opera e va a vivere nell’eremo di Sant’Antonio alla Palanzana.
Alla morte della fondatrice, nel 2000, l’intero patrimonio dell’Opera passa per testamento all’associazione Vittorio e Tommasina Alfieri, all’uopo voluta dalla stessa Alfieri e della quale Mancini era stato tra i fondatori.
Per accordi associativi, più tardi violati da persone riuscite ad assumere il controllo dell’associazione, Mancini resta all’Eremo, unica persona a risiedervi in permanenza e a occuparsene.
La nuova gestione dell’associazione, decisa a trasformare la Familia Christi da istituzione prettamente laicale e una confraternita sacerdotale anticonciliare, nel 2005 convince Mancini a dimettersi dall’associazione stessa, in cambio della promessa, purtroppo mai ratificata legalmente, di lasciargli l’Eremo.
Fino fino al 2012, questo luogo, sotto la conduzione di Mancini, che sempre nel 2005 ha fondato l’associazione Amici della Familia Christi e ha registrato presso il Tribunale di Viterbo la testata Sosta e Ripresa, anch’essa fondata da Tommasa Alfieri e della quale Mancini è direttore editoriale, svolge un prezioso compito di Centro di spiritualità e di apertura ecumenica e interreligiosa.
Nel 2012 la confraternita appropriatasi del nome di Familia Christi (poi sciolata dalla Santa Sede con riduzione allo stato laicale di tutti i suoi esponenti) in violazione degli accordi presi a suo tempo ottiene dal Tribunale la restituzione dell’Eremo.
Mancini resta a Viterbo e prosegue il suo impegno ecclesiale in vari uffici diocesani e nel comitato regionale per l’ecumenismo ed il dialogo interreligioso.